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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Consacrazione

«Il vostro “Eccomi” è un dono per la Chiesa e un segno per la società»

Nel pomeriggio di domenica l’Arcivescovo ha consacrato in Duomo 9 nuove sorelle dell’Ordo Virginum, dopo un cammino di preparazione di 6 anni. Una scelta che monsignor Delpini ha definito “rivoluzionaria” per il nostro tempo  

di Annamaria BRACCINI

8 Settembre 2024
Foto Paola Meloni / ITL

«Celebriamo la consacrazione di queste nostre sorelle come una festa che pone al centro ciascuna con il suo nome e la sua storia, una festa che ci raduna per dichiarare la stima e l’affetto che nutriamo per loro, insieme però riconosciamo, in questa celebrazione della consacrazione nell’Ordo Virginum, un messaggio, un dono per tutta la Chiesa e una parola rivoluzionaria rivolta a tutta la società: i segni di un umanesimo cristiano che ha come principi fondamentali l’opera di Gesù che chiama alla vita e alla sequela e la libertà di una persona che può rispondere “Eccomi”».

In una giornata plumbea e di pioggia scrosciante, il Duomo pieno di luce, in cui risuonano queste parole dell’Arcivescovo, è quasi l’immagine concreta di quella luce che viene sempre, pur nella diversità dei carismi, dal dire “Sì” alla chiamata di Dio. Come hanno fatto le 9 nuove sorelle dell’Ordo Virginum che, nella celebrazione presieduta in Duomo con il rito della loro consacrazione dal vescovo Mario, hanno detto il loro sì definitivo e sponsale al Signore.

Foto Paola Meloni / ITL

9 donne che, dopo un cammino durato 6 anni, giungono a questo momento solenne con tutta l’emozione che si vede sui loro volti, ma che si percepisce nell’intera Cattedrale, tra le madrine, il centinaio di “Ordo” ambrosiane consacrate e in formazione presenti sulla totalità delle 150 che conta la nostra Diocesi (600 complessivamente in Italia), nei parenti, negli amici e in chi le ha accompagnate nel percorso così come nei canti animati dal coro dei parrocchiani delle candidate. Tra cui vi sono musiciste, scienziate, insegnanti, educatrici, infermiere, ma anche operaie, econome e casalinghe, con un’età che oscilla dai 36 ai 50 anni, a rappresentare un mondo che rispecchia la società attuale in cui la donna ricopre differenti ruoli lavorativi e molteplici servizi pastorali. Quest’anno, tra loro, anche una consacranda originaria del Perù. 

In altare maggiore concelebrano una quarantina di sacerdoti, tra cui il vescovo monsignor Giuseppe Merisi, il delegato arcivescovile per l’Ordo Virginum, don Dario Balocco, il suo predecessore don Davide Milanesi e il vicario episcopale per la Vita consacrata e le forme di nuova consacrazione, monsignor Walter Magni.

«Queste sorelle chiedono oggi il dono della consacrazione per poter attendere, in modo ancor più cristallino, la venuta del Signore che sta a cuore a tutti noi», dice don Balocco, porgendo il saluto di benvenuto, a cui risponde il ringraziamento dell’Arcivescovo per le consacrande e per coloro che le hanno preparate.

La chiamata per nome, l’“Eccomi, Signore”, l’accensione al cero pasquale posto in altare maggiore delle lampade (simbolo tipico anche della consacrazione nell’Ordine delle Vergini e che alcune delle candidate portavano tra le mani spente nella processione iniziale), precedono l’omelia, avviando la liturgia propria della consacrazione che, come scandisce monsignor Delpini nell’omelia, apre «la via per un nuovo umanesimo».

Foto Paola Meloni / ITL

Un nuovo umanesimo

«Per tanti aspetti – spiega – si ha l’impressione di vivere in una società stanca, vecchia, in declino,  in un contesto di individualismo autoreferenziale, come se ciascuno si ritenesse principio e criterio della vita, della verità, del bene e del male. Per tanti aspetti si ha l’impressione di vivere in un contesto smarrito e disperato, soffocato dalla violenza domestica, di strada, a livello planetario».

Eppure è proprio «in questo contesto deprimente che sono state pronunciate le parole che indicano la via per un nuovo umanesimo. Le donne che si consacrano nell’Ordo virginum, infatti, fanno la loro dichiarazione di una scelta personale, maturata in una storia familiare e comunitaria, ma singolare, che presenta un segno ammirevole e rivoluzionario. Abita nella vita di queste sorelle un principio di stupore e di gratitudine: si fanno avanti per la consacrazione perché il Signore le ha chiamate». Ed è, appunto, questo il principio del nuovo umanesimo: «l’incontro con Gesù Cristo, risorto, vivo, che dà forma alla vita».

Foto Paola Meloni / ITL

Il messaggio rivoluzionario

È tutto qui quel messaggio che il vescovo Mario definisce «rivoluzionario».

«Le scelte della vita hanno principio nel rapporto con Gesù. Questa esperienza è un elemento di sorprendente novità in un contesto in cui il criterio per decidere non è la chiamata, non è la relazione, ma piuttosto la solitudine in cui il singolo, facendo le sue scelte, ne diventa criterio. In questa solitudine, che si chiude su di sé e rivendica la sua autosufficienza, è seminato un principio di morte, mentre l’umanesimo cristiano ha la persuasione che la vita sia vocazione non come uno slogan logoro, ma come la testimonianza di una chiamata e della libertà che si compie nella risposta a tale chiamata».

Foto Paola Meloni / ITL

La libertà della vita consacrata

«In questa libertà, che si decide nel consegnarsi per sempre alla vita consacrata, si contesta quella forma diffusa di pensare che interpreta la vita come frutto di un fatalismo, come ingabbiata in un combinazione di fattori indecifrabili e incontrollabili. Le sorelle che si consacrano professano, invece, il secondo principio irrinunciabile dell’umanesimo cristiano: la libertà. Gli anni passati, fino a giungere a questo momento solenne e irripetibile, non sono stati un girovagare smarrito nell’accumulare esperienze, ma anni di grazia per sperimentare l’attrattiva e la pazienza di Gesù».

Questa è la libertà piena che viene da una vita che si apre alla consacrazione.  

«La libertà per le vergini consacrate è la risposta all’amore del Signore Gesù che le chiama. Non è in primo luogo una chiamata a fare qualche cosa, non è assumere un incarico particolare nella vita delle comunità cristiana o della società, non è un ruolo, non è per un lavoro, non è un mestiere. È consacrazione che diventa missione a santificare la vita ordinaria, tutti gli aspetti, tutte le situazioni. La vita, in qualsiasi posto, in qualsiasi età, in qualsiasi condizione fisica, in qualsiasi modo di abitare, trova il suo senso nel vivere nell’amore, nell’essere risposta libera da cui tutto è trasfigurato».

Poi, la prosecuzione dell’intensa liturgia della consacrazione: il “Sì, lo voglio”, le Litanie dei Santi, con le candidate prostrate a terra in altare maggiore, il proposito di castità, la preghiera di consacrazione e i riti esplicativi attraverso i segni della consegna dell’anello, – che esprime l’unione sponsale è la fedeltà a Cristo – da parte dell’Arcivescovo e del Libro della liturgia delle Ore, la preghiera della Chiesa, ricevuto dalle ormai consacrate come dono e impegno.

Alla fine non manca il tempo per la grande foto gruppo, gli abbracci  e tante lacrime di commozione.   

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