«Alla luce dell’emergenza educativa attuale è necessario avviare una riflessione su come il sistema dei media orienti sempre più le relazioni familiari, rimodulandone i tempi, gli spazi e i ruoli, innescando altresì nuove sfide». È monsignor Enrico Dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense, a spiegare il senso dell’incontro svoltosi stamane proprio presso “l’Università del Papa”, inserito tra le iniziative ufficiali in preparazione al VII Incontro mondiale delle famiglie, in programma a Milano dal 30 maggio al 3 giugno.
Al centro del dibattito, dunque, la rappresentazione mediatica della famiglia e le sue implicazioni socio-educative. Nel suo intervento il rettore della Lateranense ha spiegato che «la narrazione cinematografica e televisiva riesce a toccare immediatamente le corde dell’affettività e si offre come specchio efficace, in cui si possono identificare e riconoscere le dinamiche relazionali, vissute nel ritmo dell’esistenza quotidiana, tra lavoro e festa, tra impegno e affetto».
Nasce da qui l’esigenza di offrire, come il cinema può fare, modelli educativi «capaci di aiutare a superare la cultura dell’individualismo per una visione ampia del “noi” e della comunione solidale, a ricuperare il senso vero della festa e specialmente della domenica, pasqua della settimana: quella domenica che Benedetto XVI ha definito “giorno del Signore e giorno dell’uomo, giorno della famiglia, della comunità e della solidarietà”».E ha poi concluso con un auspicio indirizzato al dibattito, chiamato ad «aiutare i coniugi cristiani a incarnare l’ideale della famiglia unita, aperta alla vita, ben inserita nella società e nella Chiesa, attenta alla qualità delle relazioni del nucleo familiare».
Sull’Incontro mondiale è intervenuto don Davide Milani, responsabile della comunicazioni della Diocesi e dell’evento che culminerà con la visita di Benedetto XVI: «Il tema scelto dal Santo Padre, cioè “La famiglia, il lavoro e la festa”, ci aiuta a risolvere felicemente questa apparente tensione. Noi non siamo chiamati a parlare della famiglia in generale – avremmo comunque tanto da dire -, ma siamo chiamati a mostrare la famiglia dentro questo dinamismo vitale del lavoro e della festa. Siamo convinti che, mostrando la famiglia nel suo darsi, riusciremo a far risplendere il grande valore della famiglia stessa, che intendiamo come unione stabile, pubblica, tra un uomo e una donna, aperta alla vita».
A proposito del tempo della famiglia, che oggi si tende a misurare in termini commerciali, don Milani rammenta che è un tema caldo, su cui si sta riflettendo molto specialmente a Milano, città caratterizzata da ritmi frenetici e caotici: «L’ancora di salvezza per la famiglia, in relazione al tempo, è la dimensione della comunità. Laddove c’è una comunità – la comunità cristiana, per noi – questa dimensione del tempo si stempera ed è percepita in maniera meno conflittuale. Certo che, se la famiglia si percepisce barricata dentro il proprio appartamento, alle prese con mille appuntamenti e mille impegni, tutto diventa più complicato, più frenetico. Se invece si sente percepita all’interno di una comunità – come si sperimenta in una comunità amicale, parentale, cristiana – questa tensione è meno percepibile. Anzi, si percepisce un’alleanza di fondo, una benevolenza di fondo».