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Stati Uniti

Caso Floyd, i cattolici protestano davanti alla Casa Bianca

Omelie e lettere invitano a passi concreti contro il «profondo peccato del razzismo», che il cardinale O’Malley (Boston) definisce «malattia sociale e spirituale che uccide le persone»

di Maddalena MALTESEda New York

10 Giugno 2020

Ieri sera davanti al Lafayette Park, sullo sfondo della Casa Bianca, sono ancora sfilate centinaia di persone. Stavolta però non erano giovani con pugni alzati, ma piuttosto religiosi e religiose, sacerdoti, laici e i due vescovi ausiliari di Washington. Non c’erano i cartelli di Black lives Matter, ma rosari e immagini della Madonna di Guadalupe e di Oscar Romero. Non urla, ma preghiere per la pace e la giustizia, letture bibliche, canti e poi i nomi di tutti gli afro-americani, cominciando da George Floyd (morto mentre un agente gli teneva un ginocchio sul collo), vittime dell’ingiustizia razziale.

«Quello che stiamo vedendo nelle ultime due settimane, non è la nazione che vogliamo, l’America in cui crediamo – ha detto in un’intervista al Catholic News Service padre Ejiogu, un giuseppino che ha contribuito a organizzare l’evento -. L’America è lacerata dall’orgoglio, dal razzismo e dall’ingiustizia. Quindi vogliamo sfruttare questo momento per chiedere la riconciliazione». Padre Ejiogu ha sottolineato che la manifestazione voleva solo riconoscere che «le vite nere contano, le vite bianche contano, le vite spagnole contano, le vite asiatiche contano, tutte le vite, sì, ma ci sono alcune di quelle vite che sembrano ritenere che non contano».

«Crediamo davvero nella dignità di ogni persona – ha detto una delle suore francescane presenti -. Abbiamo solo pensato che fosse importante scendere in strada e mostrare sostegno e solidarietà con i nostri fratelli e sorelle. È vero che tutte le vite contano, ma penso che nel nostro Paese abbiamo una storia di razzismo forte ed è importante riconoscerlo».

Nello scorso week-end molti vescovi, sacerdoti e parrocchie hanno organizzato incontri online e preghiere, ma anche durante le Messe sono state lette omelie e lettere che, senza mezzi termini, invitavano a fare passi concreti contro il «profondo peccato del razzismo» e a celebrare la diversità degli Stati Uniti come un patrimonio che non divide.

In Florida, Pennsylvania, Michigan, California, mentre le campane suonavano per 8’ e 46”, i vescovi e i sacerdoti sono rimasti in silenzio, alcuni in ginocchio per chiedere che il razzismo venga superato. Tutte le manifestazioni sono state una risposta all’assassinio di George Floyd.

A Boston, il cardinale Sean P. O’Malley ha chiesto che in tutte le parrocchie si leggesse la sua lettera dove il razzismo viene definito una «malattia sociale e spirituale che uccide le persone». «Come nazione – scrive – abbiamo abolito legalmente la schiavitù, ma non abbiamo affrontato la sua eredità duratura cioè discriminazione, diseguaglianza e violenza».

Il cardinale O’Malley ha riconosciuto che la Chiesa cattolica degli Stati Uniti ha avuto una «complicità storica nella schiavitù» e serve fare ogni sforzo per garantire autentici processi di guarigione tra persone di diverse razze, nazionalità e religioni. «Andando avanti, la realtà del razzismo nella nostra società e l’imperativo morale dell’uguaglianza razziale e della giustizia devono essere incorporati nelle nostre scuole, nel nostro insegnamento e nelle nostre prediche – ha affermato il Cardinale di Boston -. Dobbiamo impegnarci per la pari dignità e diritti umani in tutte le istituzioni della nostra società, in politica, nel diritto, nell’economia, nell’istruzione».

Riferendosi alla morte di George Floyd come a un «omicidio» compiuto «per mano di quattro poliziotti canaglia», l’Arcivescovo di Boston ha condannato il razzismo come un «cancro malvagio e morale». «L’omicidio di George Floyd è una prova dolorosa di ciò che è ed è stato in gioco per gli afroamericani – il fallimento di una società non in grado di proteggere la loro vita e quella dei loro figli. Le dimostrazioni e le proteste di questi giorni sono state richieste di giustizia e espressioni strazianti di profondo dolore emotivo da cui non possiamo allontanarci». E ancora: «Ci chiamano per affermare il valore inestimabile della vita di ogni persona. Ci chiamano per raddoppiare il nostro impegno a promuovere il rispetto e la giustizia per tutte le persone. Ci chiamano per sostenere e difendere la verità che Black Lives Matter – Le vite nere contano».

 

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