«Il male non è l’immigrazione, ma l’ingiustizia diffusa nel mondo che la provoca. Quando si muovono i popoli, cambia la storia. Occorre prenderne atto». Lo ha detto questa mattina il cardinale Francesco Montenegro, presidente di Caritas Italiana e vescovo di Agrigento, intervenendo al convegno in Expo «Cibo di guerra. Nutrire il pianeta oltre i paradossi», dove è stato presento il quinto rapporto sui conflitti dal titolo omonimo (in allegato una scheda, dati completi su www.caritas.it).
«Tuttavia, in questo contesto in bianco e nero ci sono segnali di speranza, come per esempio il cambiamento di rotta dell’Europa sull’accoglienza, che ha mostrato che quello che fino a ieri era impensabile ora diventa possibile. Un cambiamento sollecitato dal basso da tante persone, anche laiche, che con i loro gesti hanno dimostrato quello che i governi avevano deciso non era condiviso», ha sottolineato Montenegro. «L’11 settembre, di cui oggi ricorre il 14° anniversario, ha reso evidenti nuove contrapposizioni dopo il decennio di ottimismo precedente. Quel modello di sviluppo che era apparso vincente ha lasciato frutti velenosi: aumento delle disuguaglianze, accaparramento delle risorse, conflitti diffusi che papa Francesco ha definito terza guerra mondiale. In questo tempo drammatico e complesso è richiesta una maggiore vicinanza a uomini e donne privati dalla loro dignità», ha ricordato il presidente di Caritas Italiana.
Parlando a margine del convegno, il direttore di Caritas Italiana don Francesco Soddu ha spiegato che «il titolo di questo convegno si focalizza su quanto stiamo vivendo in questi giorni non solo come Italia, ma anche come Unione Europea: chi non ha cibo crea un ambiente in cui si può generare guerra; nel momento in cui si dà attenzione al nutrimento e a un’economia sana si dà anche nutrimento alla pace». «I profughi devono essere accolti, ma non basta, è anche necessario andare a monte di quelle che sono le cause della loro migrazione e intervenire con politiche, ma anche con azioni di accoglienza da parte di ognuno di noi. La cooperazione internazionale andrebbe rivisitata, in modo che non sia più un bacino di investimento economico, ma diventi un investimento di umanità», ha sottolineato Soddu.
Illustrando i contenuti della ricerca, il direttore di Caritas Italiana ha detto che «i conflitti dimenticati sono molti e non ne parla nessuno; oltre al conflitto della Siria non dobbiamo dimenticare i conflitti dell’Africa sub-sahariana, quelli latenti, quelli che si stanno generando: laddove non c’è una buona economia si genera la guerra».
Il rapporto tra il cibo e la guerra è stato al centro dell’incontro. «In tre anni il numero di guerre è passato da 388 a 424 e la tendenza è in costante crescita per cui non ci si può stupire dei flussi migratori di questi giorni – ha sottolineato Paolo Beccegato, vicedirettore di Caritas Italiana -. La stragrande maggioranza di questi conflitti si combattono dentro i confini degli Stati e per il 90% riguarda Paesi poveri. Contemporaneamente è anche aumentata la spesa militare, che fino all’11 settembre stava diminuendo; da quel momento, invece molti conflitti furono ri-militarizzati, vennero chiuse le vie di dialogo, producendo un aumento di guerre in tutto il mondo». Secondo il rapporto, la spesa militare in particolare degli Stati Uniti tra il 2010 e il 2014 è aumentata del 36,1%, della Cina dell’8%, dell’Arabia Saudita del 5%, della Russia del 4,4%, del Regno Unito del 3,8%, della Francia del 3,3%, del Giappone del 3%.
Nel corso della mattina sono stati presentati anche i risultati di una rilevazione sulle persone in fuga dalla guerra, accolte nelle Chiese locali grazie anche al circuito delle Caritas, in 50 diocesi da ottobre 2014 a marzo 2015: il 20% degli immigrati accolti dalle strutture in questione è fuggito dal conflitto in Libia, il 12,1% dalla Nigeria, il 9,1% dall’Ucraina e il 7,1% dal Gambia. Sono individui in prevalenza giovani: nel 71,9% dei casi non superano i 34 anni di età, soltanto l’1,4% è costituito da anziani ultra 65enni. Quasi la metà (49,2%) ha lasciato il proprio Paese nel 2014 e nei primi mesi del 2015.
La ricerca si è concentrata anche sui contenuti video pubblicati su YouTube da quattro diverse testate giornalistiche: Russia Today (versione inglese), Vice News, Cnn e Al Jazeera English, nel corso di una settimana campione (dal 16 al 22 febbraio 2015). In totale sono stati esaminati 428 video (per 32,3 ore di filmati, 7 milioni di visualizzazioni e oltre 56 mila commenti). In alcuni casi, come ad esempio Al Jazeera English, le notizie sui conflitti, nella settimana presa in considerazione, hanno superano il 50% di tutte le notizie video trasmesse. E in generale i conflitti hanno sempre goduto di un ampia copertura spesso garantita con materiale auto-prodotto da una delle parti in causa, senza dunque una opportuna mediazione giornalistica.
Sul ruolo dell’informazione è intervenuto il direttore di Famiglia Cristiana, don Antonio Sciortino: «La foto di Aylan sulla spiaggia ha avuto la capacità di cambiare gli eventi. Quell’immagine è affiancabile a quella ben nota della bambina vietnamita che correva in fuga dal napalm». Sono fotografie «che costringono i governi ad andare oltre il muro dell’indifferenza, a superare la sola emozione del momento per cercare soluzioni. Ed è accaduto, a partire dalle decisioni della cancelliera Merkel».
I risultati della Campagna internazionale
Nel pomeriggio sono stati comunicati i principali risultati della campagna «Una sola famiglia umana, cibo per tutti. È compito nostro». La campagna (che si concluderà a dicembre 2015) ha coinvolto da febbraio 2014 in Italia 60 città, 32 organizzazioni, prodotto centinaia di incontri legati ai temi della pace e della mondialità.
Tra i vari progetti di sensibilizzazione sul tema è stata illustrata l’esperienza del liceo G. Caetani di Roma promossa dall’Associazione Italiana Maestri Cattolici (Aimc). Trenta giovani del liceo hanno aderito al progetto scuola di servire alla mensa della parrocchia Santa Lucia, seguendo una turnazione fuori dall’orario scolastico.