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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Milano

«Il carisma di Giussani incoraggi tutti a essere popolo della pace»

A 18 anni dalla morte il fondatore di Comunione e liberazione ricordato nella Messa presieduta in Duomo dall’Arcivescovo: «Nella missione affidataci una comunione dei cuori che diventa un segno per il mondo»

di Annamaria BRACCINI

24 Febbraio 2023
La benedizione dell'Arcivescovo (foto Agenzia Fotogramma)

«L’intercessione di Maria, il carisma di don Giussani, incoraggino tutti a essere il popolo della pace, con la fraterna armonia tra tutte le componenti di Cl. Per il dono della diffusione internazionale del Movimento sentiamo un ruolo per incoraggiare la stima tra i popoli e l’assunzione di responsabilità a essere operatori di pace».

Nel 18° anniversario della scomparsa del fondatore di Comunione e Liberazione (avvenuta a Milano il 22 febbraio 2005) e nel 41° del riconoscimento della Fraternità di Cl (11 febbraio 1982), anche in Duomo, come avviene in questi giorni nelle cattedrali e chiese di molte parti del mondo, si affollano fedeli di ogni età, tra cui il fratello di «don Gius» Gaetano, i parenti, il presidente della Fraternità Davide Prosperi, il vicepresidente Cesare Pozzoli, membri di Cl, moltissimi giovani e famiglie. A tutti si rivolge l’Arcivescovo che, «facendo memoria grata del carisma di don Giussani», presiede la Messa di suffragio concelebrata da una cinquantina di sacerdoti, tra cui il vescovo ausiliare monsignor Giuseppe Vegezzi, alcuni vicari episcopali di Zona e di Settore, l’assistente ecclesiastico diocesano del Movimento don Mario Garavaglia e quello dell’Azione Cattolica ambrosiana don Cristiano Passoni, e don Julián Cárron, per molti anni presidente della Fraternità.

Convocati dalla gratitudine

I brani della Lettera di San Paolo ai Romani e del Vangelo di Matteo nelle Beatitudini, appena proclamati nella liturgia della Parola, annodano l’omelia dell’Arcivescovo, che avvia la sua riflessione parlando «degli innumerevoli doni che i figli amati hanno ricevuto da Dio», dei quali occorre prendere coscienza in modo autenticamente cristiano. Non con la «compiacenza che può indurre a ripiegarsi su di sé e a una specie di infantile immobilismo»; non con l’invidia o con la presunzione, «una forma di ottusità» che «consiglia imprese audaci, alimenta entusiasmi scriteriati, suggerisce pensieri sprezzanti verso gli altri».

Evidente l’appello, che l’Arcivescovo ribadisce in queste ore in cui ricorre il primo anno di guerra in Ucraina, a essere «il popolo della pace e della riconoscenza che respinge la tentazione dell’autocompiacimento, della presunzione, dell’invidia. Noi siamo qui radunati per dire una parola ragionevole, buona, virtuosa di ringraziamento per tutti i doni che arricchiscono la nostra vita e, oggi, in particolare, per il dono dell’incontro, del carisma, della testimonianza di don Giussani». Che, da grande educatore quale fu, comprese la potenza promettente dell’ascolto e della stima vicendevole in cui «gareggiare», come scrive san Paolo.

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«Chi stima le persone che incontra, con cui condivide la vita in famiglia, sul lavoro, nella vita sociale, nella politica, ascolta volentieri, si arricchisce anche dei doni degli altri e diventa migliore proprio grazie all’incontro, alla possibilità di lavorare insieme, di costruire insieme. La stima è l’accompagnamento che rende possibile ai genitori e agli educatori di incoraggiare i più giovani a vivere la vita come una vocazione a mettere a frutto i doni ricevuti. La stima tra adulti, tra gruppi, associazioni, movimenti è la condizione perché la comunità cresca come casa comune ricca di molti doni, abitata dalla gioia, all’altezza della missione. La stima tra i popoli predispone al cammino della pace, all’alleanza, allo scambio dei doni. Il popolo della pace sarà capace di introdurre nei rapporti tra i popoli la gara per lo stimarsi a vicenda? Mentre la presunzione predispone alla rivalità, al disprezzo degli altri e, quindi, alle liti e alle guerre, l’atteggiamento della riconoscenza predispone all’umiltà, a quell’essere servizievoli gli uni verso gli altri che sostiene il cammino di coloro che sono chiamati a essere lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera».

Da qui la conclusione: «La grata appartenenza al Movimento di Cl ha radunato qui e in ogni parte della terra: convocati della riconoscenza, chiamati ad accogliere l’invito di Paolo a gareggiare nello stimarsi a vicenda e a piegarsi alle cose umili. Invochiamo Maria, regina della pace, perché troppe guerre assurde, e a quanto pare insolubili, affliggono la terra. Piangiamo con quelli che sono nel pianto».

Messa Giussani 2023 (foto Agenzia Fotogramma)
Un momento della celebrazione (foto Agenzia Fotogramma)

Il saluto del Presidente della Fraternità

Un invito ripreso da Prosperi al termine della celebrazione, nel richiamo al 2022, anno «di vera grazia» che ha visto la ricorrenza del centenario della nascita del fondatore, particolarmente ricordato «nella terra dove don Giussani è nato e cresciuto; dove ha vissuto l’esperienza di quel “bel giorno” dell’incontro con Cristo che con tanto fervore ci ha, poi, comunicato». Anno, sottolinea ancora il presidente della Fraternità, che ha visto anche la scomparsa «di un padre come Benedetto XVI» e la grande udienza concessa da papa Francesco a Cl il 15 ottobre scorso: «Un evento straordinario, che ci ha aiutato a prendere ancora più coscienza di come l’eredità ricevuta da don Giussani ci è stata affidata anzitutto per servire la missione della Chiesa nel mondo, coscienti che viviamo tempi, come ci ha detto il Santo Padre, in cui c’è bisogno di rinnovamento e rilancio missionario, alla luce dell’attuale momento ecclesiale e delle necessità, delle sofferenze e delle speranze dell’umanità contemporanea».

Messa Giussani 2023 (foto Agenzia Fotogramma)
Alcuni giovani in Duomo (foto Agenzia Fotogramma)

E proprio tornando con il pensiero all’udienza, definita «una consegna che rende consapevoli di una responsabilità perché il Movimento si senta sempre dentro la Chiesa con umiltà e coraggio», l’Arcivescovo, congedando l’assemblea, dice: «La missione che il Signore affida a tutti presuppone una comunione dei cuori che diventa un segno per il mondo».