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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Teatro

Il «Cooperativa» riparte con «Nessun miracolo a Milano»

L’esperienza della pandemia e del lockdown ritorna nelle proposte della prima parte della stagione del palcoscenico di via Hermada

30 Settembre 2020
Massimiliano Speziani in «Nessun miracolo a Milano» (foto Isabella Nenci)

La prima parte della Stagione 2020/21 del Teatro della Cooperativa, 4 spettacoli, di cui 3 in prima nazionale, per 29 alzate di sipario, nasce dall’urgenza non solo di tornare finalmente all’emozione dello spettacolo dal vivo all’interno della propria sala, ma anche dall’esigenza di trasformare un periodo buio in una fase di riflessione e di ricerca per provare a riprogettare il futuro in modo innovativo, con un pizzico di leggerezza e con uno sguardo alle sensibilità del mondo contemporaneo, inevitabilmente cambiato dopo il lockdown.

Idea condivisa da molti altri artisti del nostro panorama teatrale, tra cui Massimiliano Speziani, che a sua volta si era rivolto alle persone a lui più vicine, proponendo quindici minuti al giorno di poesie o piccoli pezzi teatrali dal balcone della sua finestra, in un appuntamento quotidiano, destinato ai vicini di casa, in cui a contare non erano i numeri, ma la qualità della relazione. Da questa visione condivisa si avvia la prima parte della stagione, che vedrà accendersi i riflettori sul palco di via Hermada dal 23 ottobre al 1° novembre con Nessun miracolo a Milano, scritto da Renato Gabrielli. Lo spettacolo, presentato in prima nazionale, vede Speziani nel doppio ruolo di attore e regista per raccontare una favola malinconica e lucida, nata appunto durante il lockdown, che vuole portare in scena il problematico, doloroso passaggio di testimone da una generazione, che ancora credeva nel potere trasformativo della fantasia, dello spettacolo, dell’arte, a una generazione che riesce solo a averne nostalgia.

Il rapporto con Milano, con il territorio e, ancora più nello specifico, con il quartiere di Niguarda sono da sempre un elemento importante per la storia del Teatro della Cooperativa, che influenza inevitabilmente le scelte e la programmazione delle stagioni. Con «Teatro nei cortili», la rassegna estiva appena conclusa, il teatro ha ripreso un filo lasciato sospeso, che gli ha permesso di stringere ancora di più il rapporto con il territorio che lo ospita. Per cui non potevano mancare i Duperdu, Marta Marangoni e Fabio Wolf, che proporranno il loro nuovo spettacolo, Melodramma Ecologico, dal 6 al 15 novembre in prima nazionale. Lo spettacolo si avvale della drammaturgia di Federica Di Rosa e della partecipazione straordinaria in video di Raul Cremona. Un gioco teatrale e musicale intorno ai temi dell’ecologia e del rapporto uomo/natura, tra liriche ispirate e contraddizioni del quotidiano, tra idealizzazione della Natura e tentativi di sopravvivenza.

Allo stesso modo, dal 17 al 22 novembre, Bartleby, coproduzione Teatro Invito e Teatro della Cooperativa, con la regia di Renato Sarti, porta in scena un romanzo solo apparentemente datato per parlare del presente. Partendo da un testo poco noto di Herman Melville, Bartleby lo scrivano, racconta di un giovane che si rifiuta di svolgere le mansioni lavorative che il suo principale gli affida, finendo a poco a poco col rifiutarsi di fare alcunché, accompagnando ogni diniego con il suo celebre «preferirei di no». Il desiderio di Bartleby di affrancarsi dalla schiavitù del lavoro, lo rende un personaggio attuale e, allo stesso tempo, un antesignano di un quanto mai radicale distanziamento sociale, portato fino alle più estreme conseguenze.

L’ombra della pandemia, il latrare ininterrotto delle sirene che ci è rimasto dentro e le riflessioni conseguenti, che sono scaturite da questi mesi, sono difficili da scrollarsi di dosso, in particolar modo a Niguarda, non solo per la vicinanza all’Ospedale Maggiore, ma anche perché è stato uno dei quartieri più colpiti di Milano dal Covid 19. Chiude la prima parte della stagione La disperanza, il nuovo spettacolo di Giulio Cavalli, che lo vede in scena, dal 24 al 29 novembre, accompagnato dalla fisarmonica di Guido Baldoni. La disperanza non è disperazione, disperazione è una manifestazione incontrollata di tristezza e di rabbia, un crollo verticale, che presume una soluzione implosiva o esplosiva, un sentimento insostenibile sul lungo periodo, che porta alla rinascita o alla frantumazione. La disperanza, invece, ha un significato più tenue, ma cronico, qualcosa che insopportabilmente diventa sopportabile per lunghi periodi, uno status che può rimanere appiccicato anche per vite intere. Giulio Cavalli, a partire dalla propria esperienza personale, affronta a cuore aperto un fenomeno unico del nostro tempo, diffuso più di quanto si creda e che la situazione di isolamento derivata dal lockdown e dalle limitazioni che ne sono conseguite non ha fatto che accentuare. Ma l’autore non si arrende e propone al suo pubblico una cassetta degli attrezzi per continuare a sperare.

Sarti: «Un approccio diverso»

«L’anno che stiamo vivendo ci ha insegnato ad aspettare. Nell’era dello spreco, in cui tutto deve essere veloce, immediato e prima è sempre meglio, abbiamo dovuto imparare a confrontarci con l’attesa – spiega Renato Sarti, direttore artistico del Teatro della Cooperativa -. In un mondo super connesso, in una società in cui prendersi una pausa è considerato un lusso quasi vergognoso, in cui essere produttivi a ogni costo è l’obiettivo più importante, il lockdown ha portato una battuta di arresto improvvisa, scioccante e del tutto inaspettata. Milioni di persone si sono ritrovate chiuse in casa, aspettando di giorno in giorno notizie, indicazioni, novità, che sembravano non arrivare mai, proprio come Godot, che Vladimiro ed Estragone attendono inutilmente nel capolavoro di Samuel Beckett. Nelle nostre case abbiamo dovuto imparare a convivere con noi stessi e a sfruttare un tempo che quasi non ricordavamo più di avere: una sfida che si è aggiunta alle tantissime che ciascuno di noi ha dovuto affrontare, in uno spettro di esperienze troppo vasto per essere circoscritto in poche righe…».

«Poi, quando sembrava che non dovesse finire mai, siamo tornati a uscire, a relazionarci con il mondo esterno, anche se ancora con tanti (e indispensabili) filtri – continua .. E per far sì che questo tempo e questa sofferenza non siano passati invano, vogliamo portare, in questa nuova normalità, un diverso approccio a quanto ci circonda e a come affrontarlo. Siamo diversi da quelli che eravamo prima del Covid 19, ma una cosa non è cambiata: come Teatro non vediamo l’ora di tornare dal vivo! Lo facciamo cominciando questa insolita stagione con quattro spettacoli di grande valore, che parlano di questi strani tempi, della vita di tutti noi e della nostra Milano, una città che stava vivendo una primavera culturale, economica e sociale e che dopo questa tremenda mazzata potrà riprendersi solo facendo appello alla sua proverbiale laboriosità, alla sua tenacia e al suo grande coraggio. Mentre aspettiamo di scoprire che cosa ci riserva il futuro, non resteremo con le mani in mano: forse una mossa azzardata, ma d’altra parte, Si nasce tutti pazzi. Alcuni lo restano».