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Milano

L’Arcivescovo alla Cisl: «Un patrimonio al quale attingere»

Alla sede di via Tadino è stato ricevuto dal segretario milanese Carlo Gerla e dalla leader nazionale Annamaria Furlan, a cui ha manifestato il suo apprezzamento per l’impegno condotto dal sindacato

di Annamaria BRACCINI

8 Marzo 2019

Oltre 4 milioni e mezzo di iscritti, per rappresentare tutte le categorie dei lavoratori, ma tutelando anche i disoccupati e i pensionati e affiancando, all’attività sindacale, una serie di servizi e sportelli che si sono moltiplicati negli anni, pure nel campo dell’emergenza abitativa e della cooperazione internazionale. Questo è oggi la Cisl raccontata in un video che, presso la storica sede milanese del sindacato, apre l’atteso incontro con l’Arcivescovo, accolto dal canto “O mia bela Madunina”.
Carlo Gerla, segretario generale della Cisl milanese, parla di «una visita che è un evento straordinario», anche perché il primo – e fino a oggi ultimo – Arcivescovo a varcare il portone di via Tadino fu, nel 1961, l’allora cardinale, oggi santo, Giovanni Battista Montini. Si ricorda anche il cardinale Martini che, per il 50esimo della Confederazione, affrontò il problema del rapporto tra l’uomo e il lavoro. «Questa nostra casa, che era un convento, è il simbolo tangibile del legame con la Chiesa ambrosiana. Siamo una grande forza sociale e lavoriamo per il bene comune. Siamo un’associazione aconfessionale, ma che indirizza la sua azione nella direzione della Dottrina sociale della Chiesa».
Accanto al Vescovo, al tavolo dei relatori, dove è ben visibile la croce regalata proprio da Montini in occasione dell’inaugurazione della sede 58 anni fa, siedono il segretario nazionale Annamaria Furlan e il segretario generale, Ugo Duci. Nelle prime file vi sono don Walter Magnoni, responsabile del Servizio diocesano per il Lavoro e la Vita sociale, delegati, operatori, lavoratori, anziani.
Due, appunto dei delegati, prendono la parola. Salvatore Ciarlone, quadro aziendale di una multinazionale, racconta: «Quando ci siamo trovati in una mobilità feroce e in uno scontro aspro, la Cisl ci ha sostenuto. Ho lavorato nella RSU: sono stato licenziato e, poi, reintegrato. Quando sono tornato tra i colleghi, mi hanno applaudito, però gli applausi non erano per me, ma per la Cisl».
Soumaila, 21 anni maliano da tre anni in Italia, spera di avere qui un futuro. «Ho attraversato con una barca il Mediterraneo, dalla Sicilia mi hanno trasferito a Lodi, ma hanno respinto la mia richiesta di asilo. Quello è stato un momento triste e ho presentato ricorso. Intanto, ho superato l’esame per poter avere il permesso di soggiorno e ora frequento la III media. Da gennaio sono anche un volontario, così, posso così aiutare persone come me. Vorrei finalmente avere un permesso di soggiorno regolare, ma ora sono molto preoccupato».
È Annamaria Furlan, a delineare il profilo del sindacato di cui è alla guida: «Il sindacato non è mai neutrale, la Cisl sta dalla parte della coesione sociale, della giustizia, della legalità, condividendo i valori della dottrina sociale della Chiesa. Attraverso il nostro ruolo di sindacaliste e sindacalisti, ci sentiamo impegnati ad affermare tali valori che significa sostenere la persona e la dignità di donne e uomini. Sono anni non facili, tra disoccupazione, nuove e vecchie povertà – persino il lavoro non garantisce la sicurezza di non essere poveri – e abbiamo fatto percorsi in terribile solitudine, ora ci sentiamo meno soli. Le parole che papa Francesco rivolge al lavoro, alla dignità delle persone e anche al sindacato, ci hanno aiutato tanto». Il ricordo è per il cardinale Dionigi Tettamanzi che, come arcivescovo di Genova, incontrava ogni due settimane i rappresentanti della Cisl al fine di informarsi della situazione occupazionale: «A lei, arcivescovo di Milano, chiedo di starci vicino. La solidarietà nasce nel cuore e attraverso il cuore, ma solo con le nostre capacità diventa uno strumento contrattuale di tutela per il futuro».

La relazione dell’Arcivescovo

Dalla mancanza del lavoro e dalla problematica delle condizioni attuali, con i suoi tanti problemi, sin avvia l’intervento del vescovo Mario.
Si va dall’evoluzione della tecnologia – che, in questa città, si intuisce come qualcosa che potrà bonificare gli ambienti di lavoro, ma, talvolta, che sostituirà i lavoratori stessi – all’evanescenza e l’ambiguità di finanza e investitori; dalla globalizzazione dei mercati a una deriva individualistica – che può spingere a servirsi del sindacato solo per avere risposte utilitaristiche a delle pretese -, si arriva alla censura della dimensione etica tra bene e male e alle problematiche ecologiche.
Che cosa può dire, allora, un Vescovo? Anzitutto, la gratitudine «per una tradizione che è si evoluta ed è rimasta feconda: la Cisl è un “giacimento di intelligenza collettiva”, come ha detto proprio la Segretaria nazionale. I principi dell’autonomia da un partito politico, di associazione, di contrattazione, rappresentano un patrimonio al quale attingere. In questa tradizione, l’esperienza formativa ha occupato un posto prezioso che non può rincorrere solo le nuove tecnologie, ma che deve formare le persone anche nelle attuali e inedite forme di fragilità fisiche e psicologiche. Dunque, formazione, ma anche educazione».
Inoltre, l’apprezzamento è per la capillarità della presenza, quale forma di prossimità alla vita delle aziende e delle persone. «La diffusione degli uffici Cisl e la presenza delle rappresentanze sindacali è una potenzialità significativa e mi è molto cara perché dice una possibilità, non solo di servizio puntuale e incisivo, ma anche la scelta della condivisione di una mentalità, di una visione della responsabilità. È una vocazione alla collaborazione con altre presenze sul territorio».
Un’alleanza, dunque, di ciascuno con i propri compiti precipui, «per salvare da modelli, forse, superati e da derive individualistiche. Come Chiesa milanese noi desideriamo questo, incoraggiando i giovani a essere protagonisti associati sulla scena socio-politica».
«La persuasione è che sia da coltivare la fiducia critica nel dialogo, nel confronto, nella contrattazione aziendale che può portare anche a compromessi pur con convinzioni diverse, senza vedere la controparte come un nemico, ma come un interlocutore».
Infine, «la visione europea e planetaria della storia che stiamo vivendo, anche economica, suggerisce una prospettiva di solidarietà internazionale che, mentre difende le condizioni di vita di un benessere sostenibile, si lascia interrogare da condizioni di malessere e di povertà insopportabili. Anche perché non esiste più un’azienda che basta solo a se stessa, occorre andare oltre le frontiere localistiche per vedere come la situazione muta anche i rapporti di lavoro».
Da qui, una speranza. «I cristiani nella storia non sono solo un pronto soccorso per le emergenze. Secondo l’antica immagine sono come “l’anima del mondo”. Perciò, la testimonianza cristiana continua a pronunciare parole di profezia e proposte di alternative. Se la caricatura ha ridotto la Chiesa a una sorta di Caritas permanente, occorre riproporre la visione dei cristiani come anima del mondo.
Due le strade per fare questo: «Avere parole di profezia per non tacere di fronte alle ingiustizie, per non acconsentire all’adorazione degli idoli che pretendono sacrifici umani come il profitto e l’avidità del tiranno di turno; per non adeguarsi allo spirito del mondo alla ricerca di facili capri espiatori e agli slogan del momento, riducendo i problemi alla banalità. Coloro che credono in Gesù e nella promessa del Regno conservano una distanza critica rispetto a ogni realizzazione e continuano a dire “oltre”, “più avanti”. Come tutti gli uomini di buona volontà, devono sempre ricominciare da capo».
Secondo: le proposte alternative che si alimentano a una visione dell’uomo, della famiglia, del lavoro. «Noi non siamo padroni del mondo, ma modeste realizzazioni di proposte alternative introducono, nella storia, quell’immaginario simbolico che può portare a un cambiamento, ispirando altri e contagiando molti». Il riferimento non può che essere, in un orizzonte complessivo, a papa Francesco e alla sua ecologia integrale nella “Laudato sì”, prima che la preghiera corale e la benedizione finale concludano l’incontro: «Si è detto che la mia è una presenza straordinaria, ma vorrei che diventasse anche più ordinaria, basta che mi invitiate, io abito poco lontano». E scoppia l’applauso.

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