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Torino

Davanti alla Sindone, «vedere e credere»

Così il cardinale Tettamanzi ha sintetizzato il significato del pellegrinaggio di 2500 fedeli ambrosiani in occasione dell'Ostensione del sacro lino

di Filippo MAGNI Redazione

6 Maggio 2010

«Vedere e credere. È tutto qui il senso del nostro pellegrinaggio»: le parole del cardinale Dionigi Tettamanzi sintetizzano con suggestiva efficacia il viaggio alla Sindone dei fedeli ambrosiani. Le pronuncia nell’omelia della messa che, alle 9.30 nella chiesa di Santa Maria Ausiliatrice di Torino, ha radunato in un unico luogo i pellegrini milanesi.
In 2.600 hanno voluto accompagnare oggi l’Arcivescovo. Sono, per continuare con le parole di Tettamanzi, «un piccolo ruscello dentro il fiume e il mare dei tantissimi devoti che da ogni parte del mondo già sono venuti o ancora verranno per pregare davanti ai segni che rimandano alla passione e morte del Signore».
Si calcola che in totale, nel mese e mezzo di visite, sfileranno davanti al sacro telo un milione e mezzo di persone: 55 mila quelli provenienti dalla Chiesa ambrosiana. Un movimento importante, promosso dalla Diocesi e dalle singole parrocchie che non hanno voluto mancare l’appuntamento, a dieci anni dall’ultima ostensione legata al Giubileo del 2000.
«Come ha affermato Giovanni Paolo II – ha proseguito Tettamanzi durante l’omelia mattutina – la Sindone costituisce lo specchio del Vangelo. Vedere e credere: lo sguardo sulla Sindone, nutrito dal Vangelo e illuminato dalla fede, ci consente di riconoscere nel fatto della passione e morte del Signore il pieno svelamento della verità di Cristo: il suo segreto di salvezza». Pensando alla Sindone, ciò che più sorprende e commuove, ha aggiunto il Cardinale, «non è tanto la Passio dolorosa, quanto il “pathos d’amore” di Cristo». Un «amore eccessivo, capace di cambiare la vita»n ha poi concluso citando San Francesco d’Assisi.
La morte di Cristo che «può illuminare ogni soffrire umano» è, per l’Arcivescovo di Milano, un richiamo «alla solidarietà, alla condivisione, all’impegno a togliere ai piccoli, ai disagiati, agli anziani, ai malati, ai sofferenti, agli emarginati, ai disperati il peso insopportabile dell’abbandono e della solitudine». Ciò è possibile, ha aggiunto, guardando alla Sindone «come fonte di speranza». Lì il volto del Crocifisso, «oscurato dalla sofferenza della morte», è reso luminoso «dalla gioia e dalla vita della risurrezione».
Subito dopo la messa, recatosi nel Duomo di Torino, il cardinale Tettamanzi si è soffermato davanti alla Sindone. Ha pregato, ispirato dai segni impressi sul sacro telo, come lui stesso ha rivelato, «per chi sperimenta la solitudine, il maggiore dei drammi umani». Ha chiesto al Signore che queste persone «possano trovare qualcuno che si accorga di loro e le affianchi, sconfiggendo la solitudine con la solidarietà».
La giornata è proseguita con la recita del vespro insieme al cardinale Poletto, arcivescovo di Torino, che ha posto l’attenzione su «le tante croci che incontriamo nella nostra vita o che schiacciano l’esistenza di tanti uomini e donne del nostro tempo». Guardare la Sindone, ha aggiunto Poletto, «volgere lo sguardo a colui che è stato trafitto ci colmi il cuore di consolazione e di forza spirituale e ci renda capaci di farci prossimi ai tanti fratelli e sorelle che attendono da noi un aiuto per continuare a vivere con la speranza che quanto sono chiamati a soffrire acquista dalla croce di Cristo un sicuro valore salvifico».
Tornati a Milano, i fedeli ambrosiani troveranno ad aspettarli un altro segno a ricordo tangibile della Passione di Cristo. È il chiodo della croce custodito nella cupola dell’abside del Duomo. L’ha ricordato il cardinale Tettamanzi al termine dell’omelia, citando San Carlo Borromeo: «Non abbiate paura uomini cristiani – scriveva nel 1584 – ogni volta che entrate in questa chiesa (il Duomo, ndr), ogni volta che alzate in alto il vostro sguardo: perché, dovesse tacere Cristo, grida comunque quel preziosissimo Chiodo dicendo: io sono stato la penna che con il sangue vi ho disegnato sulle palme delle mani del mio Signore. […] Egli continuamente presenta al Padre i nomi di tutti noi scolpiti nella sua preziosissima carne, ed è impossibile che si dimentichi di noi». «Vedere e credere. È tutto qui il senso del nostro pellegrinaggio»: le parole del cardinale Dionigi Tettamanzi sintetizzano con suggestiva efficacia il viaggio alla Sindone dei fedeli ambrosiani. Le pronuncia nell’omelia della messa che, alle 9.30 nella chiesa di Santa Maria Ausiliatrice di Torino, ha radunato in un unico luogo i pellegrini milanesi.In 2.600 hanno voluto accompagnare oggi l’Arcivescovo. Sono, per continuare con le parole di Tettamanzi, «un piccolo ruscello dentro il fiume e il mare dei tantissimi devoti che da ogni parte del mondo già sono venuti o ancora verranno per pregare davanti ai segni che rimandano alla passione e morte del Signore».Si calcola che in totale, nel mese e mezzo di visite, sfileranno davanti al sacro telo un milione e mezzo di persone: 55 mila quelli provenienti dalla Chiesa ambrosiana. Un movimento importante, promosso dalla Diocesi e dalle singole parrocchie che non hanno voluto mancare l’appuntamento, a dieci anni dall’ultima ostensione legata al Giubileo del 2000.«Come ha affermato Giovanni Paolo II – ha proseguito Tettamanzi durante l’omelia mattutina – la Sindone costituisce lo specchio del Vangelo. Vedere e credere: lo sguardo sulla Sindone, nutrito dal Vangelo e illuminato dalla fede, ci consente di riconoscere nel fatto della passione e morte del Signore il pieno svelamento della verità di Cristo: il suo segreto di salvezza». Pensando alla Sindone, ciò che più sorprende e commuove, ha aggiunto il Cardinale, «non è tanto la Passio dolorosa, quanto il “pathos d’amore” di Cristo». Un «amore eccessivo, capace di cambiare la vita»n ha poi concluso citando San Francesco d’Assisi.La morte di Cristo che «può illuminare ogni soffrire umano» è, per l’Arcivescovo di Milano, un richiamo «alla solidarietà, alla condivisione, all’impegno a togliere ai piccoli, ai disagiati, agli anziani, ai malati, ai sofferenti, agli emarginati, ai disperati il peso insopportabile dell’abbandono e della solitudine». Ciò è possibile, ha aggiunto, guardando alla Sindone «come fonte di speranza». Lì il volto del Crocifisso, «oscurato dalla sofferenza della morte», è reso luminoso «dalla gioia e dalla vita della risurrezione».Subito dopo la messa, recatosi nel Duomo di Torino, il cardinale Tettamanzi si è soffermato davanti alla Sindone. Ha pregato, ispirato dai segni impressi sul sacro telo, come lui stesso ha rivelato, «per chi sperimenta la solitudine, il maggiore dei drammi umani». Ha chiesto al Signore che queste persone «possano trovare qualcuno che si accorga di loro e le affianchi, sconfiggendo la solitudine con la solidarietà».La giornata è proseguita con la recita del vespro insieme al cardinale Poletto, arcivescovo di Torino, che ha posto l’attenzione su «le tante croci che incontriamo nella nostra vita o che schiacciano l’esistenza di tanti uomini e donne del nostro tempo». Guardare la Sindone, ha aggiunto Poletto, «volgere lo sguardo a colui che è stato trafitto ci colmi il cuore di consolazione e di forza spirituale e ci renda capaci di farci prossimi ai tanti fratelli e sorelle che attendono da noi un aiuto per continuare a vivere con la speranza che quanto sono chiamati a soffrire acquista dalla croce di Cristo un sicuro valore salvifico».Tornati a Milano, i fedeli ambrosiani troveranno ad aspettarli un altro segno a ricordo tangibile della Passione di Cristo. È il chiodo della croce custodito nella cupola dell’abside del Duomo. L’ha ricordato il cardinale Tettamanzi al termine dell’omelia, citando San Carlo Borromeo: «Non abbiate paura uomini cristiani – scriveva nel 1584 – ogni volta che entrate in questa chiesa (il Duomo, ndr), ogni volta che alzate in alto il vostro sguardo: perché, dovesse tacere Cristo, grida comunque quel preziosissimo Chiodo dicendo: io sono stato la penna che con il sangue vi ho disegnato sulle palme delle mani del mio Signore. […] Egli continuamente presenta al Padre i nomi di tutti noi scolpiti nella sua preziosissima carne, ed è impossibile che si dimentichi di noi». – – – L’omelia dell’Arcivescovo (https://www.chiesadimilano.it/or/ADMI/pagine/00_PORTALE/2010/omelia_sindone.pdf) – Omelia dell’Arcivescovo di Torino, cardinale Severino Poletto (https://www.chiesadimilano.it/or/ADMI/pagine/00_PORTALE/2010/omelia_poletto.pdf) – Photogallery (https://www.chiesadimilano.it/or4/or?uid=ADMIesy.main.index&oid=2488672)

I pellegrini ambrosiani gremiscono la Basilica di Maria Santissima Ausiliatrice