Non c’è dubbio che i recenti avvenimenti della Chiesa cattolica – la morte e le esequie di papa Francesco, il Conclave e l’elezione di papa Leone – abbiano avuto una risonanza planetaria. La figura del Pontefice, come guida di oltre un miliardo di cattolici, si conferma come la più conosciuta, e forse quella che, al mondo, raccoglie la maggior stima – o semplicemente curiosità – anche tra le persone di altre fedi o non credenti. Così il commosso accompagnamento dell’amato papa Bergoglio, e la calorosa accoglienza del successore Prevost, consegnano alla Chiesa universale, al popolo di Dio, ovvero a tutti i battezzati, innumerevoli elementi di riflessione, nuovi insegnamenti, persino rinnovate responsabilità nel segno della «Chiesa in uscita» e dell’evangelizzazione.
I primi discorsi e le omelie di Leone XIV sembrano volerlo confermare. Certo, il Papa venuto dall’America che si commuove sul balcone di San Pietro, che invoca la pace e volge lo sguardo alle famiglie e agli ultimi, dice di una tenerezza e benevolenza di cui questo tempo ha estremamente bisogno. Eppure, Robert Prevost ha sottolineato taluni elementi-chiave che non possono sfuggire.
Anzitutto ha riproposto – in linea con gli insistenti appelli di Francesco – il grande tema, anzi l’urgenza assoluta della pace: «La pace sia con voi», le sue prime parole, quelle del Cristo Risorto. Una pace inscritta nell’amore di Dio per l’umanità, che richiama, tra le donne e gli uomini di oggi, i beni irrinunciabili della dignità della vita e della fratellanza.
Lo stesso Leone ha rilevato il valore dell’unità della e nella Chiesa, espressione di quella sinodalità sulla quale Bergoglio aveva sollecitato la Chiesa stessa a ripensarsi nel “cambiamento d’epoca”. Una comunità figlia del Concilio, che prova a leggere i “segni dei tempi” per un rinnovato slancio missionario. E il nuovo Papa, per lunghi anni missionario in Perù, ha posto in luce questo aspetto: quello di una comunità cristiana dinamica e con un respiro universale.
Un ulteriore timbro interpretativo delle prime “mosse” di Leone XIV sta nella scelta del nome. Assumere quello stesso portato da papa Pecci, autore della Rerum novarum, probabilmente intende indicare il valore della dottrina sociale – “nata” con Leone XIII – con la quale la Chiesa si è lasciata interrogare da come la gente viveva in quel tempo, cercando di interpretare la storia alla luce del Vangelo di Gesù. Non sarà del resto sfuggito quel passaggio, modernissimo, e a suo modo profetico, in cui il Pontefice ha affermato che la Chiesa è chiamata a rispondere a «un’altra rivoluzione industriale» segnata dagli «sviluppi dell’intelligenza artificiale».
Amore, unità, dialogo, pace: sono termini ricorrenti nel “vocabolario” di Robert Prevost. I quali lasciano intendere che la Chiesa vuole continuare a camminare sulle strade del mondo, allo stesso passo e in armonia con le sorelle e i fratelli che Dio pone sul suo cammino. Ecco: è la Chiesa in cammino di cui parla Leone XIV. Aperta al futuro, con lo sguardo attento al bene e ai drammi che la storia propone, con senso di responsabilità, con aperta e serena fiducia nel Signore e nello Spirito. Una comunità di credenti che, raccolti attorno all’Eucarestia e alla Parola, va incontro all’umanità stessa, alla ricerca di Dio, dei segni dello Spirito, e per portare semi di pace, solidarietà e di giustizia. Semi e opere di Vangelo che, da due millenni, la Chiesa – non senza errori e mancanze – prova a portare nel mondo, tra continuità e slanci promettenti. Una vocazione e un compito che interroga ogni credente, ogni parrocchia o diocesi, associazione o movimento, chiamando a una missione irrinunciabile per chi si dice cristiano.