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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Lettera

L’Arcivescovo: «Grazie per un anno di scuola»

Monsignor Delpini esprime «una particolare riconoscenza» al personale scolastico per l’impegno svolto nell’annata appena conclusasi, assumendosi «la responsabilità di dedicarsi ogni giorno ai figli degli altri»

di monsignor Mario DelpiniArcivescovo di Milano

10 Luglio 2018

Desidero esprimere la mia riconoscenza a tutto il personale della scuola. Si è concluso un anno scolastico e io mi faccio voce di coloro che hanno apprezzato la competenza e dedizione degli insegnanti, del personale direttivo, amministrativo e operativo nei diversi ambiti della scuola.

Ogni categoria di persone che si “guadagna il pane” contribuendo con il suo lavoro a far funzionare la nostra società complessa merita gratitudine: tutti siamo in debito verso tutti. Ciascuno con il suo lavoro prestato con competenza e attenzione affidabile ci rende possibile vivere in serenità e sicurezza quando sono disponibili, efficienti, ordinati i servizi di cui abbiamo bisogno.

Ma a chi opera nella scuola affidiamo il compito di istruire, formare, educare i bambini, i ragazzi, gli adolescenti e i giovani: il futuro della nostra società e della nostra Chiesa. Pertanto avverto una particolare riconoscenza per il personale scolastico che svolge il suo lavoro con serietà e che assume la responsabilità di dedicarsi ogni giorno ai figli degli altri.

La responsabilità educativa degli insegnanti

Il compito degli insegnanti, in particolare, ha una importanza e una delicatezza significativa perché la trasmissione di un sapere, l’abilitazione a una competenza, la custodia di una convivenza civile e rispettosa, la provocazione alle domande sul passato, sul presente e sul futuro esercitano una influenza determinante nella educazione delle giovani generazioni: insegnare è una impresa educativa, sempre, anche quando si pretendesse di essere solo fornitori di nozioni. Infatti si insegna se si stabilisce una relazione, se si coltiva una comunicazione entro la classe, se si ha una competenza specifica e una metodologia didattica proporzionata all’età e alla condizione degli alunni. In questa opera educativa l’insegnante comunica non solo quello che sa, ma anche qualche cosa di quello che è, di ciò in cui crede, di ciò che è importante per lui, per lei. Il senso di responsabilità nell’opera educativa deve vigilare su ogni tentazione di sedurre per imporre con l’autorevolezza della competenza personale la propria visione del mondo: l’insegnante deve far crescere la libertà degli alunni, abilitando alla comprensione, all’argomentazione, al confronto costruttivo delle esperienze. 

Nel contesto contemporaneo si deve riconoscere che l’opera di istruzione, formazione, educazione della scuola risulta come affievolita e quasi confusa tra molte voci, informazioni, sensibilità che assediano gli studenti attraverso molti canali di informazione e di seduzione, di manipolazione utilitaristica di dati e di proposte.

Esprimo la mia gratitudine a tutti i docenti che affrontano queste nuove sfide con la serietà di sempre, aiutando a sviluppare capacità critiche, metodologie di riflessione, senza complessi di inferiorità o scoraggianti sensi di inadeguatezza.

L’alleanza tra gli educatori e le “agenzie educative”

L’incidenza dell’insegnamento, la giustificazione di che cosa e come insegnare, i criteri su come e che cosa esigere, la responsabilità di gestire la classe come un convivere educato e funzionale al bene di tutti e al conseguimento degli scopi della scuola sono fattori determinanti della competenza dell’insegnante. Tuttavia si deve riconoscere che l’esercizio di queste responsabilità è più arduo se la scuola è una istituzione isolata dal contesto.

Se le famiglie sono estranee al percorso scolastico e si presentano a scuola con pretese e provocazioni, piuttosto che con la disponibilità a condividere attenzioni educative e interventi promozionali e correttivi, gli insegnanti avvertono l’incrinarsi della loro autorevolezza.

Episodi clamorosi di minacce e persino di violenze perpetrate da genitori ai danni degli insegnanti in difesa di comportamenti inammissibili dei figli hanno purtroppo segnato la cronaca di questi mesi. Sono il sintomo di una problematica che si può affrontare solo stabilendo alleanze con le famiglie, creando occasioni per condividere linee educative e problematiche, cercando di raggiungere famiglie, talora segnate da gravi difficoltà di ogni genere.

Se il gruppo dei coetanei si coalizza per comportamenti devianti, per pratiche aggressive di bullismo e di vandalismo, per uno stile maleducato e volgare, la gestione dell’ora di lezione può essere una frustrazione continua piuttosto che una prestazione professionale gratificante per l’insegnante e utile per gli studenti.

Solo una alleanza con le famiglie, con le organizzazioni del territorio, le società sportive, gli oratori, le associazioni di volontariato, le forze dell’ordine può avviare forme di contenimento, correzione e risanamento di questi fenomeni che sono preoccupanti sia in sé, sia perché preludono a fenomeni peggiori nel futuro di questi ragazzi.

Esprimo la mia riconoscenza per quelle molte buone pratiche che promuovono forme di conoscenza, di collaborazione, tra la scuola e il territorio. I dirigenti scolastici sono tra i protagonisti di queste buone pratiche e a loro va la mia sentita gratitudine, così come a molti preti, consacrati, suore, educatori che affiancano la scuola con forme di doposcuola, di pratiche sportive, di esperienze di condivisione di tempi, di risorse, di necessità, che sono provvidenziali.

L’incontro di pluralità di tradizioni culturali

La presenza in classe di studenti provenienti da diverse tradizioni culturali è un fatto relativamente recente che ha interessato molte scuole. I bambini, i ragazzi, gli adolescenti che vengono da altri Paesi, parlano a casa loro altre lingue, hanno un modo loro di intendere l’“andare a scuola”, introducono in classe problemi, difficoltà, lentezze che non si possono risolvere facilmente. Quando sono inseriti possono apportare risorse, aperture d’orizzonti, testimonianze di impegno volitivo e di senso del dovere che sono stimolo e arricchimento per tutti.

Non sono in grado di descrivere adeguatamente il fenomeno e le sue conseguenze. Desidero solo esprimere gratitudine e ammirazione per quello che in molte scuole si fa perché la classe sia un laboratorio per il futuro della nostra società. L’impegno di molti dirigenti, docenti, personale non docente sta realizzando percorsi promettenti per facilitare relazioni positive entro la classe e la scuola e propiziare una pratica di buon vicinato nei quartieri.

L’aiuto per l’apprendimento della lingua italiana, il sostegno per lo studio, le forme aggiornate di una didattica coinvolgente e integrativa, insieme con quello che il territorio offre in molte forme di doposcuola, di occasioni di incontro, di feste condivise, di aiuti materiali e di prossimità amichevoli possono propiziare il convivere fraterno.

Mi sembra che tutto questo sia necessario per evitare di circoscrivere le diverse etnie in ghetti isolati che possono essere vivaio di risentimento. Anche la tendenza a caratterizzare le scuole concentrando in alcune studenti italiani e in altre studenti di altra origine può essere una scelta discutibile e poco promettente.

Credo che sia compito anche delle famiglie italiane e di altra origine cercare dentro e fuori la scuola quello che è meglio per tutti, non solo nell’immediato, ma soprattutto in prospettiva futura. La Chiesa ambrosiana sta portando a compimento il Sinodo Minore “Chiesa dalle genti. Prospettive e responsabilità” e spero che anche da questa ampia consultazione vengano spunti promettenti per tutta la società. E devo riconoscere che per certi aspetti la scuola ha affrontato questi argomenti, anche prima della comunità cristiana, con competenza pensosa e pazienza costruttiva. Per questo sinceramente ringrazio.

La Chiesa ambrosiana ha a cuore la scuola

Anche con questa lettera di gratitudine voglio confermare l’interesse che la Chiesa ambrosiana ha sempre avuto e continua ad avere per la scuola. In questa conclusione dell’anno scolastico voglio esprimere gratitudine a tutto il personale della scuola che si riconosce nella Chiesa e che svolge la sua professione nella scuola non solo come un lavoro da affrontare con competenza e dedizione: vi trova infatti il proprio modo di vivere la sua vocazione, di dare testimonianza della passione educativa che è connaturale alla Chiesa, di vivere la missione per essere lievito, luce e sale, secondo il mandato di Gesù.

Grazie ai docenti di ogni ordine e grado, grazie ai dirigenti di ogni tipo di scuola, grazie a tutti gli impiegati nelle segreterie e nei servizi logistici delle scuole, grazie a tutti i cristiani, docenti di ogni disciplina per il lavoro compiuto e la testimonianza offerta.

Gli insegnanti Irc hanno un particolare rapporto con la Chiesa: tale rapporto non significa una indebita ingerenza, ma piuttosto l’offerta di una presenza di animazione culturale che non solo si incarica di rendere comprensibile la storia, l’arte, le tradizioni che la Costituzione riconosce come patrimonio italiano, non solo raccoglie e affronta le domande di senso che i giovani portano con sé, ma può essere promotrice di una convergenza multidisciplinare e interdisciplinare su molti temi trasversali alle diverse discipline. Grazie a tutti gli insegnanti Irc.

La cura per la scuola da parte della Chiesa si esprime anche nella gestione delle scuole cattoliche che sono direttamente legate alle parrocchie o alla diocesi o agli istituti religiosi. Queste scuole sono apprezzate da molte famiglie che ricercano non soltanto una scuola che presti un servizio qualificato e garantito secondo le esigenze delle famiglie, ma una scuola che offra una proposta educativa cristianamente ispirata. Non ignoro che le difficoltà di gestione e l’irrisolta questione della libertà di scelta della scuola rendano talora problematica la sopravvivenza stessa di alcune scuole cattoliche e mi spiacerebbe che tale situazione riduca le scuole cattoliche a ghetti al contrario, raccogliendo solo figli di famiglie privilegiate.

Desidero incoraggiare cammini di collaborazione tra i diversi enti gestori di queste scuole sul territorio per condividere esperienze e prospettive, per offrire proposte sempre più qualificate alle famiglie per l’educazione dei figli.

Pertanto ringrazio tutti coloro che sostengono la scuola cattolica e vigilano perché si conservi fedele alla sua missione, che sento parte della missione stessa della Chiesa. E desidero incoraggiare questa fedeltà, anche con la mia presenza: mi propongo infatti, forse nel contesto della visita pastorale che sto per avviare, di cercare occasioni di incontro, come ho già fatto in alcuni momenti dell’anno scolastico appena terminato.

Conclusione

In conclusione rinnovo il mio grazie a tutti. Certo non ignoro che il discorso sulla scuola dovrebbe affrontare le sue complesse problematiche: il personale, le strutture, le risorse, le attenzioni agli alunni, in particolare a coloro che hanno bisogno di sostegno, l’interazione con il territorio, i rapporti con le famiglie, il rapporto con il mondo del lavoro, la chiarificazione dei programmi e degli intenti educativi.

Questa lettera non ha nessuna pretesa di entrare nel merito. È solo l’espressione della mia sentita riconoscenza e, penso, di quella di molti, per quello che si è fatto nell’anno che si è concluso. È anche l’occasione per augurare buon lavoro al Ministro della Pubblica istruzione, il professor Marco Bussetti, che è originario delle nostre terre, e confermare la disponibilità della comunità cristiana e della Diocesi di Milano a ogni positiva e rispettosa collaborazione.

A tutti l’augurio di buona estate e che sia lieto il meritato riposo.