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Incontro

L’Arcivescovo in visita al Coni Lombardia: insieme per lo sport

Monsignor Delpini ha visitato la sede del comitato olimpico regionale. Coni e Diocesi di Milano nei prossimi mesi sottoscriveranno un protocollo per lo sviluppo delle pratiche sportive. L'impegno comune per uno sport capace di educare, in vista delle Olimpiadi invernali 2026.

di Lorenzo GARBARINO

25 Novembre 2023
Foto Coni Lombardia

Lo sport ha il compito di diventare un ponte per costruire la pace. Sono le parole con cui il presidente del Coni regionale Marco Riva ha accolto venerdì sera al Palazzo delle Federazioni l’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini.

Si è trattata della prima visita di un Arcivescovo di Milano nella sezione lombarda del comitato olimpico. L’invito ha fatto seguito all’incontro tenutosi in Curia a gennaio. Da tutto l’anno è infatti in corso con i dirigenti del Coni una collaborazione che porterà nei prossimi mesi alla stipula di un protocollo d’intesa con la Diocesi di Milano, come annunciato durante la conferenza. «Ho accolto volentieri l’invito – ha affermato Delpini – a una visita di cortesia alla sede Coni: mi consente di ricambiare la gentilezza con cui i dirigenti sono presenti agli incontri promossi dalla Diocesi o dal Csi per motivi di festa o iniziative educative. Il mondo dello sport è un universo così popolato, complesso, interessante. La comunità cristiana ha sempre avuto simpatia per la pratica sportiva, e ha investito molto nel rendere possibile soprattutto quella intrinseca alla responsabilità educativa. In passato spesso l’unico luogo sportivo si trovava in oratorio, ed era un modo per formare le persone. Questa visita è un segno della mia gratitudine e del riconoscimento del vostro impegno».

Foto Coni Lombardia

Guarire le ferite della società

È proprio sulla funzione degli oratori che Delpini ha affrontato alcune considerazioni. «La possibilità di fare sport in un luogo educativo come gli oratori è uno dei modi per guarire le ferite della società. Qui è competizione, in contrapposizione con quelle forme di agonismo esasperato e tifoseria aggressiva. L’oratorio è un metodo per guarire queste malattie della società, ed è l’occasione di inclusione tra persone di diversi Paesi. Perché sul campo non ci si distingue, come nella Chiesa non ci sono stranieri, ma figli di Dio. E giocare insieme è la prima profezia di una città inclusiva di cui abbiamo tanto bisogno. Lo sport in oratorio è gestito da volontari, e questo guarisce dalla malattia del denaro eccessivo, e dalla sproporzione scandalosa dei soldi impegnati per una certa attività e le condizioni normali delle persone».

Ai ringraziamenti dell’Arcivescovo il presidente Riva ha contraccambiato sottolineando i punti di comunione di queste due entità. «Lo sport è un ponte per costruire la pace e costruire un percorso insieme. In alcuni discorsi del nostro Vescovo osservo come i giovani debbano essere educati per diventare costruttori di futuro. Per farlo però serve gioia, e per noi che lavoriamo nello sport è una missione. Gianluca Vialli diceva che la vita è fatta per il 10% dalle cose che ci succedono e per il 90% da come le affrontiamo. Per gli atleti l’aiuto di qualcuno e fare squadra è imprescindibile. Esattamente come nella vita, per potersi prendere anche cura del prossimo».

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Riconoscenza, alleanza e promozione dello sport

In questa visita di cortesia le parole dell’Arcivescovo si sono soffermate su tre parole chiave (leggi qui l’intervento dell’Arcivescovo). L’alleanza di questi due enti, la promozione dello sport e prima fra tutte la riconoscenza, anche in relazione al lavoro svolto fino ad oggi per la prossima manifestazione olimpica. «Esprimo la gratitudine come cittadino italiano e come rappresentante della Chiesa cattolica di Milano per l’opera di promozione dello sport e per la preparazione delle Olimpiadi invernali 2026. Il lavoro che richiede questo evento, le risorse che vi sono investite, l’impegno di preparazione delle federazioni e degli atleti e le implicazioni per le città ospitanti sono una impresa che merita la riconoscenza di cui io mi faccio voce. Come in tutte le grandi imprese e i grandi eventi l’impegno di vigilanza per la sicurezza dei lavoratori, il rispetto dell’ambiente, la sostenibilità sociale e la trasparenza nell’uso delle risorse richiedono una grande attenzione, pazienza e determinazione».

All’incontro non sono mancati scambi di battute. Come quando l’Arcivescovo, divertito, ha ricordato che al suo arrivo è stato accolto «con l’augurio che la mia presenza porti un po’ di medaglie».

Delpini ha quindi sottolineato come la comunione d’intenti delle due entità sia stata la base dell’alleanza che oggi salda questi due mondi. «L’interesse per la pratica sportiva che caratterizza la proposta educativa della Diocesi di Milano e le responsabilità per le Olimpiadi, che sono l’incarico specifico del Coni, sono evidentemente mondi diversi. Tuttavia la convergenza intorno allo sport può essere un campo di intesa e di alleanza, non tanto per una collaborazione specifica, quanto per la condivisione di quel patrimonio immenso di valori, esperienze e interrogativi che lo sport ha suscitato nei secoli, e che è possibile ereditare come ricchezza comune».

Tutto in funzione della promozione dello sport, come bene comune e della persona. «La comunità cristiana promuove la pratica sportiva come un bene per la persona, a partire da una visione umana che ha caratterizzato in modo significativo la storia della civiltà europea. In particolare è forse opportuno riflettere su alcuni aspetti che mi sembrano di attualità e che possano essere un terreno comune di riflessione e di impegno per la comunità cristiana e per il Coni, e per tutte le federazioni che promuovano la pratica sportiva sulla dimensione corporea come dimensione essenziale della persona umana».

Foto Coni Lombardia

Le sfide del futuro

Ai pregi e qualità a cui Diocesi e Coni lavorano, Delpini ha infatti evidenziato anche le sfide che contrastano oggi questi obiettivi. «La dimensione corporea della persona conosce in questo nostro tempo alcuni aspetti problematici. Talora è intesa come un vincolo mortificante, una prigione, un motivo di disagio, una fonte di imbarazzo. Ne deriva l’insofferenza che induce a “cambiare corpo”, a fare del male al sé stessi, a rovinarlo con disturbi alimentari, a vivere complessati per il proprio corpo come immagine di cui vergognarsi. Questo è un pericolo. Nell’umanesimo biblico e cristiano la dimensione corporea è una dimensione essenziale della persona e della sua vita spirituale. La pratica sportiva è un modo di vivere la dimensione corporea come risorsa per il compimento della persona. La cura per le prestazioni che la persona può realizzare nell’esercizio fisico contribuisce alla salute del corpo, alla relazione con gli altri, al benessere complessivo. L’impegno per l’eccellenza delle prestazioni può essere un contributo alla salute, alla relazione e al benessere complessivo, ma l’esasperazione può invece danneggiare la salute, compromettere le relazioni con gli altri e contribuire al malessere. Ad esempio tramite artifizi o sostanze che corrompono la pratica sportiva, e che giustamente sono sottoposte a un rigido controllo. Dobbiamo riflettere sulla cura della propria salute e prestazioni. L’esito del risultato sportivo deve essere buono con la persona, non con il puntiglio di tutti i mezzi leciti e non».

 

Foto Coni Lombardia

La “genialità” del modello delle paraolimpiadi

Il secondo campo di riflessione riguarda le attività para-olimpiche, e la constatazione che il corpo umano non corrisponda ai canoni ideali di bellezza, salute e vigore. «Il corpo porta i segni di una storia singolare, che comporta anche la disabilità, la fragilità e la mutilazione per le diverse disgrazie della vita. La pratica sportiva coinvolge anche le persone con disabilità ed è una forma di inclusione e di valorizzazione che è decisiva per la gioia di vivere di una persona. Questo è un modello geniale. L’organizzazione delle para-olimpiadi deve essere riconosciuta come una forma nobile di attenzione inclusiva. La Chiesa si dichiara alleata di questa avventura che offre anche testimonianze esaltanti di valore sportivo e umano. Il 3 dicembre si celebra la giornata mondiale delle persone con disabilità, e una mia riflessione è che per le persone con disabilità non sia giusto che vivano in un mondo parallelo. L’attenzione deve restare speciale, ma riflettevo anche che, forse, la debolezza può aiutare la società a scoprire una nuova forza, e modificarne alcuni tratti. Per esempio, quando in una famiglia è presente una persona con una disabilità, non si isola questa in una casella o in un mondo a parte, ma ci si riorganizza per vivere assieme ad essa, con una nuova velocità».

Previsto in futuro un secondo incontro

L’Arcivescovo ha parlato di un possibile ritorno al Coni nei prossimi mesi, anche in attesa della firma ufficiale del protocollo. «Mi permetto di proporre che questa “visita di cortesia” possa favorire qualche forma di amicizia duratura, una sorta pratica di conversazione e collaborazione tra il Coni e la Diocesi di Milano. Forse, infatti, sarebbe promettente un confronto e una condivisione di pensieri, parole, opere. La ripresa dei temi che ho appena accennato in questo saluto, l’esplorazione di possibilità di collaborazione per qualche iniziativa educativa nel territorio della diocesi, l’interesse condiviso per forme di promozione dello sport nell’ambito della solidarietà internazionale offrirebbero occasioni gradite e promettenti per altri prossimi incontri».

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