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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Anniversario

Istituto Maria Consolatrice, a scuola come a casa

Un cammino educativo lungo 90 anni, quello della scuola paritaria milanese, che il 16 maggio accoglie l’Arcivescovo per una Messa. Parlano dirigenti e docenti

di Cristiano GUARNERI

13 Maggio 2024

Tessere, per 90 anni, la tela di una continua «relazione». Educare, è stato questo, nella parabola lunga quasi un secolo, che l’Istituto Maria Consolatrice festeggia proprio quest’anno. E lo è tutt’ora, perché entrare nelle aule della scuola paritaria di via Melchiorre Gioia, che accoglie un migliaio di iscritti, dal Nido alla Secondaria Superiore, con 139 insegnanti, significa respirare una reciproca, instancabile scommessa sull’altro. E proprio giovedì 16 maggio, alle 9.30, monsignor Mario Delpini presiederà la Santa Messa all’interno dell’Istituto, alla presenza di educatori e ragazzi, come segno di gratitudine per la lunga e profittevole storia della scuola.

Nella relazione il cuore

Madre Daniela Tasca, Superiora generale dell’ordine delle Suore di Maria Consolatrice, condensa il cuore delle attività educative in quel termine, «relazione», e cita il fondatore dell’Ordine, il beato Arsenio da Trigolo: «Non c’è educazione se non c’è amore». A questo cardine se ne aggiunge un secondo, che è anzi il punto d’origine del primo: appartenenza.

«I legami che qui si creano – dice Madre Daniela – non sono annacquati, ma pieni di identità, di tratti rintracciabili nella storia che ci ha portato fin qui e nel suo riconoscerla, ancora oggi, fondante. Non vogliamo né possiamo essere autoreferenziali».

Il carisma di Migliavacca

I novant’anni di questo istituto si sono tutti susseguiti nel solco di un carisma che inizia con la vita di Giuseppe Antonio Migliavacca e da lui si è trasferito alle suore dell’Ordine che ha fondato ed è attivo ancora oggi. Un’esistenza tutta puntata all’obbedienza alla Chiesa, quella di padre Giuseppe, e alla cura dei “minuscoli greggi”.

Sono infatti le “orfanelle” a ricevere per prime un’accoglienza nella struttura milanese, la cui costruzione inizia nel 1895 ma solo nel 1934 riceve il riconoscimento degli enti preposti. L’attenzione a chi ha bisogno è l’elemento distintivo del sacerdote fondatore, poi divenuto gesuita e infine cappuccino nell’ultimo tratto di vita, quando ricevette il saio e scelse il nome di Arsenio Maria, perché dal santo vissuto a cavallo tra il IV e il V secolo era sempre stato attratto.

«Saldi e amabili»

Sempre dal fondatore – e, in continuità con lui, dalle suore dell’Ordine – la proposta educativa dell’istituto Maria Consolatrice mutua il motto dei Gesuiti “fortiter et suaviter”. «Saldi nei principi e amabili nei modi – spiega Madre Daniela –: è questo che dà autorevolezza nel rapporto coi ragazzi. Non il sentimentalismo lassista che lascia loro briglia sciolta, ma nemmeno l’autoritarismo, che cala dall’alto e non concede spazio».

In tanti si accorgono del risultato e lo descrivono (quasi sempre) con lo stesso termine. «Qualche giorno fa la mamma di una bambina ha parlato di questa scuola definendola “casa” – racconta Madre Daniela –. È un’espressione semplice e commovente. Dice della percezione di un ambiente familiare, capace di un’accoglienza esigente ma che non mette distanza, anzi: ti fa “sentire parte”».

“Casa” è lo stesso nome che Alessia Oppizio usa pensando proprio alla scuola Maria Consolatrice. Alessia è la coordinatrice delle sezioni di Infanzia e di Nido, lavora alla scuola dal 2003, prima come maestra e, dieci anni dopo, nel ruolo di coordinamento. «Dico “casa” per due ragioni – spiega -: c’è un aspetto valoriale in cui mi riconosco e che mi ha sempre permesso di restare ancorata qui; poi, perché mi sono sentita accolta dall’inizio come se fossi una di famiglia, di cui oggi mi sento parte. Ho sempre avvertito una stima e una fiducia decisivi per farmi crescere». Attualmente 6 le sezioni dell’Infanzia, diventeranno 7 il prossimo settembre.

Oppizio parla di un lavoro quotidiano «dinamico, in cui ci sforziamo di non fermarci alla ripetitività». Anche lo spazio della scuola è un fattore educativo: «Le nostre aule non sono mai uguali, sono sempre in trasformazione: le insegnanti osservano come i bambini le utilizzano e le modificano per aiutarli a viverle al meglio». Così come la progettazione didattica, «mai decisa a tavolino, ma basata sull’osservazione di chi si ha davanti».

Scoprire il bello

Ricchissima è l’offerta didattica della Primaria. Monica Regis, coordinatrice dal 2023, è entrata all’istituto di via Melchiorre Gioia all’età di cinque anni, ha frequentato tutti i cicli scolastici e ci è tornata da insegnante, dopo un’esperienza in un’altra scuola. «Il nostro punto di partenza è chiaro – dice Regis -: si educa solo se noi adulti siamo consapevoli che nella realtà c’è qualcosa di bello.

Aiuteremo i nostri alunni a studiare bene se li aiuteremo a scoprire questo “bello”, a verificarlo». E allora via ai tanti progetti didattici che sono possibilità di questa scoperta: la conoscenza della Geografia e delle Scienze attraverso una madrelingua inglese; momenti di teatro per le classi III, IV e V; l’ora settimanale di Informatica per gli alunni dalla II alla V; il progetto “Gocce di Filosofia”, rivolto alle V, perché, dice Regis, «è vero che i bambini sono ancora piccoli, ma hanno grandi risorse. Parleremo di temi proposti da loro, oggi abbiamo bambini che hanno talmente tutto programmato che smettono quasi di pensare».

Tra le cose più belle, Regis annovera l’incontro «con lo sguardo degli alunni: gli occhi sono davvero lo specchio dell’anima», mentre la fatica più grande è «l’essere consapevoli dei propri limiti. Quando li accettiamo, però, le relazioni ci guadagnano».

Costruire alleanze

«Corresponsabilità» è quello che vive con i propri insegnanti Francesco Riva, preside della Secondaria di Primo grado. «La differenza, nell’educare a scuola, è se il docente è parte di un corpo unico, dentro cui si condivide, per i ragazzi, la proposta di un cammino. Quando in un consiglio di classe si dice che un alunno fa fatica, non si esce di lì senza l’ipotesi di una strada». La fatica più grande, per lui, è anche la più bella: «Costruire un’alleanza tra noi, i ragazzi e la famiglia. Tutto parte dal riconoscere che siamo bisognosi della stessa cosa: l’essere voluti bene, l’essere felici».

Riva riscontra questo: i ragazzi «sono affamati di un rapporto reale, concreto. Io ho insegnato musica nella scuola precedente. Quest’anno ho fatto supplenza in una terza e ho chiesto: fatemi ascoltare una canzone che vi piace. Abbiamo sentito un pezzo di Baby Gang, i ragazzi mi hanno raccontato da cos’erano colpiti. Ecco, con loro si può andare a fondo delle questioni, sfidandoli su ciò che gli interessa». Sono occasioni di nuova relazione, appunto.

Un luogo di proposta cristiana

Gianluigi Vaiani è approdato nella scuola di via Melchiorre Gioia 14 anni fa. Ha cominciato come insegnante di lingua spagnola, cattedra che tutt’ora detiene, e da due anni è preside dei percorsi di Secondaria Superiore: Liceo Linguistico, Liceo Scientifico, Liceo delle Scienze Umane e istituto Tecnico nel settore Amministrazione, Finanza e Marketing. Se pensa al lavoro di questi anni, Gianluigi parla di “vocazione”: «È stato ed è un sentirsi chiamati alla costruzione di un luogo di proposta cristiana – dice –. Nel quale l’aspetto più faticoso coincide con quello più affascinante: i rapporti umani: tutto comincia e ricomincia con la sfida delle relazioni. Ma senza un’origine, che è il carisma del nostro fondatore, rimarrebbe solo la fatica».

Non progetti, ma cammini

Novant’anni di storia sono anche un patrimonio che lancia l’istituto verso il futuro. «Il domani si costruisce con l’oggi e con la ricchezza del cammino fatto – dice in conclusione suor Daniela Tasca –. Il nostro presente è il consolidamento del nucleo degli insegnanti, degli educatori e dei coordinatori. Vuol dire rafforzare, sostenere, accompagnare e aprirci alle loro proposte e ai bisogni che incontriamo». Non ci sono progetti predefiniti nel cassetto, assicura Madre Daniela: «Come diceva il nostro fondatore, padre Arsenio: “Non partiamo da progetti, ma seguiamo cammini”. E i cammini richiedono attenzione, flessibilità, capacità di risposta alle necessità della persona». Insomma: sempre in relazione.