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4 giugno

Festa delle genti, Scola chiude la visita pastorale ai migranti

Nell’appuntamento diocesano tradizionalmente coincidente con la Pentecoste, in Santo Stefano Maggiore a Milano in mattinata Messa con monsignor Bressan, nel pomeriggio momento assembleare con l’Arcivescovo che dialogherà con i presenti

di Stefania CECCHETTI

4 Giugno 2017

Domenica 4 giugno si rinnova l’appuntamento con la festa più colorata della Diocesi: nella chiesa di Santo Stefano Maggiore a Milano, infatti, si celebra la tradizionale Festa delle genti. Appuntamento alle 10.30 per la Messa, presieduta dal Vicario episcopale, monsignor Luca Bressan, e concelebrata da tutti i cappellani dei migranti. A seguire, un momento convivale nella piazza antistante, con gazebo gestiti dalle diverse comunità presenti in Diocesi, vendita di oggetti artigianali e cibo, musica e proiezioni di filmati dei Paesi di origine.

Dal 2014 il cardinale Angelo Scola ha voluto celebrare personalmente la Festa delle genti nel giorno di Pentecoste, simbolo della capacità di comprendersi, nonostante la diversità delle lingue. Anche quest’anno l’Arcivescovo sarà presente, ma la novità è che presiederà un momento assembleare nel pomeriggio, a partire dalle 16.

Ce ne parla don Alberto Vitali, responsabile dell’Ufficio per la pastorale dei migranti: «La Festa delle genti è un appuntamento tradizionale con l’Arcivescovo, ma quest’anno ha un valore aggiunto, perché rappresenta la chiusura della visita pastorale del cardinale Scola presso i migranti». Visita aperta da monsignor Bressan il 14 gennaio scorso, in occasione della Giornata mondiale del migrante, alla presenza di tutte le 30 comunità che compongono la Diocesi, come spiega ancora Vitali: «Abbiamo consegnato loro una traccia di riflessione con alcune domande. Due mesi dopo, monsignor Bressan e io abbiamo visitato le comunità e raccolto le loro risposte, che abbiamo sintetizzato e consegnato all’Arcivescovo».

L’Assemblea si svolgerà sulla falsariga della recente visita a Milano di papa Francesco, e in particolare dell’incontro in Duomo, come illustra ancora Vitali: «Dopo una breve introduzione, tre persone –  un giovane, un adulto e un anziano – rivolgeranno domande al Cardinale. Dopo le risposte di Scola, l’Assemblea terminerà con un momento di preghiera all’altare della Madonna detta “pellegrina”, perché è quella che il cardinal Schuster fece girare per la Diocesi al termine della guerra, in un momento difficile, caratterizzato da tanta miseria e da sfide sociali molto forti». È curioso, fa notare don Vitali, che questa Madonna “pellegrina” sia stata conservata proprio nella chiesa che sarebbe diventata la parrocchia personale dei migranti diocesani, in un periodo storico com’è quello attuale, anch’esso caratterizzato da sfide molto forti. «In realtà i migranti non sono una sfida, quanto la conseguenza di una sfida – precisa Vitali -. Non sono loro a cambiare la società arrivando qui, ma esattamente il contrario. Il loro arrivo è il fenomeno più evidente del fatto che il mondo sia cambiato>.

Stiamo parlando, ci tiene a mettere in chiaro don Vitali, «non dei rifugiati, quelli che arrivano con i famigerati barconi, ma di quelli che gli economisti definiscono “migranti economici”. Coloro, cioè, che vengono in Italia per lavorare con l’idea di tornare appena possibile nel loro Paese di origine, ma che poi spesso si costruiscono un progetto di vita per restare. Queste persone ci chiedono di condividere la vita e, se sono cattolici come i migranti che parteciperanno alla Festa delle genti, anche di condividere la fede». Un passaggio inevitabile, secondo il responsabile della Pastorale dei migranti: <Come spesso dice il cardinale Scola, tra i più lungimiranti sul tema del meticciato, la società dell’immediato futuro sarà pluriculturale e plurietnica. E la Chiesa del futuro, come ha ricordato anche papa Francesco durante la sua visita a Milano, sarà necessariamente pluriforme».

Ecco, alla fine, la vera sfida, conclude don Vitali: «Non tanto creare l’uniformità dalla pluralità, ma l’unità nella pluriformità. In sintesi: non dobbiamo essere tutti uguali, ma diventare una sola comunità cristiana e sociale, pur nella diversità di ognuno».

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