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Testimonianza

Una famiglia affidataria: «Nel cuore resta per sempre la strada condivisa»

Elena e Matteo Riganti, di Cardano al Campo, sposati da 28 anni e genitori di tre figli, hanno in corso tre affidi. Racconteranno la loro esperienza al convegno di Anania del 3 febbraio: «Abbiamo imparato a lasciar andare, ma niente finisce davvero»

di Stefania CECCHETTI

3 Febbraio 2024

Elena e Matteo Riganti, la speranza la vivono tutti i giorni. Bisogna proprio essere capaci di scommettere sul futuro per costruire una solida vita insieme (28 anni di matrimonio, per la precisione), accogliere tre figli propri (che oggi hanno 27, 25 e 24 anni) e aprirsi anche all’esperienza dell’affido. Elena e Matteo porteranno la loro testimonianza come famiglia al convegno che Anania, lo sportello di orientamento all’affido e all’adozione di Caritas ambrosiana e del Servizio per la famiglia, organizza sabato 3 febbraio, alla vigilia della Giornata per la vita.

A presentare la famiglia è Matteo: «Siamo il papà e la mamma di Daniele, Davide e Marta, ormai grandi. Ma negli anni siamo stati genitori anche di: Makemè, Ayoub, Maria e Tahia, Mamussu, Alex e Gabri, Bax, Bilal e Bijad, Elias, Nicole, Michele, Stefano, Angela…». Nomi e volti che si affollano nella mente e nel cuore, in ordine sparso: «Dal nostro primo “sì” all’ affido, che ha portato nella nostra casa Ayoub, di 7 anni, è stato un lungo cammino fatto di sguardi, di ascolto, di condivisione, di fatiche e di gioia».

Matteo ci racconta che la loro casa di Cardano al Campo è abbastanza grande, ma in fondo non è lo spazio fisico quello che conta, quanto quello nel cuore. In questo momento sono ben tre gli affidi che i Riganti hanno in corso: «Sono con noi due bambini piccoli, di tre e di due anni e mezzo, e da ottobre c’è anche Angela che, pur essendo maggiorenne, aveva bisogno di una famiglia di appoggio per portare avanti i suoi progetti di vita, in primis diplomarsi al liceo artistico. Angela ha una sua famiglia, che abita qui in zona, con la quale ha mantenuto i contatti».

È questa una delle ricchezze dell’affido, secondo Matteo: «Ti mette in contatto con le famiglie di origine e allora si possono creare legami forti, che rimangono nel tempo». A loro è successo anni fa con Yasmine e Moustafa, musulmani, come racconta Elena: «Lui lavorava di notte, lei era ricoverata per importanti terapie. Le loro bambine, Maria e Tahia, di 6 e 11 anni, stavano con noi dalla sera alla mattina. Yasmine e Moustafa ci hanno affidato le loro figlie, fidandosi di noi, sconosciuti, diversi per cultura e religione. Abbiamo ben impresse le loro domande, le preoccupazioni e il loro sguardo impregnato di dolore, le loro lacrime».

I Riganti hanno vissuto insieme a Moustafa il dolore per la morte di Yasmine. Fa notare Matteo: «Nella coppia, con i figli, quando si comincia un affido: si spera sempre che vada tutto come noi desideriamo, ma non sempre le aspettative si realizzano». Eppure, le avversità non spengono la Speranza, quella con la S maiuscola, come spiega Elena: «Con l’affido abbiamo imparato a lasciar andare. I nostri bimbi rientrati in famiglia, ma anche Yasmine, tornata alla casa del Padre. Sappiamo però che niente finisce davvero, nel cuore resta per sempre il ricordo di un pezzo di strada condivisa. Ci siamo innamorati del Gesù delle strade: di come camminava, di come guardava, di come piangeva, di come lavava i piedi agli amici, di come accoglieva le persone che incontrava. Così è successo anche a noi con gli amici degli affidi: siamo entrati nelle loro case, nelle loro storie, nella loro intimità. E loro han fatto così con noi».

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