«La pratica della cooperazione è una realtà che valorizza tutti gli aspetti della persona e la qualità relazionale e che, proprio per questo, è capace di generare speranza. La presenza delle Cooperative è un bene per tutta la società». È questa la convinzione da cui prende avvio la riflessione dell’Arcivescovo che incontra il mondo di Confcooperative, visitando l’ampio e modernissimo hub di “Vesti solidale” a Rho.
La visita
Visita che si inserisce nel contesto di altri momenti vissuti in diverse aziende nella settimana della Festa del Lavoro e per cui il vescovo Mario ha incontrato operai e maestranze del textile hub, il più grande impianto per il trattamento e il riciclo dei rifiuti tessili del Nord Italia, gestito dalla cooperativa sociale “Vesti Solidale”. Ad accoglierlo il presidente Matteo Lovatti e oltre 100 lavoratori e lavoratrici dello stabilimento inaugurato a marzo 2024. Presenti anche i rappresentanti del mondo cooperativo e di Caritas Ambrosiana: Giovanni Carrara, presidente di Confcooperative Milano e dei Navigli; Massimo Minelli, presidente di Confcooperative Lombardia; Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana; Ileana Malfatto, vicepresidente del Consorzio Farsi Prossimo. Accompagnato da don Nazario Costante, responsabile del Servizio per la Pastorale Sociale e del Lavoro e da Matteo Lovatti, presidente di “Vesti solidale”, l’Arcivescovo è entrato nei grandi spazi della struttura nata grazie a un investimento di 8 milioni di euro e che si estende su 12.000 metri quadrati con una capacità di trattamento che raggiunge le 20.000 tonnellate l’anno e un’organizzazione che integra criteri ambientali e impatto sociale.

Insomma, una visita concordemente considerata da tutti i partecipanti, interessante e proficua con una presenza, quella dell’Arcivescovo, che onora un lavoro impegnativo e importante per tutta la comunità. «Vogliamo chiederci oggi quali nuovi terreni possiamo esplorare tramite la cooperazione, con una speranza che si fa azione con coraggio, spirito sinodale e uno sguardo di profezia e vocazione sociale, sottolinea don Costante.
«Nei luoghi di lavoro entro sempre come qualcuno che deve imparare, Ogni frammento, ogni parola, ogni intervento mi istruisce e di questo sono grato», chiarisce subito il vescovo Mario. «La prima parola da cui mi sembra giusto partire è questa: “tutto si tiene”». Come testimonia lo slogan “Le persone al centro, l’ambiente intorno” che guida la logica di “Vesti solidale” e che tanto a che fare con il sistema della Confcooperative che, in Lombardia associa oggi oltre 2.200 cooperative con mezzo milione di soci che generano lavoro per più di 102 mila persone, tra cui oltre 6.000 lavoratori provenienti da categorie svantaggiate.
Resistere in trincea contro la frantumazione
«Tutto è connesso in una relazione irrinunciabile, come ha evidenziato papa Francesco, ma al contrario sembra che molti segnali dicano che “tutto si frantuma”».
«Le logiche che governano il nostro tempo – spiega, infatti, Delpini – non sono logiche di connessione virtuosa, ma di frantumazione per contrapporsi, per isolarsi, per disperare. La speranza, la coesione, la pace sono l’alternativa a questo frantumarsi».
A fronte di tali segnali che, per l’Arcivescovo, «sono preoccupanti con problematiche che fanno pensare», sta la forza della capacità profetica del mondo cooperativo.
«Tutto si frantuma, ma noi crediamo e, perciò, resistiamo. La cooperativa non è solo una creazione poetica e promettente che dà un segnale, ma un impegno per resistere alla frantumazione. Oggi l’economia si frantuma contro la finanza; si mettono in opposizione la solidarietà e la finanza; la finanza e la politica si sfruttano a vicenda. Noi non siamo quelli che vedono tutto catastrofico o idealizzato, ma di quelli che resistono: ognuno deve lottare nella propria frontiera, nella propria trincea, perché questa frantumazione non travolga tutto»

Poi, una seconda indicazione legata proprio alla parola “cooperativa”, che racconta il lavorare insieme. «Una forma di lavoro che non è asimmetrica, dove c’è il datore e il dipendente, ma un luogo dove tutti hanno la stessa responsabilità, la stessa dignità, la stessa capacità di decidere».
Da qui la presenza delle cooperative che, appunto, sono un bene per tutta la società che, a sua volta, deve riconoscere per questo «il valore aggiunto» di tale presenza.
Le cooperative, un valore aggiunto per la società
«La società, la legislazione, la burocrazia devono riconoscere questa originalità: non come una concessione ad esistere, ma come un bene comune. Anche la finanza va provocata. I cattolici, a partire dal secolo scorso, avevano immaginato una finanza non finalizzata al profitto, ma centrata su un benessere condiviso e il tema del “tutto si tiene” riguarda anche l’amministrazione locale. Tutti noi sperimentiamo come la burocrazia e il sistema delle autorizzazioni rappresentino, invece, spesso un peso: sembra ci sia un sospetto verso chi prende iniziativa. La Chiesa cattolica e il mondo cooperativo hanno una forza profetica che deve provocare l’aspetto istituzionale, normativo, finanziario». Essere di stimolo, cioè, a porre la dignità e la centralità della persona come visione ineliminabile non solo della fede, ma della politica, dell’economia e della società, con tutto ciò che questo comporta: «la famiglia, la cultura, la generatività, la possibilità di avere figli e un’abitazione dignitosa».
Altrimenti la “persona” rischia di diventare solo uno slogan, mentre – scandisce ancora l’Arcivescovo – «è una concretezza di relazioni. Un aspetto concreto di questa centralità è il contributo che ciascuno può dare all’efficienza, alla qualità del prodotto, ma anche al clima in cui si lavora. Il tema della solidarietà impone una responsabilità: che ciascuno si trovi bene, sia rispettato, incoraggiato, persino guarito nel mondo del lavoro. È un compito di tutti».
Infine, un pensiero che il vescovo Mario propone quasi come una confidenza. «Quale cultura del vestire e questo gestire i vestiti può insegnare? Che idea di vestire c’è nella moda, nella mente degli stilisti? È chiaro che il vestito sia un oggetto, ma che faccia anche parte della cura della persona. Quindi, riciclare un vestito, darne uno a chi ha bisogno, è un gesto culturale. Forse le cooperative hanno la forza di tradurre, per i nostri territori, un modo nuovo di intendere il vestire?. Il vescovo di Milano non può far finta che non esista la finanza, la moda, la grande produzione, le eccellenze e, quindi, interrogare e interrogarsi su questi temi è interessante».




