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Cambiare la Costituzione? Sì, ma…

Parlando dei 60 anni della Carta fondamentale all'Università Cattolica, il giudice della Consulta Flick ha sottolineato: «Le riforme si realizzino con spirito costruttivo, con la stessa coesione di consensi delle origini e senza entrare in contrasto con i principi fondamentali»

5 Giugno 2008

25/01/2008

di Andrea GIACOMETTI

A sessant’anni dalla sua nascita, si può pensare di modificare la nostra Costituzione. Ècertamente possibile, ma resta un’impresa tutt’altro che semplice. Come ricorda Giovanni Maria Flick, già ministro di Grazia e Giustizia, oggi giudice della Corte Costituzionale, invitato dalla Facoltà di Scienze politiche dell’Università Cattolica di Milano a pronunciare una lectio magistralis sui sessant’anni della nostra Carta costituzionale, è necessario che «il dibattito sulla riforma non sia il pretesto per la sua contestazione globale». E, soprattutto, resta fondamentale per Flick che «le riforme si realizzino con spirito costruttivo, con la medesima coesione ideale che guidò l’Assemblea costituente». Una condizione, quest’ultima, che sembra difficile ravvisare ai nostri giorni.

L’aula della Cattolica è gremita di professori e studenti. C’è grande attenzione e una certa emozione quando il preside di Scienze politiche, il professor Alberto Quadrio Curzio, introducendo la lectio, ricorda i tanti prestigiosi costituenti usciti dalle aule di largo Gemelli: Giuseppe Lazzati, Oscar Luigi Scalfaro, Amintore Fanfani, Emilio Colombo, Nilde Jotti. Un gruppo che si arricchisce anche dell’apporto di Giuseppe Dossetti e di Tommaso Zerbi. «Uomini e donne – sottolinea Quadrio Curzio – che hanno dato un contributo fondamentale alla nascita della nostra Repubblica».

Un momento alto, quello che vide nascere la Cosituzione italiana. «Una vera e propria epopea morale», un patto nazionale che, come dice Flick, fu «il primo miracolo italiano». Non un accordo a qualsiasi prezzo, o un compromesso in senso deteriore, quanto piuttosto «una convergenza di alto profilo tra tutte le idealità presenti all’Assemblea costituente». Una Costituzione, insomma, «di tutti»: «Non era e non può essere di maggioranza. E, dunque, può essere modificata se c’è la stessa coesione di consensi delle origini».

Quanto alla prima parte su diritti e doveri, per il giudice dell’Alta Corte «la Costituzione resta valida ancora oggi». Emblematico il principio che la nostra è «una Repubblica fondata sul lavoro»: «Se pensiamo alla cronaca relativa alle morti cosiddette bianche, in realtà terribili e che grondano sangue, non ci potrebbe essere un principio più attuale».

Proprio sul fronte dei principi ha dato i suoi frutti migliori la convergenza tra ispirazione personalistica cattolica, ideologia della sinistra socialista e idea liberale. I problemi riguardano, semmai, la seconda parte. Come ricorda Flick, la nostra è una Costituzione “rigida”: a sua tutela, non può essere cambiata per legge ordinaria. Ma nello stesso tempo èuna carta “aperta”: «Aperta – rimarca l’ex ministro – a scelte diverse, in linea con la realtà che cambia, purché non in contrasto con i principi fondamentali».

Tanta acqua è passata sotto i ponti da quel 27 dicembre 1947 in cui fu promulgata la nostra Carta fondamentale. Un periodo lungo, in cui «valori nuovi sono venuti alla ribalta in tema di privacy, di ambiente, di tutela della concorrenza e del mercato». Lo stesso ruolo dei partiti politici si è radicalmente trasformato. Flick evoca un grande studioso cattolico-democratico, Roberto Ruffilli, giurista vittima del terrorismo, che ricordava che i partiti erano passati «da un’originaria funzione di supplenza a una progressiva occupazione del potere».

Tanti cambiamenti impongono una rivisitazione della seconda parte della Carta, che abbia tra i suoi obiettivi la stabilità, la governabilità, la partecipazione, la possibilità che possa svolgere un suo ruolo quello che lo stesso Ruffilli chiamava il «cittadino-arbitro».

Cambiamenti con “se” e con “ma”. Il giudice costituzionale non si stanca di ripetere che si devono evitare alcuni rischi: «Si deve sfuggire certamente la tentazione di imbalsamare la Costituzione, ma anche quella di modificarla a ogni cambio di maggioranza».

Una riflessione condotta “laicamente”, riconoscendo meriti e lacune della nostra Carta costituzionale, deve essere accompagnata da una “coesione” di idealità tra le diverse parti politiche. «Coesione» che, secondo Flick, resta un’irrinunciabile condizione per un intervento adeguato e soddisfacente.