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Esperienze

A «Base Gaia» si riflette sulle trasformazioni urbane

La realtà di co-housing nata cinque anni fa a Crescenzago ha promosso assemblee di quartiere con la cittadinanza per discutere dei cambiamenti che sta attraversando il territorio, ben rappresentati dalle due torri giganti da cui la loro piccola palazzina è stata sovrastata

di Stefania CECCHETTI

17 Febbraio 2024
Pranzo comunitario nel cortile di Base Gaia

Si è parlato molto sui media delle «Park Towers», le due torri di 23 e 16 piani, costruite ai bordi del parco Lambro come ristrutturazione di un capannone industriale di due piani, poi finite sotto inchiesta (leggi qui). A guardare bene, però, a sinistra dei due giganti si vede una piccola palazzina di cinque piani, che era già lì dal 2020 e che è stata letteralmente sovrastata dalle due torri.

Si tratta di «Base Gaia», il primo co-housing nato “dal basso” a Milano, su iniziativa di un gruppo di persone, alcune delle quali con una storia personale di appartenenza al mondo della cooperazione sociale e dell’Agesci. Dieci famiglie che hanno fondato una cooperativa, hanno acquistato il terreno, si sono costruiti la casa e ora la abitano, ciascuno nel proprio appartamento, ma secondo il principio della condivisione. Di alcuni spazi comuni anzitutto: un giardino-orto su cui affaccia un grande salone al pian terreno, dotato di cucina; un monolocale uso foresteria; una sala polifunzionale aperta al quartiere; uno spazio di co-working; una lavanderia comune e un terrazzo sul tetto per i momenti conviviali. Ma a «Base Gaia» si condivide molto più degli spazi: dalla crescita dei figli – che sono accuditi non solo dalla propria famiglia ma da tutto il “villaggio” – all’idea di una comunità aperta al quartiere.

Un percorso a ostacoli

Di fronte al sorgere dei due giganti «Base Gaia» non ha protestato formalmente, nemmeno quando si è diffusa la notizia che le torri forse non avevano proprio tutte le carte in regola. Certo, devono aver ripensato, non senza una certa frustrazione, al percorso a ostacoli che hanno dovuto sostenere per far nascere il loro progetto. Ce ne parla uno degli abitanti, Francesco Andreoli, che per prima cosa ci tiene a precisare che il loro iter è avvenuto quando era in vigore il precedente Pgt: «Il primo ostacolo è stato il tempo – racconta -: abbiamo dovuto aspettare un anno e mezzo per ricevere l’approvazione, quando i nostri architetti ci avevano prospettato un’attesa di massimo sei mesi. Per dieci famiglie, che avevano venduto casa per trasferirsi, è stato un problema non da poco».

 

Base Gaia (a sinistra) e le due torri di Lambrate

Quali le cause di questo ritardo? «Quando si parla di edilizia sociale convenzionata, il cosiddetto “housing sociale”, i tempi si allungano di per sé, perché deve essere approvata la “convenzione”, cioè il progetto che sta alla base di quell’intervento. Ma il co-housing non rientra pienamente nei canoni dell’edilizia sociale convenzionata. Noi non siamo un palazzo con appartamenti a prezzi calmierati per persone svantaggiate. Ma non siamo nemmeno un condominio di edilizia privata».

La mancanza di una definizione specifica nel Pgt ha costretto Base Gaia a ritardi e compromessi: «Per esempio gli spazi comuni, che da noi sono una parte cospicua della metratura, non erano contemplati nell’edilizia convenzionata, quindi abbiamo dovuti giustificarli diversamente. Il nostro appartamento uso foresteria figura come servitù del condominio e abbiamo dovuto limitarne la metratura perché avevamo finito lo spazio abitabile a disposizione».

Un peccato, perché il piccolo monolocale, usato principalmente per gli “amici” di «Base Gaia» (una sorta di camera degli ospiti comune a tutti gli appartamenti), si apre spesso anche a progetti sociali: «In questo momento – racconta Francesco – stiamo ospitando un ragazzo ucraino di vent’anni che sta provando a trasferirsi in Italia. Mentre sono tre estati che mettiamo il monolocale a disposizione di alcuni ragazzi che vengono dagli Stati Uniti per uno scambio culturale promosso da «Caritas Ambrosiana».

Come tutti gli edifici residenziali di nuova costruzione, «Base Gaia» ha dovuto pagare degli oneri di urbanizzazione, parte in denaro, parte in opere pubbliche: «Abbiamo dovuto costruirci da zero il marciapiede e la fognatura – racconta Francesco -. La fognatura l’abbiamo poi ceduta all’amministrazione Comunale». Per fortuna qualche “sconto” sugli oneri, anche consistente, è arrivato, per esempio per il fatto che la casa è stata costruita secondo criteri ecologici e di risparmio energetico.

Alcuni vincoli sono stati prettamente di natura “estetica”: «Ci è stato imposto di installare una controfacciata in legno, in continuità con il parco, molto bella, ma che ci costringe ogni due anni a una manutenzione piuttosto costosa. Ci hanno inoltre chiesto un “corridoio verde” piantumato, per mettere in comunicazione la facciata con il retro della casa, sempre per una continuità tra il paesaggio del parco e l’edificio. Continuità che le villette circostanti non rispettano e, che io sappia, nemmeno le torri che stanno nascendo. Anzi, da quando è iniziato il cantiere abbiamo visto abbattere diverse piante nell’area di edificazione». Dulcis in fundo, non possiamo non citare il vincolo più assurdo: «Abbiamo dovuto dimostrare che la casa non sarebbe stata sproporzionata rispetto alle case circostanti, il che oggi fa un po’ ridere se si guardano i grattacieli di fianco», ironizza Francesco.

Assemblee di quartiere, non proteste

La sproporzione tra le garanzie richieste a una piccola realtà sociale e le deroghe che, evidentemente, hanno permesso la costruzione delle torri (che, una cosa è certa, il vincolo di altezza non lo rispettano di sicuro…) non ha però generato una sterile frustrazione. «Base Gaia» ha saputo mettere a frutto anche quella: «Nella nostra mission – spiega Francesco – c’era la volontà di portare un valore aggiunto nel quartiere, soprattutto nel senso della socialità: sono diverse le iniziative di dibattito e culturali che promuoviamo e ospitiamo nei nostri spazi. Di recente, in particolare, abbiamo avviato una riflessione sulle “trasformazioni urbane”, che è sorta proprio con l’arrivo dei grattacieli. E non parlo solo delle due torri vicino a noi, ma di altri grossi cantieri che stanno per partire qui intorno. Si tratta di interventi che modificheranno profondamente il territorio, aumentando pesantemente il numero dei suoi abitanti».

Attività negli spazi comuni di Base Gaia

«Abbiamo così cominciato a convocare delle assemblee a partecipazione libera – prosegue Francesco – per ragionare su come il quartiere potrà adeguarsi ai cambiamenti. C’è stata una buona risposta. Alcuni partecipanti provengono da esperienze associative e istituzionali, come i Gruppi di acquisto solidale Feltre e Leone e il Tavolo della nonviolenza del Municipio 3. Altri sono semplici cittadini. Negli ultimi mesi siamo riusciti a incontrarci abbastanza regolarmente, a cadenza mensile».

Dopo una prima fase di studio dei problemi, il gruppo delle «Trasformazioni urbane» ha cominciato a pensare anche a qualche intervento fattivo: «Ci siamo inizialmente focalizzati sul Parco Lambro, che noi pensiamo potrebbe essere la “piazza” di questo quartiere, che piazze aggregative vere e proprie non ne ha, perché piazza Udine, a parte qualche negozio, è esclusivamente uno snodo di traffico automobilistico – illustra Francesco -. Ad oggi, invece, il parco Lambro vive “alle spalle” del quartiere, se guardiamo gli edifici, come i centri sportivi e le scuole, che affacciano sul parco, hanno infatti tutti i cancelli chiusi da quel lato».

Il gruppo ha prodotto un documento, disponibile sul sito di «Base Gaia», nel quale ha raccolto le sue proposte, come ci spiega ancora Francesco: «Si va da proposte semplici e poco dispendiose, come rendere gli accessi più identificabili o posizionare alcune mappe all’interno del parco, a interventi un po’ più complessi, per esempio un centro di aggregazione, con bar e biblioteca, oppure un servizio di accompagnamento alla visita della fauna e della flora del parco. Insomma, proposte di vario livello che l’amministrazione potrebbe prendere in considerazione prevedendo degli investimenti graduali».

Chissà che gli oneri di urbanizzazione dovuti dall’intervento delle due «Park Towers» non possano essere usati proprio per questi progetti.

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