Come molti di noi, anche sant’Ambrogio aveva la sua tazza «preferita». Così almeno voleva la tradizione, che per secoli ha venerato un umile oggetto di terracotta come una commovente reliquia, perché appartenuta alla sfera più intima e domestica del santo patrono. Oggi di quella tazza non restano che frammenti, ma è giunta fino a noi nella sua pregevole custodia medievale: un reliquiario in argento – a forma di scodella, appunto – databile all’ultimo quarto del Trecento, con incisa a bulino sul fondo l’immagine del vescovo Ambrogio tra i martiri Gervaso e Protaso.
Il prezioso cimelio, che da sempre è parte dell’eccezionale patrimonio di arte e fede della basilica di Sant’Ambrogio a Milano, oggi torna «a casa»: è uno dei venerandi reperti, infatti, che può essere ammirato da fedeli e visitatori nell’ambito del nuovo percorso appena inaugurato, ideato e realizzato per valorizzare ancora più in profondità la millenaria bellezza del complesso santambrosiano.
Il progetto, che si chiama «Ambrosius» e che ha richiesto oltre tre anni di lavoro, ha riguardato il nuovo allestimento dello straordinario Tesoro della basilica milanese, da scoprire attraverso un apposito itinerario che si snoda tra la sacrestia dei monaci (bombardata nella seconda guerra mondiale e per la prima volta aperta al pubblico), il Sacello di San Vittore in Ciel d’Oro (con gli spettacolari mosaici del V secolo, dove si conserva anche il realistico ritratto di Ambrogio) e il Capitolino (unica testimonianza del monastero medievale).
Nel nuovo itinerario, così, i fedeli e i visitatori possono ammirare il letto funebre su cui, secondo la tradizione, fu adagiato il corpo di Ambrogio alla sua morte, il 4 aprile 397. Come anche la tarsia marmorea con l’agnello mistico, testimonianza diretta della basilica voluta dal santo vescovo attorno al 380 per onorare i martiri. O il prezioso tessuto persiano di seta, databile al IX secolo, che per secoli fu usato per rivestire l’interno dell’altare d’oro della basilica, sopra il sarcofago di Ambrogio. O, ancora, l’Urna degli Innocenti, capolavoro del Quattrocento delle manifatture orafe lombarde, destinata a custodire le presunte reliquie dei bambini trucidati da Erode. Senza dimenticare gli impressionanti «piagnoni», cioè il gruppo dei cinque pleurants che costituisce un unicum nel panorama della scultura milanese del XV secolo, rifacendosi a modelli d’Oltralpe…
Tesori, insomma. E non casuale, infatti, è la scelta proprio del termine «Tesoro» per designare questo nuovo allestimento, piuttosto che quello di «Museo» (e come tale, comunque, riconosciuto da Regione Lombardia per tutte le sue caratteristiche museografiche), che ha un significato profondo e richiama la presenza fisica del corpo di sant’Ambrogio nella cripta della basilica, il tesoro e il vero cuore spirituale della comunità ambrosiana.




