Link: https://www.chiesadimilano.it/news/chiesa-diocesi/escriva-messa-duomo-delpini-2842171.html
Radio Marconi cultura
Share

In Duomo

L’Arcivescovo all’Opus Dei: «Annunciamo una parola di speranza ai delusi della vita»

Nella Messa per la festa liturgica di San Josemaría Escrivá de Balaguer, fondatore della Prelatura, a 50 anni dalla sua morte, monsignor Delpini ne ha ricordato il carisma invitando a percorrere tre vie: la gratitudine, la docilità allo Spirito e la trasfigurazione del quotidiano

di Annamaria BRACCINI

27 Giugno 2025
L'Arcivescovo saluta i fedeli (Agenzia Fotogramma)

«Contemplando il cuore trafitto di Gesù, ci facciamo avanti con lo stile che ci incoraggia a imitare e a praticare il carisma di San Josemaría Escrivá de Balaguer. Preghiamo perché anche i delusi possano accogliere l’invito a percorrere ancora le vie della speranza: la gratitudine, la docilità, la trasfigurazione del quotidiano per riconoscere e seminare i segni del Regno che viene». Nel giorno della festa liturgica del fondatore dell’Opus Dei, nel 50esimo esatto della sua scomparsa, mentre in tutto il mondo si svolgono riti che ne fanno memoria, è questa la consegna che l’Arcivescovo lascia ai fedeli legati alla Prelatura che affollano il Duomo, come ogni anno in questa occasione. Persone di ogni età, tanti giovani e famiglie intere, con i bambini e i nonni, riunite per la Messa concelebrata da una decina di sacerdoti, tra cui il vicario per l’Italia della Prelatura don Giovanni Manfrini e don Carlo De Marchi, sacerdote dell’Opus Dei che fa parte del Consiglio presbiterale, alla presenza anche di autorità civili e militari del territorio.  

Questo contenuto non è disponibile per via delle tue sui cookie

«Siamo convinti che il modo migliore per contribuire al bene della Chiesa e del mondo sia la fedeltà al nostro carisma, cercando l’unione con Dio nella vita quotidiana, testimoniando il Vangelo, con umiltà e coraggio, in tutti gli ambienti in cui ci troviamo», dice il Vicario nel suo saluto iniziale, ricordando la propria presenza e quella della Prelatura in Cattedrale per l’Ordinazione presbiterale dello scorso 7 giugno e i 50 di Messa dell’Arcivescovo: «Anche noi, come lei ha chiesto ai preti novelli, vogliamo farci avanti».

Il saluto di don Giovanni Manfrini (Agenzia Fotogramma)

Farsi avanti

Un impegno subito raccolto e ribadito nell’omelia di monsignor Delpini: «Si fanno avanti i delusi della speranza, la povera gente che non conta niente e sperava di contare qualche cosa almeno nel Signore che abita nei cieli. E dal cielo hanno visto piovere bombe e morte. Si fanno avanti e dicono: speravamo, ma siamo stati delusi. Si fanno avanti gli infelici degli amori traditi, le promesse smentite, gli affetti svaniti, coloro che si aspettavano una qualche forma di garanzia dalla benedizione di Dio invocata sul loro amore. Si fanno avanti i miti, i devoti, la gente animata da buoni sentimenti e da ottimi desideri: sono rimasti incompiuti i buoni desideri, il desiderio di avere bambini, il desiderio di formare una famiglia, il desiderio di mettere a frutto i propri talenti in un lavoro adeguato. Si fanno avanti e dicono: speravamo, ma siamo rimasti delusi».

Un momento della celebrazione (Agenzia Fotogramma)

Ma esiste una parola per consolare tanta delusione? Immediata la risposta: «La parola che siamo incaricati di annunciare è la parola che chiama a conversione. Alcuni chiamano speranza le aspettative, ma Gesù viene per annunciare il compimento delle promesse di Dio, non secondo le aspettative di ciascuno, ma secondo le promesse del Regno. Perciò, molti sono rimasti delusi da Gesù e l’hanno abbandonato. In questa dinamica di conversione dalle aspettative all’affidamento possiamo raccogliere le tre parole di cui San Josemaría diventa maestro, come altri santi».

L’omelia (Agenzia Fotogramma)

Le vie della conversione  

«La prima è la via della gratitudine – spiega l’Arcivescovo citando più volte la Bolla di indizione del Giubileo, Spes non confundit -. La gratitudine che viene dalla contemplazione del Cristo crocifisso».

Poi la via che non si deve mai abbandonare: la docilità allo Spirito: «La docilità significa lasciarsi condurre a vivere, in ogni situazione, quello che lo Spirito suggerisce. Non, quindi, la pretesa che il Signore realizzi i nostri desideri, ma il desiderio ardente di compiere il desiderio di Dio. Ogni situazione è occasione per amare, perché questo è il desiderio di Dio. La docilità allo Spirito non significa una spiritualizzazione che proietta in un paradiso i desideri incompiuti sulla terra; significa, invece, vivere secondo lo Spirito e operare perché siano seminati ogni giorno i segni del Regno».  

«La parola che siamo incaricati di annunciare ai delusi della speranza è la parola che indica la terza via da percorrere: la via della trasfigurazione del quotidiano. Uomini e donne condotti dallo Spirito sono originali sulla scena del mondo, perché sono uniti all’amore di Gesù».

L’originalità cristiana

«I tratti dell’originalità cristiana interpellano tutti coloro che vivono secondo lo Spirito, ricambiando l’indifferenza con la dedizione appassionata; il male con il bene; scoprendo i segni del Regno persino nei cuori perversi e infelici, persino nelle situazioni di desolazione, persino nella ripetitività di ogni giorno o nella frenesia della responsabilità creativa. I cristiani riconoscono i segni del Regno e conoscono l’arte di portarli alla luce, di mostrarne lo splendore e l’attrattiva, la praticabilità e la promessa che vi è iscritta», conclude l’Arcivescovo che, al termina della celebrazione, torna sulla figura del fondatore e sul carisma dell’Opus Dei: «Desidero esprimervi la mia gratitudine e ammirazione – dice infatti – per quello che fate ogni giorno, per la vostra presenza nei luoghi della vita ordinaria, della professione, della famiglia, della scuola, dove coltivate il carisma di San Josemaría. Dunque, vera gratitudine per ciò che da questo carisma e da questo sacerdote santo è fiorito per tutta la Chiesa».