Ambrogio maestro anche nel magistero del XX secolo. In estrema sintesi, potrebbe essere questa la cifra del Dies Academicus della Classe di Studi Ambrosiani, celebrato nella sua serata inaugurale alla presenza dell’Arcivescovo, patrono dell’istituzione, Gran Cancelliere dell’Accademia Ambrosiana e anch’egli accademico fondatore, 20 anni fa, della Classe di studi. Serata dedicata all’introduzione dei temi della Giornata di altissimo livello, dedicata appunto a «La presenza di Sant’Ambrogio nel magistero del XX secolo». Accanto all’Arcivescovo, il prefetto dell’Ambrosiana monsignor Marco Navoni (direttore anche della Classe di Studi Ambrosiani) e monsignor Enrico Dal Covolo, assessore del Pontificio Comitato di Scienze storiche, a cui è stata affidata la Prolusione.
In prima fila, il presidente della Congregazione dei Conservatori dell’Istituzione Lorenzo Ornaghi, il Collegio dei Dottori al completo, studiosi, accademici e relatori del Dies.
Il Dies 2025
«Quest’anno il Dies Academicus viene a coincidere con una ricorrenza di particolare significato: i 1700 anni dal Concilio di Nicea del 325, il primo Concilio ecumenico», sottolinea subito monsignor Navoni. Per questo la Giornata si inserisce idealmente in continuità con un’idea di Ambrogio – «non tanto quella consegnata alla tradizione un po’ semplicistica di fustigatore degli eretici» -, come Pastore capace «di difendere la corretta fede cattolica con gli scritti più che con lo staffile». Da qui l’utilità di indagare e approfondire il magistero di moderni Pontefici, da Pio XI a san Giovanni Paolo II, e di arcivescovi come Martini e l’ambrosiano Inos Biffi, in rapporto con Ambrogio.

Segue la cooptazione tra gli accademici – salutata da un applauso convinto – del 40enne don Pierluigi Banna, sacerdote ambrosiano, professore di Patrologia in Seminario e presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, presentato dal viceprefetto dell’Ambrosiana monsignor Francesco Braschi. Che ricorda la presenza al momento inaugurale di ben tre predecessori del neo-cooptato sulla cattedra di patristica a Venegono: monsignor Cesare Pasini (già Prefetto della Biblioteca Vaticana), monsignor Delpini, e lo stesso Braschi, che di Banna è stato docente.
L’attualità di Ambrogio nell’Operosam Diem
Poi, l’articolata e approfondita comunicazione di monsignor Dal Covolo, che ha delineato una rilettura della Lettera apostolica Operosam Diem pubblicata da san Giovanni Paolo II in vista delle celebrazioni dell’Anno santambrosiano voluto dal cardinale Martini a 1600 anni dalla morte del Santo patrono, maestro ancora attualissimo. L’unica Lettera, peraltro, dedicata interamente ad Ambrogio da parte di un Papa.
Ripercorrendo le singole sezioni di Operosam Diem, il relatore ha così disegnato una sorta di ponte ideale tra il passato remoto del Tardo-antico, il passato prossimo del secolo scorso e la contemporaneità. «Ambrogio – ha concluso, infatti, monsignor Dal Covolo – resta l’ultimo grande Padre della Chiesa divisa su cui si sofferma la quinta sezione della Lettera apostolica. L’odierna ricorrenza del 17º centenario niceno deve essere l’occasione per scoprire e rilanciare la figura di Ambrogio quale ponte tra Oriente e Occidente, tra quelli che papa Wojtyla, definiva i due polmoni del cristianesimo, in un momento in cui, come non mai, questo ponte sembra impercorribile a causa delle drammatiche contingenze storiche che stiamo vivendo. Tuttavia, proprio la figura di Ambrogio ci invita a non disperare, come egli seppe fare, mantenendo fermi la fede e la speranza del gregge a lui affidato in circostanze altrettanto, se non più difficili, delle nostre».

Ambrogio nella comunione dei santi
Infine, le conclusioni affidate all’Arcivescovo – definito «vicario di Ambrogio» come gli altri Pastori ambrosiani – che richiama il senso di un riferirsi al Santo patrono che non può limitarsi solo a un riferimento ai suoi scritti esemplari, utilizzati come citazioni o a un’immagine iconica. «Vorrei solo rispondere alla domanda su come si possa parlare dell’attualità di un vescovo del IV secolo – osserva -. Questa, che talvolta viene presentata come un’evidenza, se non vuole essere retorica, è una questione molto complessa».
«Io credo che ci siano diversi modi per cercare tale attualità, la via delle citazioni da parte dei successori: una via funzionale. C’è poi il modello che istituisce una sorta di parallelismo per cui Ambrogio diventa un modello di comportamento. Anche questa forma è interessante, ma un po’ ingenua, perché i tempi sono sempre molto diversi e il riferimento a chi si presenta come un’icona, rischia di essere artificioso. Un terzo modo è legato all’immagine delle radici per cui la Chiesa di oggi ha il suo radicamento in un passato di cui noi siamo frutto», basti pensare all’attuale «liturgia ambrosiana nella quale sono presenti alcuni impianti della liturgia da lui praticata come vescovo».
Dunque, se «la citazione, l’esemplarità, la continuità sono modi con cui si fa rifermento ad Ambrogio», suggerisce, occorre andare oltre e più in profondità, perché «tutte queste modalità sono unificabili sotto il concetto della comunione dei santi».
«Ambrogio è vivo: questo vale per tutti i santi. Quindi la possibilità di dialogare con lui – perché i suoi testi non siano solo parole sulla carta -, deve farci vedere il Santo patrono come persona viva che amava il Signore. Per questo possiamo dialogare con lui, prenderne ispirazione per essere aiutati a vivere la cura a sevizio della comunità cristiana. Un fratello che cammina con noi, un maestro che continua a insegnare e a incoraggiare».




