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Milano

«È tempo di essere presenza significativa nella città testimoniando la comunione che ci unisce»

L’Arcivescovo ha presieduto il Pontificale nella Solennità della Dedicazione della Chiesa cattedrale, il Duomo, la casa di tutti i milanesi

di Annamaria BRACCINI

16 Ottobre 2022

«Tutto il popolo milanese trova in Duomo la sua casa perché noi qui ospitiamo il mondo, portiamo le grandi intenzioni per la pace, per la giustizia, per il sollievo da tutte le malattie, facendo sintesi del dolore, del gemito, della festa e portando tutto questo all’altare».

Gli anniversari

Nelle parole iniziali dell’Arcivescovo si coglie per intero il significato della Cattedrale e il senso della Solennità della sua Dedicazione che, come ormai da un millennio e mezzo, torna nella terza domenica di ottobre. Ad animare la liturgia, oltre la Cappella musicale del Duomo, la Cappella musicale ambrosiana, la corale polifonica di Rivolta d’Adda, la Corale Santa Cecilia di Novate milanese, il coro liturgico dei santi patroni d’Italia e i Musica laudantes. Festa del Duomo, di chi vi assicura la preghiera quotidiana, di chi si occupa dell’accoglienza e del servizio liturgico, dei tanti fedeli che, per l’occasione, l’affollano.
Insomma, di tutti coloro che, a diverso titolo, vengono ringraziati dal vescovo Mario che presiede il Pontificale, concelebrato dai Canonici del Capitolo metropolitano, con l’arciprete, monsignor Gianantonio Borgonovo che porge il saluto iniziale, ricordando alcuni anniversari importanti. Come quelli del 70esimo di Ordinazione sacerdotale del vescovo, monsignor Angelo Mascheroni, primicerio del Capitolo, e del 65esimo dei monsignori Giordano Ronchi, arcidiacono e Inos Biffi teologo del Capitolo stesso.

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Senza dimenticare ciò che, storicamente, è la Dedicazione nella terza domenica di ottobre, con una tradizione che si fa risalire, addirittura a prima della vera e propria edificazione del Duomo. Infatti, nel 452, la chiesa di Santa Tecla venne riconsacrata dopo la devastazione degli Unni. E, poi ancora, nell’836, la consacrazione della basilica di santa Maria Maggiore (da questi 2 antichi luoghi di culto, sorgerà il Duomo), per arrivare alla III del 1418. quando papa Martino V consacrò l’altare della Cattedrale ancora in edificazione, fino a San Carlo che, nel 1577, consacrò per la prima volta il Duomo. Infine nel 1986 sarà il cardinal Martini a riconsacrare l’altare.

Il Duomo: simbolo della Chiesa dalle genti

Insomma, una vicenda plurisecolare che testimonia un radicamento millenario, ma anche la capacità della Chiesa ambrosiana e del suo simbolo di adeguarsi ai tempi che oggi hanno il volto della Chiesa dalle genti. Riunita per dire la gratitudine al Signore «perché il buon pastore è venuto a cercarci nella nostra dispersione e smarrimento, perché la salvezza si riconosce nel segno della comunione che ci unisce; perché siamo tutti perdonati, servi inutili elevati alla dignità dei figli», sottolinea l’Arcivescovo.

Chiaro il riferimento alla Cattedrale, la «casa di tutti i milanesi».
«La misericordia di Dio convoca la Chiesa, come questo Duomo che, per secoli, ha accolto popoli di ogni lingua e provenienza, che accoglie ogni giorno persone che vengono da ogni parte per motivazioni, talvolta, anche molto distanti dalle ragioni per cui questo luogo è stato costruito. E questa la Chiesa dalle genti».
«La misericordia ha convocato i figli dispersi e il frutto della convocazione è la formazione del popolo di Dio. L’intenzione della convocazione è quella di rendere i molti una cosa sola perché diventiamo un cuore solo e un’anima sola. Di questo rendiamo grazie».
Segno di tale convocazione è la Cattedrale.
«Noi qui ci incontriamo volentieri, desideriamo che tutti vi vengano volentieri e che la partecipazione fruttuosa alla liturgia del Duomo e in ogni chiesa della Diocesi alimenti la comunione lieta, cordiale e costruttiva. Accogliamo volentieri l’invito a correggere i difetti che creano malumore tra noi, a superare gli schieramenti che creano distanze tra fratelli e sorelle».

In Diocesi ci sia ovunque una porta aperta all’accoglienza

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E, così, dalle parole del vescovo Mario arriva anche un preciso monito.
«Forse è tempo di superare l’ossessione di continuare a contare le presenze e di deprecare le assenze, di avere uno sguardo di fede, un animo aperto all’accoglienza. Forse è tempo di lasciare perdere l’abitudine a fare della liturgia un argomento per criticarsi a vicenda, per rivendicare un proprio punto di vista. Forse è tempo di assumere la grazia che ci rende un cuor solo e un’anima sola, presenza significativa nella città proprio per quella comunione che ci unisce, per quella letizia del vivere fraterno che ci deve contraddistinguere».

Il pensiero non può che andare al cammino sinodale e ai Gruppi Barnaba che proprio nella festa della Dedicazione 2021 avevano ricevuto il mandato. «L’opera generosa del gruppo Barnaba, che si orienta a dare vita e forma all’assemblea sinodale decanale e della Consulta chiesa delle genti – in questi giorni confermata nel suo ruolo e rinnovata nella sua composizione – si mettono al servizio di questo cammino diocesano, perché in ogni luogo della Diocesi ci sia una porta aperta all’accoglienza e uno sguardo attento a interpretare le vie della missione. Infatti siamo popolo di Dio per essere missione. La celebrazione del Festival della Missione, che si è concluso in Duomo domenica 2 ottobre scorso, e la celebrazione della veglia missionaria-Veglia in traditione Symboli, sabato 22 ottobre sempre in Duomo, esprimono questa passione e responsabilità perché la missione sia la gioia, la vita, l’impegno di tutto il popolo di Dio radunato in questa nostra terra, in questa nostra Chiesa, in questo nostro Duomo».

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