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Milano

Islam, un luogo per pregare
e far conoscere la cultura

Urgente realizzare un centro per accogliere le aspirazioni dei musulmani

di Paolo BRANCA Responsabile Sezione per i rapporti con l’Islam - Servizio Ecumenismo e dialogo - Diocesi di Milano

31 Marzo 2014

La più che trentennale inerzia sul tema dei luoghi di culto islamici in Italia ci ha portati ad averne circa 800, sale di preghiera «camuffate» per forza maggiore in «altro», quasi sempre in collocazioni fortunose e dirette da persone spesso volonterose, ma non di rado inadeguate.

Il mio profondo rispetto per una nobile tradizione religiosa cui siamo legati per radici condivise quasi quanto all’Ebraismo, unitamente all’amore per la mia città e per il nostro comune destino, non mi consentono di tacere di fronte ai possibili rischi, ma ancor più davanti alle potenzialità positive che potrebbero derivare da imminenti scelte su un tema di tale rilevanza. Non solo è auspicabile, ma inevitabile un netto salto di qualità.

Le condizioni affinché ciò possa accadere sono con tutta evidenza le seguenti: serve un centro di studi e iniziative culturali qualificato con sala di preghiera annessa, ma la cui mission principale sia quella di far conoscere e valorizzare, non solo per i musulmani ma per tutti, la ricchezza spirituale e l’eredità culturale di una straordinaria civiltà; il partner principale dovrà essere un’istituzione culturale islamica di livello internazionale alla quale potranno affiancarsi le organizzazioni musulmane territoriali. Queste non possiedono ancora i requisiti, il personale e il coordinamento necessario, come dolorosamente evidenziatosi durante il recente travaglio egiziano, in cui si son verificate gravi frizioni interne tra fedeli di diverso orientamento politico durante gli stessi riti dello scorso ramadan. Relazioni di amicizia o affinità ideologiche vanno messe da parte per promuovere qualcosa di valido sul medio-lungo periodo.

Naturalmente resta aperto il dossier della regolarizzazione di tutti gli altri luoghi di culto, e non solo musulmani, nell’area cittadina. I due livelli non vanno confusi per evitare alibi che ci condannerebbero a restare nella medesima palude ancora a lungo, a discapito delle giuste aspirazioni e delle legittime preoccupazioni degli uni e degli altri. Questo mi pare l’unico orientamento capace di farci uscire da uno stallo indegno di una metropoli europea, che oltretutto si avvia a ospitare a breve l’Expo.

Un tema
da affrontare

Milano verso l’Expo non può rimandare una questione che si trascina ormai da troppo tempo: la realizzazione di un luogo di culto per i fedeli musulmani. Un argomento delicato oggetto ancora oggi di polemiche politiche e ideologiche, ma che va affrontato in modo serio e sgombro da pregiudizi. La questione, prevista nel programma elettorale del sindaco Pisapia, è riemersa in queste settimane. Qualche mese dopo l’inizio del mandato, ad agosto 2011, Palazzo Marino aveva avviato una mappatura delle "moschee di fatto": garage, sottoscala, tendoni adibiti a luoghi di culto. Secondo passaggio, l’elaborazione di un "albo delle religioni": associazioni, musulmane e non, presenti sul territorio. Quelle islamiche sono risultate ben 11, che avrebbero dovuto essere alla base di una rete di "moschee di quartiere". Quindi si è discusso della legalizzazione di strutture già esistenti. Invece nei giorni scorsi si è impressa una svolta dopo che il Caim (Coordinamento delle associazioni islamiche milanesi) ha manifestato l’intenzione di prendere in gestione l’area del Palasharp, che già ospita la preghiera del venerdì organizzata dal Centro islamico di viale Jenner. Con la proposta di una nuova costruzione, disegnata da uno studio di architettura, con finanziamenti privati: due piani, ristorante, biblioteca e parco per una moschea da 3 mila fedeli. Un progetto che però non riscuote il consenso delle diverse realtà islamiche presenti a Milano: non sono mancate prese di posizione pubbliche di disagio di donne musulmane e di comunità per il rischio di non rappresentare le varie sensibilità islamiche. Da parte del Comune si starebbe allora sondando una strada che superi le divisioni, coinvolgendo grandi Paesi islamici come Marocco e Giordania, che potrebbero essere interessati a finanziare e seguire  il progetto.

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