Percorsi ecclesiali

Il Natale 2023 nella Chiesa ambrosiana

Sirio 06-12 maggio 2024
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In Duomo

L’Arcivescovo: «Invochiamo la pace per tutti i popoli e per la terra dove Gesù è nato»

L'appello all'inizio del Pontificale di Natale, nel quale la riflessione di monsignor Delpini si è centrata su chi «si sente a disagio» davanti a «un evento troppo grande e troppo bello» e per questo vorrebbe «cancellarlo». Ma «il dono dello Spirito ha reso possibile partecipare della vita di Gesù»

di Annamaria BRACCINI

25 Dicembre 2023
L'Arcivescovo all'inizio della celebrazione (Agenzia Fotogramma)

Gli uomini e le donne scoraggiati e infelici, convinti che la loro storia sia «troppo brutta, sbagliata, dolorosa». Una storia nella quale persino il Natale, con la sua semplice bellezza, pare non poter più entrare tra un’umanità che di sé pensa: «Io non posso essere tra i personaggi del presepe: non vado da nessuna parte e la mia strada certo non porta a Betlemme di Giudea».

Nel giorno di Natale – dopo aver celebrato Messa di prima mattina presso la Casa di reclusione di Bollate – l’Arcivescovo dice così ai moltissimi fedeli riuniti in Duomo, rivolgendo anzitutto il suo saluto e un’invocazione di pace, anche in inglese e in spagnolo, «per tutti i popoli e la terra dove Gesù è nato».

Un appello che risuona tra le navate inondate di luce all’inizio del Pontificale solenne del 25 dicembre da lui presieduto, concelebrato dai canonici del Capitolo metropolitano e arricchito dai canti tradizionali e dai 12 Kyrie, peculiari della Liturgia ambrosiana, eseguiti con maestria dalla Cappella musicale della Cattedrale e da uno scenografico gruppo di 12 ottoni. Ai piedi dell’altare maggiore – su cui, dall’alto, veglia la grande stella luminosa – c’è la statuetta del Bambinello posta nella Notte santa.

L’Arcivescovo sull’altare maggiore (Agenzia Fotogramma)

L’umanità infelice

Dalla pagina del Vangelo di Luca, con l’annuncio dell’angelo ai pastori, prende avvio l’omelia, centrata su una sorta di dialogo immaginario e interiore di un uomo con se stesso: «Gli angeli hanno un annuncio troppo bello, sono una luce troppo luminosa, parlano di una pace troppo meravigliosa. Non possono rivolgersi a me che sono troppo in guerra, troppo sprofondato nella mediocrità, incapace di credere alle notizie belle, alle gioie pure e ho tanti motivi per essere triste, arrabbiato, per ripiegarmi su di me. Giuseppe è troppo giusto, ma io non posso a trovarmi a mio agio presso Giuseppe, sono troppo volgare e sensuale, troppo ribelle, troppo abituato a gridare e a pretendere. Maria è troppo bella, troppo santa, troppo credente. Io non posso pretendere d’essere amico di Maria: sono troppo brutto, troppo peccatore, troppo miscredente».

Un momento dell’omelia (Agenzia Fotogramma)

Immagini, tutte queste, di un popolo disilluso, a cui dà simbolicamente voce l’Arcivescovo, per il quale «Gesù è un mistero troppo grande per cui non posso accoglierlo in casa mia, non posso immaginare che c’entri con me, che abbia qualche cosa da dire a me che sono troppo insignificante, troppo in basso, troppo qualsiasi. Gente che si sente a disagio nella storia di Natale che non capita più nella nostra storia troppo piccola e brutta».

L’umanità incredula e rassegnata  

Per questo, nota ancora monsignor Delpini, «ci sono di quelli che vogliono cancellare il Natale e le feste di Natale, che preferiscono godersi le vacanze d’inverno; che vogliono eliminare il presepe, preferiscono spettacoli più frivoli; che non prestano più attenzione all’annuncio degli angeli e preferiscono prestare attenzione alle previsioni del tempo per sapere dove si può sciare, la pubblicità dei prodotti per un pranzo smisurato».

Il pensiero non può che andare all’appello del Papa per un Natale da vivere nella sobrietà, non certo molto accolto nei nostri Natali fatti di consumi più che di fede. I tanti 25 dicembre «di un popolo di gaudenti» che forse – suggerisce l’Arcivescovo -, «provano un certo imbarazzo di fronte al bambino di povera gente deposto in una mangiatoia, ma che credo siano piuttosto un popolo che si sottovaluta e si rassegna alla banalità perché trova troppo inaccessibile la gioia, troppo impraticabile la via di Gesù, troppo lontano Dio e la sua santità».

Gesù, il primo, l’unico, il «numero uno»

Eppure, Dio è tanto vicino da farsi uomo, nel semplice «figlio di Maria di Nazaret, apprendista falegname nella bottega di Giuseppe», con la sua vita unica «in quel frammento di tempo e di terra irripetibili», che «non sono una specie di telone bianco sui cui proiettare qualsiasi cosa e far diventare Gesù quello che ciascuno si aspetta, una sigla per introdurre qualsiasi spettacolo». Gesù che «nella sua singolarità irripetibile è diventato il Primogenito di molti fratelli».

E se noi «tutti poveri zeri», in qualche momento di tristezza e di scoraggiamento, finiamo per pensare di essere «una presenza insignificante che non conta nulla per nessuno, che non vale niente», il Natale di Gesù ci ricorda, invece, la dignità dei figli di Dio che fa divenire «una cifra importante, un patrimonio prezioso».

«Più sono gli zeri che hai accumulato e più grande è il valore che si realizza per questa presenza di Gesù, il numero uno, l’unico, che diventa il primo. Si può dire che davanti alla serie interminabile degli zeri, è stato messo il numero “uno”: così gli zeri sono diventati il patrimonio incalcolabile che arricchisce inesauribilmente la comunione dei santi». «Per questo – conclude l’Arcivescovo -, possiamo trovare il nostro posto nel presepe, sentirci a nostro agio insieme a Maria e Giuseppe, raccogliere l’annuncio degli angeli e dire che questa nostra povera storia diventa storia di salvezza».

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E, prima della benedizione papale con l’indulgenza plenaria – impartita dall’Arcivescovo per facoltà ottenuta da papa Francesco nella forma consueta della Chiesa -, l’augurio: «Desidero che questa benedizione sia riconosciuta come una dichiarazione di alleanza. Dio vuole essere nostro alleato per il bene, dunque anche noi possiamo compiere le opere di Dio per grazia di Spirito santo. E voi benedetti da Dio siate benedizione per quelli che vi incontrano». 

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