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Intervista

Fallica: «Mi sento come la gemma che fiorisce sul tronco antico»

Il nuovo Abate di Montecassino: «Lascio Dumenza, comunità monastica più giovane d’Italia, per una che conta 1500 anni di storia. Vivo questo momento con grande spirito di fede e obbedienza, affidandomi al Signore»

di Annamaria Braccini

20 Gennaio 2023
Dom Luca Fallica

«Sono stato colto di sorpresa e ho provato stupore e meraviglia, perché si tratta di qualcosa che non attendevo, né cercavo». A raccontare come viva questi primi giorni, dopo la nomina pontificia ad Abate di Montecassino, è dom Luca Fallica, 64 anni, benedettino della Congregazione Sublacense Cassinese, priore uscente del Monastero della Santissima Trinità di Dumenza in provincia di Varese.

Un nuovo incarico, quindi, assolutamente inaspettato?
Sì. Dopo aver concluso il mio servizio di priore a Dumenza, durato 12 anni, pensavo di tornare a fare la vita del monaco in comunità. Poi è arrivata questa nomina che, oltre a me, penso che abbia sorpreso anche i monaci di Montecassino. Credo che l’atteggiamento di meraviglia e di stupore, come ho detto, sia quello migliore per iniziare questo compito, affidandomi al Signore che sa scombinare i nostri progetti. Vivo questo momento con grande spirito di fede e obbedienza, ma ovviamente anche con molto dispiacere per il fatto di lasciare la comunità nella quale ho vissuto tutti questi anni. Mi dispiace anche sinceramente lasciare la Chiesa di Milano che, pur non essendo ambrosiano, ho sempre molto amato e da cui mi sono sentito sostenuto.

A quando risale il suo arrivo in Diocesi?
Sono arrivato con gli altri fratelli della comunità nel 1989, accolti dal cardinal Martini per iniziare una nuova esperienza monastica. Attualmente a Dumenza siamo in tutto 15, di cui 10 professi solenni e gli altri in formazione.

Dumenza è uno dei luoghi di preghiera per eccellenza della Diocesi. Come la preghiera come ha segnato e segna la sua vita?
Certamente è uno degli aspetti fondamentali, perché pregare significa essere in relazione con Dio, quindi rispondere, dialogare con Lui, lasciarsi illuminare nelle scelte. Io ho sempre vissuto la preghiera come una grande esperienza di libertà, nel senso che in questo affidamento matura nella piena libertà e anche nella piena responsabilità. A volte corriamo il rischio di vivere la preghiera come una sorta di delega in bianco a Dio, mentre è entrare in una relazione autentica, profonda, che diviene un cammino di libertà, perché non c’è libertà dove non c’è relazione.

Lei non è sacerdote. Quindi vivrà anche l’ordinazione presbiterale, in vista del nuovo incarico…
Sì, perché, per la situazione giuridica del monastero di Montecassino non è possibile applicare quella possibilità che papa Francesco ha recentemente offerto, ovvero che vi siano anche dei Superiori maggiori di comunità non sacerdoti. Nel caso di Montecassino, però, si tratta di un’abbazia territoriale e devo essere ordinato sacerdote.

Quando farà il suo ingresso ufficiale?
Non appena sarò ordinato sacerdote. Poi ci sarà un passaggio ulteriore che è la benedizione abbaziale.

Ha già preso contatto con la sua nuova realtà?
Sì, mi sono recato a Montecassino qualche giorno fa, per un primo incontro con la comunità. C’è qualcosa di sorprendente in tutto questo e anche di paradossale, perché io appartengo alla comunità monastica più giovane d’Italia, che ha meno di trent’anni, mentre Montecassino è stata fondata da San Benedetto dopo Subiaco, quindi 1500 anni fa. Vivo tutto questo, riprendendo un’immagine biblica, come la gemma che fiorisce sul tronco antico.

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