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Intervista

Il valore aggiunto della Vita consacrata

Il Vicario episcopale monsignor Walter Magni: «Le persone consacrate nella nostra Diocesi sono diverse migliaia e comportano dinamismi di apertura e di speranza dei quali è bene cominciare ad accorgersi»

16 Settembre 2025

All’inizio del nuovo anno pastorale, monsignor Walter Magni, Vicario episcopale per la Vita consacrata, riflette sulla consistenza di questa realtà presente nella Chiesa ambrosiana (vedi qui una scheda statistica) e sulla specificità della proposta formativa a essa rivolta

Cosa significa parlare di Vita consacrata nella Diocesi di Milano?
Sono molte le espressioni della Vita consacrata in Diocesi. A tutt’oggi possiamo riferirci a un numero complessivo di quasi 6000 consacrati. 850 sono i religiosi e 4000 sono le religiose, che vivono in case o comunità/fraternità propriamente dette “religiose”; 393 sono femminili, comprendendo anche 12 monasteri, e 112 sono quelle maschili, compresi 4 monasteri. Ci sono poi circa 530 consacrati/e “secolari” che non vivono in comunità, ma individualmente, riferendosi a 28 Istituti femminili e 6 maschili. Allargando lo sguardo ad alcune aggregazioni di consacrate “di diritto diocesano”, ricordo le 125 sorelle dell’Ordine delle Vergini (Ordo Virginum) e le 33 dell’Ordine delle Vedove (Ordo Viduarum). Queste non vivono in comunità, ma nei contesti ecclesiali diocesani più diversi, come fossero un fermento spirituale di inestimabile valore. Infine vanno considerate nel conteggio anche alcune “Associazioni Pubbliche di fedeli” che pure vivono in comunità, come 68 Ausiliarie diocesane e diverse “Società di Vita Apostolica” come i tanti missionari del Pime.

Quale intuizione percorre la proposta formativa diocesana della Vita consacrata di quest’anno?
Il tema che il Vicariato per la Vita consacrata – insieme gli Organismi diocesani di comunione (Usmi, Cism e Ciis) – ha inteso ribadire in collaborazione con il Centro di spiritualità della Facoltà teologica milanese – ha come titolo «La diversità che fa bella la Chiesa». Un corso formativo pensato in cinque appuntamenti che non nasconde il desiderio, se non la pretesa, che la Diocesi di Milano – già definita qualche anno fa dal Sinodo minore «Chiesa dalle genti» – cominci a confrontarsi più esplicitamente con i consacrati e le consacrate provenienti da Chiese intercontinentali. Nella speranza di superare il pregiudizio che confinerebbe le sorelle “straniere”, in quanto deboli dal punto di vista linguistico e formativo, in contesti di funzionalità pastorale secondaria. È giunto il momento di accorgersi che molte di loro, oltre a essere spesso professionalmente preparate, sono portatrici con la loro consacrazione di un “valore aggiunto”: per i nostri Istituti più tradizionali, ma anche per la stessa Diocesi. Già mettersi in ascolto della precisa intenzione missionaria che ha spinti questi fratelli e sorelle consacrati a lasciare le loro Chiese per venire da noi, dice una attenzione di grande valore formativo per tutti.

Quali attenzioni significativa richiede la Vita consacrata richiede oggi nelle nostre Chiese?
La prima è certamente quella di riflettere in modo più positivo sui numeri della Vita consacrata. Andrebbe abbandonata per esempio la retorica e sterile constatazione di mancanza di vocazioni nei nostri Istituti religiosi. Domandarsi seriamente: perché questi istituti non hanno più vocazioni da anni? Come c’è pure il rischio di arrestarsi sconsolati davanti ai numeri che dichiarano il forte invecchiamento della maggior parte degli Istituti di Vita consacrata nelle nostre chiese. In Diocesi sono quasi un migliaio le sorelle, tra gli 85 e i 105 anni, accolte in una trentina di case di riposo. E dunque: con questo cosa ci sta dicendo lo Spirito? Come rileggere con realismo evangelico le tante opere carismatiche, storiche e di prestigio, che vengono meno? Di contro c’è del nuovo che avanza. Se non altro perché rappresenta la sezione più giovane e attiva della stessa Vita consacrata diocesana. Mi riferisco per esempio alle circa 600 sorelle intercontinentali: 300 di Istituti italiani e 300 di istituti internazionali. Non sono in grado ora di essere più preciso in rapporto ai religiosi intercontinentali degli Istituti maschili. Ma si pensi solo alla significativa presenza di 60 teologi del Pime a Monza. Siamo di fatto custodi di una ricchezza della quale ci accorgiamo ancora troppo poco.