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Le Assemblee sinodali decanali

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Bilancio

Assemblee sinodali, sguardo al futuro in continuità con il cammino compiuto

Dopo un triennio gli organismi decanali fanno il punto sul percorso effettuato: alle porte una revisione della Nota pastorale che le ha create. Simona Beretta, moderatrice della Consulta diocesana Chiesa dalle Genti: «Lavoreremo sul compito missionario e su alcuni aspetti tecnici»

di Annamaria BRACCINI

24 Giugno 2025

La parola-chiave è stata «futuro», ma accompagnata dalla convinzione specifica che occorra continuità. Nella recente sessione residenziale del Consiglio episcopale milanese si è parlato delle Assemblee sinodali decanali (Asd), nel contesto di una riflessione a 360 gradi che ha toccato i tre anni di cammino già compiuto e il futuro che seguirà. Come spiega Simona Beretta, moderatrice della Consulta diocesana Chiesa dalle Genti: «Al Cem abbiamo realizzato un focus esattamente su questo. Futuro significa che le Assemblee sinodali decanali continuano nel loro agire missionario, con un’attenzione particolare a essere Chiesa in uscita, procedendo tuttavia a una revisione della Nota pastorale che le ha costituite (vedi qui il testo integrale, ndr)».

Perché è necessaria questa revisione? 
Dopo tre anni di lavoro – anzi, quattro se aggiungiamo i Gruppi Barnaba – si è evidenziata una serie di elementi messi a fuoco dalle varie Assemblee e che, a nostro giudizio, sono bisognosi di un miglioramento e di una modifica, legata anche al fatto che, anche se vi sarà tecnicamente una chiusura del percorso, non si tratterà di una vera e propria chiusura, ma di un cammino che immaginiamo in continuità con quanto fatto precedentemente.

Simona Beretta

Quali sono i punti più rilevanti sui quali lavorerete?
Abbiamo registrato rilievi che riguardano, per esempio, il compito missionario: ci sono domande più di senso e interrogativi riguardanti maggiormente gli aspetti tecnici. Rispetto a questo compito, esiste una domanda di fondo che le Assemblee si pongono rispetto al loro ruolo, a cosa hanno compiuto e a come si collocano nel panorama dell’azione missionaria dell’intera nostra Chiesa. Lavoreremo insieme su una definizione più accurata e precisa dello scopo delle Asd che, talvolta, sentono la fatica di un organismo ancora nuovo e, quindi, di non facile comprensione. E questo sia all’interno delle Assemblee stesse (soprattutto quando c’è magari il cambio di qualche membro), sia nella Chiesa territoriale. Come dicevo, c’è poi qualcosa di più tecnico su cui insistere, come la formazione, l’avvicendamento dei componenti delle Assemblee o la fraternità da sviluppare con il Clero.

Dopo questo triennio che tipo di bilancio si può stilare? È un momento di stasi o, al contrario, di una rinnovata vivacità proprio in vista delle modifiche alla Nota pastorale?
Direi che siamo in una fase di amore maturo: c’è senz’altro l’entusiasmo dei primi momenti, avendo ritrovato il senso profondo dell’essere testimoni, ma anche, sicuramente, una maggiore consapevolezza delle fatiche che si stanno vivendo, anche a livello di impegno richiesto alle persone coinvolte. Fatiche che riguardano il dualismo tra fare cose o essere Chiesa e la complessità di stare dentro un processo. Quindi c’è la consapevolezza che l’Assemblea è una scelta profetica che chiede continuamente conversione e di “ridirsi” il perché esista e agisca in un certo modo. Più volte, visitando il territorio con il Vicario generale monsignor Franco Agnesi e con Susanna Poggioni, segretaria della Consulta, ci siamo sentiti spesso ripetere: «Non possiamo chiudere qui l’esperienza, non possiamo passare il testimone perché abbiamo appena iniziato a lavorare, a costruire relazioni e sarebbe bello poter continuare». Tenendo conto di tutto questo, l’idea è che si prosegua facendo passi in avanti, anche modificando e migliorando, ma sempre mantenendo un processo di continuità.