«Siamo stati a Betlemme, là dove è nato il Principe della pace, il cui regno non ha fine, anche se adesso è un po’ disertata dai pellegrini e sarebbe, invece, molto importante che riprendessero i pellegrinaggi. Ma oggi questo invito, Venite adoremus, non ci costringe ad andare a Betlemme, perché celebriamo anche qui il mistero che ci salva – che proprio in Betlemme ha avuto origine – e che in ogni momento e situazione della storia viene accolto, adorato e dona la pace, così come cantano gli angeli».
Inizia con un breve richiamo al recente viaggio di fine ottobre compiuto dai Vescovi lombardi in Terra santa, il Pontificale che l’Arcivescovo presiede in Cattedrale nella mattina di Natale, concelebrato dai canonici del Capitolo metropolitano e arricchito dai canti tradizionali eseguiti dalla Cappella musicale del Duomo e dai 12 Kyrie, peculiari della Liturgia ambrosiana, in apertura delle solennità. Ai piedi dell’altare maggiore – su cui, dall’alto, veglia la grande stella luminosa – c’è la statuetta del Bambinello adagiata dalle mani dello stesso monsignor Delpini, poche ore prima, nella celebrazione della Notte santa.

Dalla pagina del Vangelo di Luca, con l’annuncio dell’angelo ai pastori, prende avvio l’omelia dell’Arcivescovo, che immagina il penoso peregrinare dell’angelo sulla terra, prima di essere ascoltato da qualcuno.
L’angelo cacciato
«Perché l’angelo del Signore si presentò proprio a quei pastori che vegliavano nella notte facendo la guardia al proprio gregge? Io credo che l’angelo abbia visitato diverse case e luoghi di vita per portare il lieto annuncio. Si presentò, infatti, in primo luogo nei lussuosi palazzi dei ricchi. Ma i ricchi lo cacciarono via. “Non venire a disturbare i nostri figli viziati. Noi la gioia ce la compriamo quando vogliamo. Non disturbare i nostri affari con le tue prediche patetiche. Noi siamo gente concreta, noi sappiamo che cosa conta nella vita reale”, dissero i ricchi».

E così accade anche «nelle case del pensiero e dello studio, della scienza e della tecnologia», dove i sapienti cacciano, anche loro, un angelo ormai «mortificato», sottolineando: «Non c’è bisogno della tua gioia. Noi la fabbrichiamo in laboratorio: un po’ di chimica e qualche esperimento e abbiamo risultati sono strabilianti. Vattene via».
Poi, l’annuncio portato ai giovani che «passano il tempo, parlando fino a tarda notte o facendo rumore fino all’alba, o abitando la disperazione», per i quali «la gioia non esiste» e che così si rivolgono al povero angelo. «Ci divertiamo, ci ubriachiamo. Passiamo la notte tra incubi ed euforia. Ma la gioia non la troviamo da nessuna parte. Vattene via, non venderci illusioni, di delusioni ne abbiamo già avute abbastanza. Ci hanno deluso i genitori, i docenti, gli amici, le promesse dei politici e dei sapienti».
L’angelo accolto
Infine, i pastori, tra i quali c’era un po’ di tutto – «ricchi e poveri, sapienti e scienziati, giovani e vecchi, santi e peccatori» -, ma tutti segnati «da una indecifrabile attesa e dal vegliare». «In quella notte, in ogni notte coloro che ascoltano l’angelo furono così avvolti di luce e il cantico delle schiere celesti li incantò nella notte».
Da qui quello che lo stesso Arcivescovo definisce «un consiglio»: «Non mandate via gli angeli, piuttosto credete all’annuncio della gioia e mettetevi in cammino per cercare Gesù. Credete alla promessa della gioia: la troverete là dove abita il Signore, nella parola che viene proclamata, nel silenzio in cui c’è lo spazio perché l’annuncio possa essere ascoltato, nel mistero che celebriamo. Ascoltate la voce dell’angelo e credete alla promessa della gioia: là troverete là dove il Signore vi manda per praticare il suo comandamento, per amare, servire, perdonare, per annunciare il Principe della pace».

E, prima della benedizione papale con l’indulgenza plenaria – impartita dall’Arcivescovo per facoltà ottenuta da papa Leone XIV nella forma consueta della Chiesa -, l’augurio: «Che ciascuno di voi sia benedetto da Dio e sia una benedizione per coloro che incontrate. Siate voi gli angeli che portano una notizia di vita e un annuncio di gioia perché questo mondo non muoia di tristezza e di disperazione, ma sia il luogo in cui le donne e gli uomini imparano a diventare figli di Dio».

Il pranzo all’Opera
Al termine del Pontificale in Duomo, monsignor Delpini ha visitato e partecipato al pranzo solidale con gli ospiti dell’Opera Cardinal Ferrari, come tradizione natalizia, da molti anni, degli Arcivescovi ambrosiani.





