Una famiglia di medici (i genitori e i tre figli) volontari in Togo, due neosposi in viaggio di nozze nel Brasile più povero, tanti ragazzi e ragazze pronti a partire per progetti missionari o esperienze di volontariato all’estero. La storia di copertina del numero di luglio-agosto de Il Segno è dedicata alle esperienze di chi decide di mettere a disposizione degli altri il tempo estivo. Marco Caselli, sociologo dell’Università Cattolica, riflette sulle motivazioni che spingono tante persone ad affrontare questo tipo di esperienza. Molti giovani, spiega, la vivono «come un’occasione di formazione, sia professionale sia personale. È un mettersi alla prova, mostrando a se stessi, prima ancora che ad altri, di essere capaci di uscire da una zona di comfort». Non si tratta quindi solo di aiutare, ma soprattutto di mettersi in gioco, conoscere il mondo da dentro, confrontarsi con nuove realtà e, spesso, riscoprire se stessi».
Progetti come “Giovani e missione” del Pime o i “Cantieri della solidarietà” di Caritas ambrosiana offrono percorsi formativi che preparano i ragazzi a partire consapevoli, motivati da una ricerca personale, spirituale o di senso. Le attività sul campo – insegnamento, animazione, lavori manuali – richiedono impegno e fatica, ma regalano relazioni autentiche e una forte gratificazione. Al centro di tutto c’è l’incontro: con chi vive ai margini, con comunità locali e con compagni di viaggio. L’esperienza spesso porta anche a ripensare il proprio impegno quotidiano: c’è chi, al ritorno, sceglie di continuare a servire nella propria città. La missione diventa così un’occasione per crescere nella fede e nell’umanità, scoprendo che, anche dall’altra parte del mondo, è possibile sentirsi a casa. «Il bene è più alla nostra portata di quanto crediamo», sottolinea Fabio Landi nell’editoriale, invitando quindi a «rimboccarci le maniche».
Contro il caldo tra rifugi e refrigerio
Dopo gli sgomberi delle persone senza dimora avvenuti nell’aeroporto di Malpensa lo scorso maggio, la rivista dedica un approfondimento a questo tema. Nello scalo varesino e nel più piccolo aeroporto di Linate vivono infatti da anni persone che trovano nei terminal un rifugio per la notte o le torride giornate estive. In un contesto in cui le istituzioni privilegiano la logica degli allontanamenti, il lavoro del terzo settore e dei volontari offre alternative concrete alla marginalità.
L’estate si annuncia particolarmente torrida per i tanti milanesi che non possono permettersi una vacanza alla ricerca di refrigerio: dei sette centri balneari pubblici presenti in città, quattro sono chiusi perché necessitano di onerosi interventi di ristrutturazione. Associazioni e cittadini chiedono un intervento del Comune per riaprirli mantenendo la gestione pubblica e tariffe popolari. Ma l’ingresso di soggetti privati solleva interrogativi sul possibile aumento dei prezzi e sulla perdita della funzione sociale di questi spazi.
I dieci anni del Refettorio
Nel 2015 il Refettorio ambrosiano è nato da un’intuizione dello chef Massimo Bottura e del regista Davide Rampello, con la Diocesi di Milano, Caritas ambrosiana e tanti volontari che si sono messi in gioco per offrire accoglienza e lottare contro lo spreco alimentare. Il Refettorio ha aperto i battenti in occasione di Expo 2015 ed è molto più di una mensa: è una vera “sala da pranzo” di comunità, come la definisce l’arcivescovo Mario Delpini, dove si nutre il corpo e lo spirito. Un modello di solidarietà e bellezza condivisa che in dieci anni ha recuperato oltre 40 tonnellate di cibo e servito oltre 260.000 pasti.
Terre di frontiera
Ci spostiamo a Gorizia, insieme a Nova Gorica Capitale europea della cultura 2025, simbolo di convivenza e riconciliazione tra culture diverse. Monsignor Carlo Redaelli, Arcivescovo della città, parla di una pace che si costruisce superando i confini, non solo geografici, ma anche emotivi e culturali. La memoria deve diventare storia per guarire i popoli, spesso guidati più dalle emozioni che dalla ragione. La Chiesa, in questo, ha un ruolo delicato: essere tramite tra culture e sensibilità.
Sull’altra sponda del Mediterraneo, il Libano, definito da papa Francesco Paese «messaggio di pace», è da sempre crocevia di popoli e religioni, testimone di coesistenza e dialogo. Monsignor Mounir Khairallah, eparca di Batroun, offre una riflessione sulla situazione geopolitica del Medio Oriente che è anche una meditazione teologica e umana sul senso del perdono, sulla testimonianza cristiana nel mondo e sull’urgenza di costruire ponti di dialogo e concordia. Il religioso affronta il nodo Israele-Palestina sottolineando anche la debolezza della risposta della comunità internazionale.
«Laudato si’», una svolta epocale
Sono trascorsi dieci anni dall’enciclica di papa Francesco Laudato si’, la prima forte presa di posizione della Chiesa sul cambiamento climatico, che evidenzia il legame tra crisi ambientale e disuguaglianze sociali. Ne abbiamo parlato con Agostino Giovagnoli (professore emerito di Storia contemporanea all’Università Cattolica di Milano) che mette in luce come il documento mostri che la sostenibilità non è solo ambientale ma anche umana e sociale, e Marco Rainini (docente di Storia della Chiesa all’Università Cattolica di Milano e Brescia) che richiama la responsabilità dell’uomo come custode del Creato.
Frassati verso la santità
Un approfondimento, in vista della canonizzazione del prossimo 7 settembre, è dedicato a Pier Giorgio Frassati, santo capace di parlare ai giovani di ieri e di oggi vivendo un cristianesimo incarnato, vicino alla gente e attento ai problemi sociali. La sua esistenza dimostra che fede e gioia possono convivere: in un tempo in cui molti giovani faticano a trovare un senso, Frassati indica una via credibile, essere cristiani senza rinunciare alla propria umanità, con passione, coerenza e libertà.
Focus su Srebrenica
Il Focus del mese è dedicato al genocidio di Srebenica: «Città ancora segnata dal silenzio», scrive Silvia Maraone, coordinatrice Ipsia in Bosnia. A 30 anni dal genocidio compiuto nel luglio 1995, in cui oltre 8.000 bosgnacchi furono uccisi, la città resta divisa, con una memoria negata da molti. La recente risoluzione Onu che ha istituito l’11 luglio come Giornata internazionale non basta: «Per i sopravvissuti, le luci dei riflettori ogni anno si spengono, lasciando solo case vuote e preghiere silenziose».
In un numero già particolarmente ricco, non mancano le consuete rubriche, lo spazio dedicato alle notizie, all’arte, al cinema, al teatro, al podcast e alla tv, con la segnalazione anche di appuntamenti estivi sotto le stelle.



