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Riflessione

Come abitare la terra senza calpestarla e facendo il bene?

La pandemia ha dato il via a trasformazioni urbanistiche e sociali oggi non più rimandabili. Se ne parlerà il 15 gennaio nella quarta sessione del percorso diocesano di formazione sociopolitica

di Walter MagnoniResponsabile del Servizio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro

9 Gennaio 2022

«Il 2020 è stato l’anno del test planetario. Con la pandemia le città di tutto il mondo hanno cominciato, per necessità e non per virtù, a rimettere mano alle strade, alle piazze, agli spazi pubblici. […] La necessità di contenere i contagi ha ricollocato in strada molte attività che prima si svolgevano solo negli interni. La pandemia ha, in un certo senso, tolto l’ultimo velo di ipocrisia sulle nostre vite metropolitane: sono improvvisamente considerate meno abitabili quelle città dove predominano le automobili sullo spazio dei pedoni e dei ciclisti, dove siamo soffocati dall’inquinamento concentrato dovuto al traffico e al consumo di suolo, dove tempi, consuetudini e comportamenti sono organizzati intorno a picchi orari incompatibili con la varietà degli stili di vita».

Nel titolo un programma

Così Elena Granata, nel suo ultimo libro Placemaker, riflette sui cambiamenti in atto nelle nostre città. È un tema caro a una delle urbaniste più acute del nostro tempo; pensieri maturati negli anni e già presenti nel fortunato testo Biodivercity, il cui sottotitolo era un programma per l’oggi: «Città aperte, creative e sostenibili che cambiano il mondo». Biodivercity uscì poco prima del Covid ma introduceva intuizioni e prassi che la pandemia ha poi accelerato.

La politica, anche nell’etimologia della parola stessa, è un “fare” le città; un costruire gli spazi urbani del futuro. Per realizzare città sostenibili e belle è necessario proporre una visione e questo sarà il compito di Elena Granata al prossimo appuntamento della scuola di formazione sociopolitica.

Un percorso cittadino

L’attesa dei partecipanti è quella di avere spunti e suggerimenti su come abitare la terra senza calpestarla. Sentiamo tutti la necessità di spazi e luoghi che creino comunità e superino le paure del nostro tempo. La pandemia ha accentuato la diffidenza verso chi non conosciamo. Ma come fare? Da quale sguardo partire?

Oltre a Elena Granata, saranno presenti il sindaco di Lecco e di Erba: due città che stanno ripensandosi. Inoltre, questo appuntamento diocesano vorrebbe dare avvio a “Laboratorio Lecco”, ovvero un percorso cittadino il cui obiettivo è quello di costruire spazi di dialogo tra cattolici e non nel comune desiderio di rendere sempre più abitabili i nostri territori.

La denuncia di Calvino

All’inizio degli anni Settanta, Italo Calvino pubblicava Le città invisibili e già denunciava per esempio il problema dei rifiuti urbani. «Più Leonia espelle roba più ne accumula […] Forse il mondo intero, oltre i confini di Leonia, è ricoperto di spazzatura». Ma questo è solo uno dei problemi dei nostri borghi. Certo, non una questione di poco conto, insieme all’inquinamento, al consumo di suolo e alla fatica di muoversi in sicurezza. Ma di fondo resta anche la domanda su come favorire gli incontri tra le persone, i momenti ludici dei ragazzi e dove poter pregare e avere spazi per la cultura, l’arte e la ricerca del bello. Città che coniughino etica ed estetica e che soprattutto siano attente ai più fragili e non scartino nessuno, ma accolgano chi è solo e anziano. Tutto questo è solo utopia oppure è possibile immaginare paesi dove vivere bene senza che il male prevalga? Nell’inverno demografico che stiamo attraversando, mi piace sognare città a misura di bimbi dove le varie generazioni possono convivere in armonia.