La sessione del Consiglio presbiterale tenuta il 18 e 19 gennaio presso Villa Sacro Cuore a Triuggio è stata presieduta dall’Arcivescovo, che all’inizio dei lavori non si è limitato a un saluto, ma è entrato subito nel tema: la pastorale vocazionale nella Diocesi di Milano. Ha ripreso infine, nell’intervento conclusivo, alcuni spunti che ha raccolto nei due giorni di discussione, esprimendo la sua gratitudine per il lavoro svolto e per gli ulteriori interventi che hanno orientato il dibattito.
«Non sono i temi “eticamente sensibili”, ma i temi “pastoralmente sensibili” che ricorrono ogni volta che i Vescovi si ritrovano a discutere tra loro – ha premesso il cardinale Tettamanzi -. Tra essi è certamente presente quello della pastorale vocazionale. Quanto ho ascoltato in chiave di sintesi mi ha dato impressione di trovarmi di fronte ad alcuni contenuti molto stimolanti. Uno dei problemi più concreti non è solo quello di come far passare al Consiglio episcopale milanese le riflessioni attuate, ma come tutto questo venga diffuso a tutta la Diocesi. Un altro problema toccato riguarda le “Comunità residenziali vocazionali”. È un tema emerso come risposta alla mancanza del Seminario minore (chiuso nel 2002, ndr). In due incontri con i Decani è stato fatto notare che sarebbe meglio non utilizzare il termine “Seminario”, perché la prospettiva vocazionale è più ampia, e neppure “minore”, perché ci si rivolge non solo ai ragazzi, ma anche ad adolescenti e giovani (e giovani ormai adulti). Da qui l’idea circa la costituzione di “Comunità residenziali vocazionali”. È stata questa anche una indicazione venuta recentemente anche dal Visitatore apostolico nei Seminari diocesani».
Il tema delle “Comunità residenziali vocazionali” è stato riproposto, dunque, in sede di Consiglio presbiterale per passare da una affermazione generica a una proposta più dettagliata. A questo proposito, nella sessione di Triuggio, l’Arcivescovo ha raccolto alcuni elementi che lo aiuteranno a definire meglio questa esperienza, che dovrà essere attuata in forma sperimentale nell’anno pastorale 2010-2011.
Un’altra riflessione proposta dal Cardinale ha riguardato il ruolo dei sacerdoti al servizio del popolo di Dio. «Quando parliamo di pastorale vocazionale dobbiamo avere il coraggio di non pensare solo ai ragazzi e ai giovani, ma di partire dal mondo degli adulti e dalla ricchezza dei cammini vocazionali (matrimonio, lavoro, ambito sociale e politico…)» ha innanzitutto precisato. «Queste persone devono essere assunti come soggetti attivi e responsabili della pastorale vocazionale, da non affidare semplicemente a noi preti – ha ripreso -. Tutte le varie agenzie educative sono coinvolte. Le singole comunità cristiane, anche le più piccole, devono diventare comunità evangeliche, giardino naturale e concreto delle vocazioni cristiane. Giovanni Paolo II, nella Novo Millennio Ineunte, parlava di comunità “scuole di preghiera”. Noi potremmo parlare – ha concluso – di comunità come “scuole vocazionali”. Occorre rimettere al centro il tema vocazionale nelle singole comunità cristiane e pregare per le vocazioni è l’unum necessarium che sempre dobbiamo tenere presente. Ed è opportuno che a pregare per le vocazioni siano anzitutto i ragazzi, gli adolescenti e i giovani». La sessione del Consiglio presbiterale tenuta il 18 e 19 gennaio presso Villa Sacro Cuore a Triuggio è stata presieduta dall’Arcivescovo, che all’inizio dei lavori non si è limitato a un saluto, ma è entrato subito nel tema: la pastorale vocazionale nella Diocesi di Milano. Ha ripreso infine, nell’intervento conclusivo, alcuni spunti che ha raccolto nei due giorni di discussione, esprimendo la sua gratitudine per il lavoro svolto e per gli ulteriori interventi che hanno orientato il dibattito.«Non sono i temi “eticamente sensibili”, ma i temi “pastoralmente sensibili” che ricorrono ogni volta che i Vescovi si ritrovano a discutere tra loro – ha premesso il cardinale Tettamanzi -. Tra essi è certamente presente quello della pastorale vocazionale. Quanto ho ascoltato in chiave di sintesi mi ha dato impressione di trovarmi di fronte ad alcuni contenuti molto stimolanti. Uno dei problemi più concreti non è solo quello di come far passare al Consiglio episcopale milanese le riflessioni attuate, ma come tutto questo venga diffuso a tutta la Diocesi. Un altro problema toccato riguarda le “Comunità residenziali vocazionali”. È un tema emerso come risposta alla mancanza del Seminario minore (chiuso nel 2002, ndr). In due incontri con i Decani è stato fatto notare che sarebbe meglio non utilizzare il termine “Seminario”, perché la prospettiva vocazionale è più ampia, e neppure “minore”, perché ci si rivolge non solo ai ragazzi, ma anche ad adolescenti e giovani (e giovani ormai adulti). Da qui l’idea circa la costituzione di “Comunità residenziali vocazionali”. È stata questa anche una indicazione venuta recentemente anche dal Visitatore apostolico nei Seminari diocesani».Il tema delle “Comunità residenziali vocazionali” è stato riproposto, dunque, in sede di Consiglio presbiterale per passare da una affermazione generica a una proposta più dettagliata. A questo proposito, nella sessione di Triuggio, l’Arcivescovo ha raccolto alcuni elementi che lo aiuteranno a definire meglio questa esperienza, che dovrà essere attuata in forma sperimentale nell’anno pastorale 2010-2011.Un’altra riflessione proposta dal Cardinale ha riguardato il ruolo dei sacerdoti al servizio del popolo di Dio. «Quando parliamo di pastorale vocazionale dobbiamo avere il coraggio di non pensare solo ai ragazzi e ai giovani, ma di partire dal mondo degli adulti e dalla ricchezza dei cammini vocazionali (matrimonio, lavoro, ambito sociale e politico…)» ha innanzitutto precisato. «Queste persone devono essere assunti come soggetti attivi e responsabili della pastorale vocazionale, da non affidare semplicemente a noi preti – ha ripreso -. Tutte le varie agenzie educative sono coinvolte. Le singole comunità cristiane, anche le più piccole, devono diventare comunità evangeliche, giardino naturale e concreto delle vocazioni cristiane. Giovanni Paolo II, nella Novo Millennio Ineunte, parlava di comunità “scuole di preghiera”. Noi potremmo parlare – ha concluso – di comunità come “scuole vocazionali”. Occorre rimettere al centro il tema vocazionale nelle singole comunità cristiane e pregare per le vocazioni è l’unum necessarium che sempre dobbiamo tenere presente. Ed è opportuno che a pregare per le vocazioni siano anzitutto i ragazzi, gli adolescenti e i giovani».
Triuggio
«La vocazione dei giovani riguarda tutti, non solo i preti»
L'intervento dell'Arcivescovo all'ultima sessione del Consiglio presbiterale a Villa Sacro Cuore