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Tettamanzi, le parole e i gesti

Sirio 26-29 marzo 2024
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8 settembre 2011

«A te, Chiesa di Milano, il Signore doni “gioia e pace”»

Nell'omelia del Pontificale di Santa Maria Nascente in Duomo, che segnò il suo congedo, il cardinale Tettamanzi rivolse alla Diocesi un augurio che prendeva spunto dal suo motto “Gaudium et pax”

8 Settembre 2011

È stata la sua ultima omelia in Duomo alla guida della Diocesi ambrosiana (guarda il video). Carica di gioia e serenità, ma accompagnata «da quei sentimenti umani che sono legati ad alcune inevitabili forme di distacco». Il cardinale Dionigi Tettamanzi si congeda così ripercorrendo quelle che sono state le sue bussole in questi nove anni di episcopato sulla cattedra di Ambrogio e Carlo.

«Sento oggi quanto mai viva in me la verità affascinante e impegnativa del motto episcopale che da 22 anni mi accompagna come Vescovo: Gaudium et pax. I sentimenti e lo stile con cui volevo servire la Chiesa, come fratello e come Vescovo, erano nel segno della gioia e della pace. Oggi vorrei che l’esperienza della gioia e della pace non fossero tanto la sintesi del mio servizio in mezzo a voi, quanto l’augurio più semplice e appassionato per il nostro cammino e per il cammino di tutta la Chiesa aperta al domani: “A te, Chiesa di Milano, il Signore doni gioia e pace”».

Tettamanzi lascia una Chiesa viva, articolata, ricca di doni dello Spirito. «Desidero fare memoria e rendere grazie a Dio della bellezza e della luminosità di questa nostra Chiesa ambrosiana, in se stessa e nelle sue concrete comunità, nelle famiglie e nelle singole persone. Ci sono vivi, nascosti e manifesti, molti doni e numerosi carismi di fede e di esperienza spirituale; ci sono infinite generosità a servizio dei più umili e dei più poveri, in diversi contesti sociali e in mezzo a molte difficoltà. Quanta carità e buon esempio ho visto di persona in questi anni! E quanto amore!».

Un Arcivescovo sempre vicino alla sua gente: «Voglio ricordare i ragazzi e i giovani che ho incontrato, con la loro freschezza e il loro entusiasmo. Vedo davanti a me tanti genitori che amano i loro figli e desiderano per essi un futuro di verità e di giustizia, in cui possano crescere accanto a qualcuno che parli loro di Dio e del suo amore per noi. Penso a tanti uomini e donne di buona volontà che lavorano per il bene comune, affrontando molti ostacoli e con straordinaria perseveranza».

Un pensiero particolare va poi ai preti ambrosiani: «Sono molto vicino ai miei confratelli sacerdoti, verso i quali mi spingono una grande stima e un affetto sincero. Carissimi, stiamo attraversando molti cambiamenti nella Chiesa e nella società: cambiamenti che ci hanno portato anche a qualche sofferenza e ad alcune scelte non facili; ma tutto questo ci apre al futuro, ci purifica, ci riconduce all’essenziale, ci fa riflettere innanzitutto sulla nostra stessa fede e sul senso profondo del nostro ministero. Vorrei dire a tutti i sacerdoti di questa nostra Chiesa: da oggi, nell’intercessione della preghiera, vi sentirò ancora più vicini». Un grazie che si estende ovviamente ai più stretti collaboratori, dal Vicario generale, ai Vescovi ausiliari, dai Vicari episcopali delle Zone e dei settori pastorali, ai Decani, ai diversi collaboratori.

E dal Duomo Tettamanzi invia un commovente pensiero al suo predecessore: «Un saluto cordialissimo desidero rivolgere al cardinale Carlo Maria Martini, che mi ha sempre accompagnato con ammirevole discrezione e molto affetto. In questi anni ho sentito davvero il conforto e l’intercessione della sua preghiera».
Ma il suo grazie si estende a tutti, ammettendo quanto la Chiesa ambrosiana ha dato a lui: «Se ho cercato di servire e guidare questa Chiesa, devo riconoscere con gratitudine di esserne stato anzitutto io stesso edificato, incoraggiato e ricolmato di gioia grazie a un’infinità di persone – che ho cercato di salutare ad una ad una – e a molte comunità. Per questo guardo alla Chiesa di Milano e al suo futuro con umile realismo, sempre colmo di fiducia e di serenità».

Tra i pilastri che hanno caratterizzato questo episcopato c’è stato lo «slancio missionario con cui ho cercato di contrassegnare la vita della nostra Chiesa e delle nostre comunità. Fin dall’inizio del mio servizio episcopale ho voluto incoraggiare ad assumere con grande serietà la sfida di annunciare ancora e sempre il Vangelo. Sentivo nel cuore l’urgente necessità di un nuovo annuncio, a tutti e a ciascuno, ai vicini e ai lontani; non tanto con le parole, ma innanzitutto con una testimonianza personale della verità di Gesù Cristo e della bellezza della fede in una società che è in cerca di speranza».

Dopo nove anni anche un augurio esigente: «Auguro davvero che questa bellissima Chiesa di Milano – sottolinea il Cardinale – sappia rinunciare a molte cose pur di non perdere ciò che è essenziale. Forse occorrerà ridurre qualcosa dei suoi programmi e delle sue istituzioni, ma semplicemente per renderla ancora più agile e più splendente, positiva, capace di entrare nel cuore delle persone e nei bisogni più veri di questa nostra generazione».

Uno sguardo che va oltre la realtà ambrosiana, indicando uno stile ecclesiale per la Chiesa italiana: «Il nostro Paese ha bisogno di una Chiesa trasparente, che sia madre e maestra, comprensiva ed esigente, pronta solo a servire e non a conquistare, unicamente preoccupata di far incontrare Gesù Cristo mediante la fede e la carità, capace per questo di amare ogni uomo perché figlio di Dio».

Con una sola bussola: il Vangelo. Continua infatti Tettamanzi: «Nel difficile conflitto delle interpretazioni e nell’analisi complessa del tempo presente, al di là di ogni ideologia e oltre ogni opportunismo del momento, ho cercato e ho sempre chiesto a tutti voi di mantenere “fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento” (Ebrei 12,2) e di tenere come bussola il Vangelo, parola, celebrazione e vita. Non finiremo mai di ritornare all’evidenza del Vangelo, alla sua forza irresistibile e alla sua divina capacità di aprire al futuro».

Ma come, in concreto? Risponde Tettamanzi: «Si annuncia il Vangelo con una vita sobria, con una solidarietà sincera, con la giustizia che onora la dignità personale di tutti, con il coraggio di scelte profetiche. Si annuncia il Vangelo con una vita ecclesiale basata sulla comunione che fonda la collaborazione e suscita la corresponsabilità. Si annuncia il Vangelo rendendo ragione della speranza che è in noi e facendolo davanti al mondo “con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza” (cfr. 1 Pietro 3,15s), non cedendo mai a nessun risentimento, ma divenendo seminatori di gioia e di pace».

Nell’anno dedicato ai quattro secoli della canonizzazione di San Carlo non poteva mancare l’indicazione esigente della santità. «A tutti è rivolta la meravigliosa chiamata a essere santi. Questa vita spirituale profonda, che è la santità, attraversa la nostra biografia ed è ciò che rimane mentre tutto il resto passa; è la modalità unica e irrepetibile con cui il Signore ci attira nelle varie stagioni della vita. Mentre cresciamo nella santità comprendiamo la parte più vera di noi, si chiariscono i nostri compiti e si consolidano le nostre responsabilità».

Ma ora bisogna guardare al futuro. È lui il primo a indicare lo sguardo giusto. «Sì, guardiamo in avanti, fratelli e sorelle. Nella gioia e nella verità della fede, con sincero affetto auguro insieme a voi al nuovo Arcivescovo, il cardinale Angelo Scola, di entrare amato e benedetto – e nel nome del Signore – come Vescovo di questa Chiesa». Concludendo proprio con l’affettuoso saluto di Tettamanzi rivolto a colui al quale è ora affidata la guida della Diocesi: «Vorrei dire a lui che la Chiesa di Milano, nella quale è nato ed è stato battezzato, lo aspetta per compiere insieme un altro tratto di strada. La Chiesa milanese ama i suoi Arcivescovi e li aiuta moltissimo nel loro ministero».