Una conoscenza nata da alcuni incontri, per i ruoli rispettivamente ricoperti, a livello di religiosi e nel Sinodo, approfonditasi poi nel corso del tempo. È quella tra papa Leone XIV e il vescovo monsignor Paolo Martinelli, vicario apostolico per l’Arabia meridionale, sacerdote ambrosiano, religioso cappuccino.
Sono state molte le vostre occasioni di incontro e di amicizia?
Vorrei ricordare fondamentalmente due circostanze. La prima risale a quando il futuro Pontefice era superiore generale dell’Ordine degli agostiniani. In quel tempo io vivevo a Roma ed ero coinvolto anche dall’Unione dei superiori generali per tenere alcuni incontri di formazione. Allora è successo, ovviamente, più volte di incontrarlo. Ricordo un interlocutore sempre molto attento e impegnato nel confronto con gli altri Superiori generali, nel promuovere la vita religiosa e la collaborazione tra i diversi Ordini. Poi ci siamo rivisti, recentemente, in occasione delle due assemblee sinodali a Roma, nell’ottobre del 2023 e del 2024. Soprattutto in questa ultima sessione abbiamo avuto occasione anche di parlare più volte insieme.

Quale era il contenuto, se si può svelare, di queste conversazioni?
Ho comunicato al cardinale Prevost soprattutto l’esperienza che stiamo facendo nella zona del Golfo, in particolare nell’Arabia meridionale: abbiamo parlato dell’organizzazione della nostra Chiesa e ho sempre trovato in lui una persona capace di grande ascolto e, insieme, molto semplice e autentica. È stato interessato a conoscere nel dettaglio tale organizzazione e come i nostri fedeli possono e vogliono partecipare ai momenti di preghiera e di formazione. Quindi ho avuto, ogni volta in questi dialoghi, la possibilità di fare esperienza di una persona – come già avevo avuto modo di rilevare in precedenza – assai attenta e collaborativa. Davvero è stato molto piacevole parlarsi, confrontarsi, raccontare, scambiare esperienze e impressioni.
Anche in questi primi giorni di pontificato sappiamo quanto il Papa abbia insistito sulla pace, citando Paolo VI («Mai più la guerra») e, ovviamente, papa Francesco. Avete parlato anche di zone dove la pace «disarmata e disarmante» pare lontanissima dal concretizzarsi, come il Medio Oriente?
Questo è un tema per noi, come è ovvio, vitale e sentito profondamente. Lo riprendiamo spesso anche con i nostri fedeli, pregando sempre durante le celebrazioni e chiedendo il dono della fine della guerra, convinti come ci ha detto papa Leone che il male non prevarrà. Nella zona mediorientale della regione araba, dove sappiamo che purtroppo da tempo ci sono tanti conflitti e recentemente anche vissuti in modo così doloroso e tragico, la pace è continuamente oggetto di preghiera. In questo senso, sento forte, anche a livello personale, l’appello di papa Leone XIV alla pace e sono grato anche della sua disponibilità di farsi promotore di pace tra i popoli.
Questo vi incoraggia?
Già con papa Francesco questi appelli reiterati ci hanno dato un grande respiro e, certamente, incoraggiato fortemente a riprendere la nostra missione di essere, davvero tutti, operatori di pace. Tutti, ripeto: persone di fedi diverse, uomini e donne, comunque, di buona volontà per camminare insieme e lavorare per un mondo riconciliato e pacificato. Anche per questo, ho voluto essere presente alla celebrazione eucaristica d’inizio del suo pontificato, pregando con il popolo di Dio perché il Signore sostenga papa Leone XIV in questa sua missione e in questo momento così cruciale della storia dell’umanità.




