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Milano capitale della missione

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Testimonianza

«Al Festival ho visto la missione diventare carne»

Insegnante in pensione, Isabella Toma ha collaborato alla manifestazione come volontaria nei rapporti con le scuole e nelle visite guidate: «Una bellissima esperienza, nel segno dell’incontro, del dono e dell’apertura agli altri»

di Annamaria BRACCINI

9 Ottobre 2022

Isabella Toma, oggi in pensione dopo un passato di insegnante, è una degli oltre 200 volontari impegnati al Festival della Missione: «Sono legata al Pime e quando mi hanno chiesto di collaborare come segretaria nel settore che si è occupato dei rapporti con le scuole ho subito accettato – racconta Isabella -. Ho iniziato a fine settembre del 2021, con un impegno che si è ampliato più di quanto pensassi in questi mesi».

Su cosa ha lavorato il suo settore?
Abbiamo iniziato su una base molto allargata, mandando a tutte le scuole la proposta del Festival, rivolta ai singoli insegnanti di ogni ordine e grado, di aderire ai laboratori. Durante le quattro giornate della manifestazione il mio lavoro ha poi toccato altri contesti. Ho seguito alcune visite guidate nella Basilica di Sant’Ambrogio e nella vicina chiesa di San Michele sul Dosso, entrando in relazione costruttiva con le presidi del liceo artistico e di quello scientifico delle Orsoline di San Carlo, anche loro coinvolte nel Festival. Le visite si sono svolte in due mezze giornate, con la guida di quattro studentesse che ne sono rimaste entusiaste. Grazie a un amico storico dell’arte, ho organizzato anche visite guidate nelle chiese di San Francesco al Fopponino e di Santa Maria Segreta.

Come è stato vivere il Festival dall’interno della macchina organizzativa e tra i volontari?
Ho visto “dal basso” l’organizzazione, prima, e la sua realizzazione, poi. Durante il Festival sono stata destinata al Museo diocesano e ho seguito da lì i giorni dal 29 settembre al 2 ottobre, vivendo una bellissima esperienza. Per me il Festival ha significato l’incontro, l’uscire verso gli altri, il vedere la Missione diventare “carne”. È stata la scoperta della relazione con gli altri volontari, e con coloro che si rivolgevano a me per informazioni e aiuto. Credo che si possa fare missione in molti modi, a 360 gradi. La missio ad gentes non è solo andare lontano, ma vivere la vita, ovunque ci si trovi, con un senso di dono e di apertura agli altri. Penso che così il Festival abbia veramente centrato il suo obiettivo, con chi ha partecipato e anche con i volontari.

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