Share

In Curia

Delpini ai nuovi parroci: «Coltivate la profezia del Vangelo e la fraternità dei rapporti» 

L’Arcivescovo ha presieduto il rito per l’immissione di quattro sacerdoti nell’incarico di guidare una comunità: «Mettetevi a servizio, sapendo che vi aspetta qualche fatica e nel rispetto della storia in cui vi inserite»

di Annamaria BRACCINI

1 Marzo 2024
La riflessione dell'Arcivescovo

Un momento spirituale e di grazia e non un adempimento solo formale. L’Arcivescovo, presiedendo la celebrazione della Parola per l’immissione nell’ufficio di parroco e per l’avvio ufficiale di una Comunità pastorale, definisce così il semplice, ma significativo rito che si svolge nella piccola cappella interna all’Episcopio.

Quattro i sacerdoti immessi in un nuovo ruolo pastorale: don Giuseppe Facchineri, nuovo parroco della parrocchia milanese del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo; don Matteo Gignoli (accompagnato dal vicario parrocchiale don Andrea Mellera), responsabile della neonata Comunità pastorale San Giacomo e Sant’Agnese a Olginate (che comprende anche Santo Stefano a Garlate e Divin Salvatore e Santa Teresa di Gesù Bambino a Pescate); don Stefano Ildefonso Rocca, parroco a San Giovanni Battista di Cernusco Lombardone; don Giuseppe Sala per San Vigilio a Calco e i Santi Gottardo e Colombano ad Arlate di Calco. Accanto a monsignor Delpini il Vicario episcopale per la Zona I monsignor Giuseppe Vegezzi e il Cancelliere arcivescovile monsignor Marino Mosconi.

I quattro nuovi parroci

Mettersi a servizio

Dopo la lettura della pagina giovannea del Buon Pastore, la breve omelia dell’Arcivescovo indica 3 parole su cui focalizzare l’impegno e l’attenzione pastorale: «Noi siamo a servizio e, dunque, dobbiamo affidarci a Gesù buon pastore. È lui che dà la vita per le sue pecore, lui che le conosce, che le ama, che le conduce. Mi pare che il nostro rischio sia, talvolta, di avere uno sguardo troppo puntato su quello che c’è, che si vede, che si dice, invece di vedere quello che Dio fa. Qualche volta mi pare che siamo così assorbiti dal nostro ruolo che non riusciamo a vedere l’opera di Dio. La prima parola che vorrei dirvi in questo momento di grazia che è Gesù il buon pastore e noi siamo solo dei servi».

L’Arcivescovo tra monsignor Vegezzi e monsignor Mosconi

Una seconda parola è ispirata dalla Lettura del primo capitolo del profeta Geremia, che «mette in evidenza la responsabilità che abbiamo di dire qualcosa che, forse, è anche impopolare e che può incontrare ostilità, come accadde a Geremia stesso. Certo, non avrete le difficoltà del profeta, ma qualche fatica vi aspetta. La profezia che, però, vi viene affidata non è quella di irrompere come gente che deve riformare la Chiesa, ma di mettervi a servizio come gente che deve accompagnare delle persone, come mandati dal Signore per dire una parola che si chiama Vangelo, la buona notizia. Questo mondo ne ha bisogno».

Il giuramento

Avere stima per la storia in cui si entra

Infine, l’attenzione da coltivare per «la storia in cui si entra, per quello che si è fatto, la stima per chi ci ha preceduto, la capacità di dialogare anche se il confronto con il predecessore può essere difficile», perché occorre «vivere una fraternità superiore. Inserirsi in una storia, che ha tanto da insegnarci prima ancora che noi possiamo avere un contributo originale da dare, è un dato e una grazia».

Poi, la professione di fede, il giuramento di fedeltà dei quattro presbiteri nell’assumere il nuovo incarico posando la mano sui Vangeli, la lettura dell’Arcivescovo del Decreto di immissione in possesso a norma del canone 527, la preghiera universale, la recita corale del Padre Nostro e il canto della Salve Regina.