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La corsa alle urne rivoluziona il quadro politico

Partita la campagna per le elezioni del 13 e 14 aprile. Nel centro sinistra il Partito Democratico va da solo, nel centro destra nasce la lista unica del Popolo della libertà

5 Giugno 2008

08/02/2008

di Antonio AIRÒ

Elezioni politiche il 13 e 14 aprile. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha sciolto le Camere. La “missione impossibile” di Franco Marini non è riuscita nel miracolo di trovare un minimo comun denominatore per una nuova legge elettorale. Eppure tutti i partiti ne hanno denunciato i limiti e tutti hanno auspicato il suo superamento. Ma, al dunque, le cose sono rimaste immutate. Andremo a votare con il porcellum. E il prossimo anno i cittadini dovranno pronunciarsi sul referendum popolare (la fine della legislatura l’ha solo fatto slittare).

A meno che il nuovo Parlamento non riesca ad approvare un nuovo sistema elettorale. Silvio Berlusconi si è impegnato a trovare un’intesa con Walter Veltroni. Non solo sulla legge elettorale, ma anche su alcune riforme costituzionali. Si può prendere in parola il leader di Forza Italia, ma l’esperienza di questi anni dice che il Cavaliere promette e smentisce secondo le proprie convenienze politiche e quindi bisognerà attendere il dopo voto per verificare la sua disponibilità.

Con la fine della legislatura si è aperta immediatamente la campagna elettorale. Romano Prodi, che guiderà il Governo fino all’insediamento del nuovo Parlamento, ha già dichiarato che non si candiderà, ma che appoggerà il Partito Democratico. Il suo gesto è motivato con l’esigenza di favorire un ricambio di classe dirigente del Paese. Nella contrapposizione tra centro sinistra e centro destra si toglie una “personalizzazione” esasperata dei leader, che ha visto frange consistenti della sinistra “sparare” comunque contro il nemico Berlusconi e l’intero centro destra ridurre tutta la sua opposizione alla “demonizzazione” di Prodi in qualsiasi modo.

La battaglia elettorale porrà fine a questa “scomunica” ideologica prima ancora che politica, che ha avvelenato i due anni del Governo Prodi? Vale la pena di rilevare intanto che il bilancio del Presidente del Consiglio – guardandolo con occhi spassionati, come hanno già fatto in parte l’Unione Europea e le grandi organizzazioni internazionali – mostrerà aspetti positivi sia per quanto riguarda il risanamento della nostra economia, sia per un inizio di riequilibrio sociale a sostegno delle categorie più deboli.

Se stiamo ai sondaggi, il centro destra dovrebbe vincere. Ma da Veltroni è giunta una scelta significativa: la decisione di far correre il Partito Democratico da solo sia alla Camera sia al Senato. Il sistema elettorale vigente premia le coalizioni e non i partiti “solitari”. Nonostante questo pesante handicap, Veltroni ha escluso ogni forma di accordo con la sinistra radicale.

I quasi due anni di Governo Prodi hanno dimostrato infatti una continua dissociazione dei partiti e delle frange di questa sinistra (da Rifondazione ai Verdi, dai Comunisti italiani, alla sinistra di Mussi). Pensare di riproporre un qualche accordo con Bertinotti e compagni – pur non dimenticando le riserve, le prese di distanze e la difesa egoistica del proprio orticello da parte di certi settori centristi, da Mastella a Dini – non sarebbe compreso dai cittadini e accentuerebbe il degrado del nostro sistema politico.

Dall’altra parte, Berlusconi e Fini hanno deciso di dare vita a una lista unica sotto il simbolo del Popolo della libertà. La Lega si federerà con il nuovo soggetto, mantenendo la propria autonomia. Quanto all’Udc, «spero che sia con noi», ha detto Berlusconi. Ma il listone unico non sembra convincere Casini.

Finora una situazione di incomunicabilità tra le forze politiche ha paralizzato ogni proposta e ogni progetto di cambiamento. Attendiamo il dispiegarsi delle posizioni e le dissonanze e le alleanze che in questi giorni si stanno mettendo a punto. Forse i sondaggi non sono gli unici punti di riferimento.