Oggiono è una laboriosa cittadina brianzola affacciata sul lago di Annone, sul quale si specchiano, con ariosa sequenza, le cime dei monti lecchesi. Ma è anche il borgo che ha dato il “nome” a uno dei primi e tra i più fedeli discepoli di Leonardo da Vinci, quel Marco che ha lasciato ampie tracce della sua arte in terra ambrosiana, oggi sparse anche in musei e collezioni di tutto il mondo.
Proprio nella parrocchiale di Oggiono, dedicata a Sant’Eufemia, si conserva un maestoso polittico che raffigura, nel pannello centrale, l’Assunzione di Maria. Si tratta di un’opera piacevole e ben eseguita, tipica della produzione d’ispirazione leonardesca del primo quarto del XVI secolo, che alcuni studiosi – come Sedini e Ballarin – attribuiscono alla scuola di Marco d’Oggiono, mentre altri – come Moro, Longoni e Coppa – ne sostengono la piena paternità al maestro.
Le vicende del polittico
È il cardinal Federico Borromeo a offrirci la prima descrizione di questo polittico, che poté ammirare in occasione della sua visita pastorale a Oggiono nel 1608. L’«antica icona», come la indica genericamente il fondatore della Biblioteca Ambrosiana, venne purtroppo smembrata in epoca successiva, forse nel corso dei rifacimenti della chiesa, così che sono andate perdute alcune tavole e l’originale cornice rinascimentale.
La parziale ricomposizione del polittico avvenne nel 1873, in seguito al ritrovamento di alcuni disegni nell’archivio della famiglia Riva Finoli (probabile committente dell’opera), in un clima di diffuso entusiasmo verso tutto quanto riguardava il Rinascimento in generale e il genio di Leonardo in particolare.
La scena principale di questo polittico oggionese, come si diceva, è dedicata all’episodio dell’Assunzione di Maria. La Vergine ascende al cielo come seduta su una coltre di morbide nuvole, a capo scoperto, le mani giunte in preghiera. Il suo sguardo, gioioso e sereno, è rivolto verso l’alto, in quell’empireo celeste dove l’attende Dio Padre, pronto a incoronarla quale Regina del Cielo.
L’Assunta
Gli apostoli, in basso, assistono al prodigio con devoto stupore e grata meraviglia, con una varietà di gesti, di atteggiamenti, di emozioni che rimanda a quella mirabile illustrazione dei “moti dell’animo” realizzata da Leonardo nel suo Cenacolo milanese, qui evidentemente semplificata, ma resa ancora con efficacia dal suo docile allievo brianzolo.
Patroni e martiri
Attorno al pannello centrale con l’Assunta si raccolgono altre otto tavole, con altrettanti santi ritratti a figura intera. Da sinistra, per chi guarda il polittico, si riconosce innanzitutto il vescovo Ambrogio, patrono della diocesi milanese, con il pastorale in una mano e il caratteristico staffile – richiamo alla lotta contro l’eresia e monito verso i nemici di Milano – nell’altra. A seguire troviamo Eufemia, la titolare della plebana stessa di Oggiono, con la palma del martirio: la santa si appoggia a una grande sega a telaio da falegname, uno degli strumenti con cui, secondo il racconto della sua «Passione», fu seviziata prima di essere sbranata dai leoni.
Dall’altra parte abbiamo una seconda martire, chiaramente identificabile per la tenaglia che regge con la mano destra: si tratta di Apollonia, sulla quale i carnefici si accanirono strappandole i denti (motivo per cui, in passato, era invocata nei casi di patologie odontoiatriche). Accanto a lei compare Stefano, il protomartire ricordato negli Atti degli Apostoli, raffigurato con la veste diaconale e con le pietre sulla nuca e sulle spalle a ricordarne l’uccisione avvenuta per lapidazione.
Santi protettori
Nel registro inferiore, ripartendo da sinistra, si scorgono due santi in abiti francescani: il primo, dal volto emaciato, con un libro, indicante un sole raggiante con il monogramma di Cristo, è certamente Bernardino da Siena, ben noto anche in Lombardia per le sue instancabili predicazioni; il secondo, invece, è il fondatore stesso dell’ordine, Francesco d’Assisi, che le stimmate – ben visibili sulle mani e sul costato – hanno reso simile a Gesù crocifisso.
In basso a destra, invece, ecco abbinati, come di consueto, i due santi della peste: Sebastiano, trafitto di frecce dai suoi stessi soldati; e Rocco, il pellegrino di Montpellier che si prodigò a curare i malati fino ad essere contagiato lui stesso dal morbo (come evidenzia l’ulcera sulla coscia denudata). Va segnalato, a questo proposito, che una tavoletta raffigurante Giobbe, da tempo collocata nella chiesa del Lazzaretto (poco fuori l’abitato di Oggiono), ma recentemente restaurata e studiata, potrebbe aver fatto parte in origine di questo stesso polittico, posizionata forse proprio ai piedi della coppia taumaturgica, come l’affinità stilistica e tematica sembrerebbe suggerire…
La fortuna di Marco
In ogni caso, sia che si tratti, come accennato, di un dipinto di mano dello stesso Marco d’Oggiono o di un lavoro della sua bottega, si può notare come questa Assunzione lecchese derivi direttamente da una precedente pala d’altare che fu realizzata dal nostro pittore attorno al 1521 per la chiesa di Santa Maria della Pace a Milano (importante sede conventuale dei francescani riformatori del beato Amedeo da Silva), che oggi è conservata presso la Pinacoteca di Brera.
Più distesa e ricca di particolari (nel paesaggio, ad esempio, o nella presenza di putti che accompagnano l’ascesa della Vergine), la tavola braidense è assegnata dagli esperti alla piena maturità di Marco, che morì sicuramente prima del 1525, forse poco più che cinquantenne. Motivo per cui, fin dall’Ottocento, parte della critica ha ritenuto proprio il polittico di Oggiono come l’ultima opera realizzata dall’alunno di Leonardo.
Un alunno, Marco, che non riuscì certo a superare il maestro. Ma che ne perpetuò sempre diligentemente i modelli, con quel gusto per la miniatura che fu la sua giovanile passione e con una naturale propensione a uno stile pulito e solare. Che molto piaceva ai nuovi signori della Milano del primo Cinquecento, i francesi e i loro alleati. Ma anche a un papa come Giulio II, che in quegli stessi anni aveva al suo servizio personaggi come Raffaello e Michelangelo…