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La scomparsa di monsignor Giudici

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Ricordo/1

Don Giovanni: un padre, un fratello, un amico

Nelle parole di Franco Monaco il periodo di monsignor Giudici quale assistente dei giovani di Azione Cattolica, negli anni intensi del post-Concilio. Con una confidenza: «Martini lo avrebbe voluto come suo successore»

di Franco MONACO

18 Gennaio 2024
Monsignor Giudici con il cardinale Martini e Mario Monti in occasione del riconoscimento di Bocconiano dell'anno (1993)

Don Giovanni ci ha lasciato. Per la mia generazione, don Giovanni è stato un fratello maggiore e un amico. Da poco ordinato sacerdote, fu assistente diocesano dei giovani di Azione cattolica, in anni difficili per l’associazione e turbolenti per la società. Dentro un affiatatissimo collegio assistenti, insieme a don Antonio Barone, don Erminio De Scalzi, don Giampiero Crippa, con i quali faceva anche vita comune nella mitica comunità di San Giorgio a Milano.

Ebbe sempre un rapporto di grande stima e amicizia con i laici responsabili di allora. Ricordo in particolare i presidenti diocesani Livio Zandrini e Maria Dutto. Con essi, don Giovanni fu protagonista negli anni belli e tormentati del dopo Concilio. A lui e ai suoi collaboratori si deve una sorta di “rifondazione” del settore giovanile di Ac a valle della traumatica separazione di Comunione e liberazione. Con il problema di ricostituire l’intera trama dei laici giovani responsabili diocesani. Un passaggio che egli visse intensamente, anche perché, da giovane, in quel di Varese, aveva partecipato all’esperienza della prima Gioventù studentesca. Un tempo nel quale, in diocesi, al vertice e tra il clero, montava la tentazione dell’abbandono dell’associazione.

Per noi giovani di allora, don Giovanni fu educatore e pastore impareggiabile, che seppe coniugare autorevolezza e condivisione. Grazie alla sua singolare, contagiosa umanità e alla sua apertura ai tempi nuovi, egli si fece compagno di strada di noi, una generazione inquieta e in ricerca. Ripeto: accompagnandoci rispettosamente, senza farci mancare, quando necessario, l’aiuto a un più maturo discernimento.

Fu parroco e Vescovo. Braccio destro fidatissimo del cardinale Martini – prima Vicario a Varese e poi suo Vicario generale – che tanto lo stimava e gli voleva bene. Oggi sento di poter rivelare una confidenza dello stesso Martini: egli avrebbe gradito che don Giovanni avesse potuto succedergli alla guida della diocesi di Milano. Poi Vescovo amato di Pavia e, infine, rientrato nella sua Varese negli ultimi anni segnati dalla malattia.

Come dimenticare il suo tratto amabile e accogliente, il suo largo, schietto, contagioso sorriso che spesso esplodeva in una fragorosa risata? Che non aveva nulla di trattenuto clericalismo. Un tratto inconfondibile che lo ha accompagnato per tutta la vita, del quale hanno goduto tutti coloro che lo hanno conosciuto. Sino ai suoi ultimi, sofferti giorni.

In queste ore nelle quali ci sentiamo come mutilati, quasi che un pezzo di  noi e degli anni più belli della nostra vita ci fossero strappati, ci consoli il pensiero di avere avuto il privilegio di avere goduto dell’amicizia con un uomo e un prete speciale. E pensiamo a lui, con il sorriso di sempre, abbracciato al suo Signore che di sicuro lo ricompenserà del tanto bene che ci ha donato.

 

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