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Arte, Storia & Cultura

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Varese

Alle origini del Sacro Monte: una tela da restaurare

Si tratta di un documento di grande importanza, che testimonia la nascita della Via Sacra nei primi anni del XVII secolo, con l'ideatore, il cappuccino Aguggiari, e l'architetto Bernascone. Domenica 17 marzo concerto benefico per raccogliere fondi. Tutti possono contribuire per il restauro del dipinto.

di Luca FRIGERIO

15 Marzo 2024
Padre Aguggiari e, a destra, l'architetto Bernascone con la Via Sacra sullo sfondo nella tela del Seicento da restaurare

Una domenica di primavera dell’anno di Grazia 1604, dopo la funzione del mattino al santuario di Santa Maria del Monte, un gruppetto di conoscenti si avviò a scendere verso Varese, lungo il noto sentiero. La discussione era piuttosto vivace e verteva, era evidente, su una questione già altre volte affrontata: la realizzazione, in quel luogo, di una Via sacra, che i fedeli avrebbero potuto percorrere singolarmente o in processione, meditando, anche visivamente, i Misteri del Rosario.

Il confessore delle romite ambrosiane ripropose alla comitiva l’idea di suor Tecla, di erigere una cappella per offrire un punto di sosta e di preghiera ai pellegrini. Al che padre Giovan Battista Aguggiari (detto da Monza), cappuccino, che da qualche tempo esercitava l’ufficio di predicatore a Varese, rispose animatamente che non una, ma quindici cappelle andavano realizzate lungo quel cammino: una per ogni Mistero. «Ma con quali denari? Le sorelle desiderano contribuire, certo, ma non hanno una simile disponibilità!», si agitò un terzo, il deputato delle monache. «I denari li troveranno i fedeli…», fu lesto a rispondere il frate: «Mettiamo una croce con una cassetta delle elemosine nel posto dove dovrà sorgere ciascuna cappella, e vedrete se non raccoglieremo i fondi necessari in un amen!».

Ma queste cappelle – fioccavano le domande – come avrebbero dovuto essere? Come quelle del Sacro Monte di Varallo? Più grandi? Più belle? E chi le avrebbe progettate? «Per questo c’è qui il nostro amico architetto…», rispose l’Aguggiari, indicando l’uomo alla sua destra, che fino a quel momento non aveva detto parola: si trattava di Francesco Bernascone, detto il Mancino, che in quel contesto aveva da poco realizzato il nuovo campanile del santuario e che, una decina di anni più tardi, realizzerà quello imponente della basilica varesina di San Vittore. E che lì, alle romite, aveva monaca sua figlia Maria…

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Fu questo il primo atto della nascita del Sacro Monte di Varese, così come si legge nel Ragguaglio che venne dato alle stampe una ventina d’anni più tardi. Il cappuccino aveva detto bene: come l’idea della Via Sacra si diffuse tra i varesini, le offerte cominciarono giungere copiose, insieme a tanti uomini e donne che mettevano a disposizione tempo ed energie per realizzare l’impresa. Che presto ebbe il pieno sostegno anche dell’allora arcivescovo di Milano, quel cardinale Federico Borromeo di manzoniana memoria, fondatore, proprio in quegli anni, della Biblioteca ambrosiana, attento promotore di ogni manifestazione capace di coniugare l’apostolato con la bellezza dell’arte.

Chi avesse la curiosità di vedere i volti dei due protagonisti di questa storia non ha che da andare al Sacro Monte, e in particolare nel suo museo, il «Baroffio», che tra i tanti tesori conserva anche un dipinto che «celebra» l’origine di questa Via sacra. Una tela un po’ naïf, non certo un’opera particolarmente «raffinata», ma espressiva e concreta, che riporta il «faccione» del nostro frate, l’Aguggiari, con il cappuccio in testa e lo sguardo trasognato; e alle spalle la strada con le cappelle, come se fosse la proiezione stessa dei suoi pensieri, dei suoi desideri: di un sogno, insomma, diventato realtà.

Nello stesso quadro, in basso a destra, un po’ più in piccolo, umilmente, ecco sbucare il profilo del Mancino, l’architetto che spese buona parte della sua vita e del suo genio creativo attorno all’antico santuario di Santa Maria del Monte. Bernascone osserva le cappelle e gli archi da lui ideati con una certa commozione, quasi incredulo anch’egli che quel grandioso progetto sia poi stato effettivamente realizzato, in tempi relativamente rapidi e con l’ammirazione di tutti…

Come si può vedere dall’immagine che pubblichiamo qui sopra, il dipinto, opera di un anonimo pittore della metà del Seicento, non appare in buone condizioni e necessita di un completo restauro, ormai non più procrastinabile. L’intervento, affidato al Laboratorio Lotti (che da tempo collabora fattivamente con il Sacro Monte di Varese), è stato illustrato nei giorni scorsi e rientra in progetto della parrocchia di Santa Maria del Monte, in collaborazione con Archeologistics, presentato alla Fondazione comunitaria del Varesotto grazie al bando «Tesori nascosti».

Per il restauro è stata attivata anche una raccolta fondi e tutti possono contribuire, anche solo con una piccola offerta (proprio nello spirito che ha portato alla nascita del Sacro Monte varesino): l’obiettivo, del resto, non è impossibile, dato che si tratta di reperire la cifra di duemila euro (per tutte le informazioni: www.fondazionevaresotto.it e www.sacromontedivarese.it ). Tra le diverse iniziative per contribuire alla raccolta fondi, anche un concerto che si terrà domenica prossima 17 marzo, alle 16.30, presso il Museo Baroffio stesso, con Elisa Ghezzo al flauto e Patrizia Giannone alla chitarra.

E davanti a tanta buona volontà attorno all’antico dipinto, anche i volti di padre Aguggiari e dell’architetto Bernascone paiono già sorridere.