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Varese

Così torna alla vita la cascina del “Vittorione”

Su iniziativa del Centro di solidarietà Gulliver, la struttura contadina dove nacque Vittorio Pastori, missionario in Uganda, è stata ristrutturata per ospitare una fattoria didattica, un centro d'accoglienza e un agriturismo.�L'Arcivescovo l'ha visitata

di Maria Teresa ANTOGNAZZA Redazione

8 Maggio 2010

Un tuffo nella splendida natura del Parco Campo dei Fiori, questo pomeriggio per l’Arcivescovo, arrivato per dare il suo sostegno e la sua “benedizione” all’ultima impresa (solo in ordine di tempo) di don Michele Barban, il prete fondatore e animatore del Centro di solidarietà Gulliver di Varese. Qui, proprio in mezzo al grande pratone della Rasa, sulle montagne alle spalle del capoluogo prealpino, ha infatti ripreso forma la Cascina Tagliata, un’antica struttura contadina dove nacque Vittorio Pastori, il “Vittorione”, grande apostolo dell’Uganda, da decenni ormai ridotta a un rudere.
Nel suo futuro ora c’è scritto un progetto di chiara impronta formativa ed educativa, proprio nello spirito del Gulliver: la cascina, ricostruita secondo il disegno originale del 1700, recuperato dal catasto di Maria Teresa, diventerà principalmente una fattoria didattica, centro di accoglienza per gruppi (con una capienza di 20 posti letto e sale in grado di accogliere un centinaio di persone), in chiave spirituale o formativa e, in prospettiva, anche un agriturismo. In attesa che si concretizzi l’ultimo tassello del “sogno” di don Barban: dar vita in questi spazi a un istituto agrario.
La Cascina, con la sua lunga storia e le difficili tappe legate della ristrutturazione, per i vincoli ambientali posti dal Parco naturale in cui è inserita, fa parte di un patrimonio di 37 ettari che le sorelle Redaelli avevano donato ai Salesiani e che dal 1986 è divenuto di proprietà del centro di solidarietà varesino. Prima a essere ristrutturata fu proprio la Cascina Redaelli, a Bregazzana, dove il Gulliver ha aperto tre delle sue comunità di recupero, destinate ai tossicodipendenti e agli alcolisti, nelle diverse tappe del loro percorso di riabilitazione e reinserimento.
«Ora, con questa nuova realtà che siamo pronti a inaugurare a fine giugno – spiega don Michele – possiamo compiere l’ultimo passo necessario a un completo accompagnamento sociale dei nostri ospiti, occupandoci anche del loro reinserimento lavorativo. Spesso, una volta sconfitte le dipendenze, restano problematiche di natura psichiatrica, che rendono difficile l’inserimento nel mondo del lavoro; quindi dobbiamo continuare a farcene carico. Penso che proprio il lavoro sulla terra, in un ambito agricolo e contadino, sia la soluzione migliore e l’occupazione più adatta per molti di loro».
Il Gulliver compie così un significativo passo avanti, sempre grazie all’intraprendenza e determinazione di don Barban. Con un’attività avviata a Varese nel 1985, prima in ambito formativo e, dall’anno successivo, con i primi interventi nel recupero dei tossicodipendenti, oggi il Centro di via Albani ha in carico 150 persone in terapia, distribuite tra le case di Varese, con le sue tre comunità più il centro studi e la formazione professionale, la struttura di Cantello, dove ci sono gli ospiti con problematiche psichiatriche e i tossici a doppia diagnosi, e dove in passato sono stati seguiti anche i malati di Aids, e Bregazzana. In più ci sono le case di vacanza.
«Ma il cerchio non è ancora chiuso – commenta don Michele -. Lo sarà solo quando potremo contare anche sulla casa di riposo. Dobbiamo trovare il modo di dare un futuro sereno e sicuro anche alle persone che escono dalle comunità psichiatriche e che non possono semplicemente essere tenute sotto farmaci nelle Rsa. Servono invece specifiche comunità a valenza psichiatrica all’interno delle case di riposo».
Insomma, nella mente del prete varesino, che da qualche anno ha rinunciato al suo incarico di parroco a Coarezza e si dedica a tempo pieno all’animazione del Gulliver, la vera solidarietà deve evolversi in tutte le direzioni. E il Gulliver sta provando a farlo. «Dall’arcivescovo Tettamanzi – conclude don Michele – ho ricevuto parole di incoraggiamento nell’opera che stiamo avviando alla Rasa, di sostegno e di amicizia. Proprio come era accaduto con il cardinale Martini quando era venuto a benedire le comunità di Bregazzana». Un tuffo nella splendida natura del Parco Campo dei Fiori, questo pomeriggio per l’Arcivescovo, arrivato per dare il suo sostegno e la sua “benedizione” all’ultima impresa (solo in ordine di tempo) di don Michele Barban, il prete fondatore e animatore del Centro di solidarietà Gulliver di Varese. Qui, proprio in mezzo al grande pratone della Rasa, sulle montagne alle spalle del capoluogo prealpino, ha infatti ripreso forma la Cascina Tagliata, un’antica struttura contadina dove nacque Vittorio Pastori, il “Vittorione”, grande apostolo dell’Uganda, da decenni ormai ridotta a un rudere.Nel suo futuro ora c’è scritto un progetto di chiara impronta formativa ed educativa, proprio nello spirito del Gulliver: la cascina, ricostruita secondo il disegno originale del 1700, recuperato dal catasto di Maria Teresa, diventerà principalmente una fattoria didattica, centro di accoglienza per gruppi (con una capienza di 20 posti letto e sale in grado di accogliere un centinaio di persone), in chiave spirituale o formativa e, in prospettiva, anche un agriturismo. In attesa che si concretizzi l’ultimo tassello del “sogno” di don Barban: dar vita in questi spazi a un istituto agrario.La Cascina, con la sua lunga storia e le difficili tappe legate della ristrutturazione, per i vincoli ambientali posti dal Parco naturale in cui è inserita, fa parte di un patrimonio di 37 ettari che le sorelle Redaelli avevano donato ai Salesiani e che dal 1986 è divenuto di proprietà del centro di solidarietà varesino. Prima a essere ristrutturata fu proprio la Cascina Redaelli, a Bregazzana, dove il Gulliver ha aperto tre delle sue comunità di recupero, destinate ai tossicodipendenti e agli alcolisti, nelle diverse tappe del loro percorso di riabilitazione e reinserimento.«Ora, con questa nuova realtà che siamo pronti a inaugurare a fine giugno – spiega don Michele – possiamo compiere l’ultimo passo necessario a un completo accompagnamento sociale dei nostri ospiti, occupandoci anche del loro reinserimento lavorativo. Spesso, una volta sconfitte le dipendenze, restano problematiche di natura psichiatrica, che rendono difficile l’inserimento nel mondo del lavoro; quindi dobbiamo continuare a farcene carico. Penso che proprio il lavoro sulla terra, in un ambito agricolo e contadino, sia la soluzione migliore e l’occupazione più adatta per molti di loro».Il Gulliver compie così un significativo passo avanti, sempre grazie all’intraprendenza e determinazione di don Barban. Con un’attività avviata a Varese nel 1985, prima in ambito formativo e, dall’anno successivo, con i primi interventi nel recupero dei tossicodipendenti, oggi il Centro di via Albani ha in carico 150 persone in terapia, distribuite tra le case di Varese, con le sue tre comunità più il centro studi e la formazione professionale, la struttura di Cantello, dove ci sono gli ospiti con problematiche psichiatriche e i tossici a doppia diagnosi, e dove in passato sono stati seguiti anche i malati di Aids, e Bregazzana. In più ci sono le case di vacanza.«Ma il cerchio non è ancora chiuso – commenta don Michele -. Lo sarà solo quando potremo contare anche sulla casa di riposo. Dobbiamo trovare il modo di dare un futuro sereno e sicuro anche alle persone che escono dalle comunità psichiatriche e che non possono semplicemente essere tenute sotto farmaci nelle Rsa. Servono invece specifiche comunità a valenza psichiatrica all’interno delle case di riposo».Insomma, nella mente del prete varesino, che da qualche anno ha rinunciato al suo incarico di parroco a Coarezza e si dedica a tempo pieno all’animazione del Gulliver, la vera solidarietà deve evolversi in tutte le direzioni. E il Gulliver sta provando a farlo. «Dall’arcivescovo Tettamanzi – conclude don Michele – ho ricevuto parole di incoraggiamento nell’opera che stiamo avviando alla Rasa, di sostegno e di amicizia. Proprio come era accaduto con il cardinale Martini quando era venuto a benedire le comunità di Bregazzana».

Don Michele Barban davanti alla Cascina Tagliata