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Riflessione

Nell’Anno Santo riscoprire la grazia del perdono

La riconciliazione attraverso la confessione è uno degli atti maggiormente caratterizzanti il Giubileo. Ragione di più per valorizzarne il significato e la dimensione, che abbraccia tutta la comunità ecclesiale

di Massimo PAVANELLO Delegato diocesano Giubileo

18 Marzo 2025
L'Arcivescovo inaugura l’Anno Santo indossando la stola di Paolo VI

«Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori». Questo movimento, nel Giubileo, trova importante prassi.

Tre sono gli elementi che ne derivano: solo chi crede in Dio scopre i propri peccati; solo perché perdonati si riesce a perdonare; il peccato (e la salvezza) ha conseguenze comunitarie e ultraterrene. «Credo la vita eterna», infatti, è la parola cardine della speranza cristiana.

La riconciliazione, quindi, non è solo un atto che riguarda il penitente, implica la Chiesa tutta. Essa è il luogo in cui avviene il perdono ed è la comunità che accoglie e accompagna la grazia della riconciliazione.

Un’occasione provvidenziale

Nella proposta pastorale in corso – Basta. L’amore che salva e il male insopportabile – monsignor Mario Delpini dedica un’ampia sezione a questo tema.

Egli individua nell’anno giubilare un’occasione provvidenziale per riscoprire la grazia del perdono. Lo fa rilanciando le parole di papa Francesco circa l’importanza di affrontare la realtà del peccato e del pentimento non come un gesto individuale o di sfogo, ma come un cammino di speranza. Il peccato non è solo una condizione da «superare», ma una realtà che chiama al cambiamento attraverso il perdono di Dio e la bellezza della vita divina in noi.

In precedenza – con un pubblico di nicchia – l’Arcivescovo aveva già approfondito l’argomento. Il riferimento è alla breve introduzione al libretto Ci sarà gioia in cielo. Lettera ai presbiteri della Diocesi sul ministero della Penitenza sacramentale. Pubblicata dal Centro Ambrosiano, è stata diffusa in occasione della Messa Crismale del 2024.

Il metropolita lombardo ha lì evidenziato alcune questioni, legate al sacramento, che toccano sia i fedeli sia la modalità celebrativa.

La dimensione comunitaria

Il primo dato recensito è empirico: molti battezzati non si confessano più, neppure dove i sacerdoti sono presenti con regolarità. Interessanti le ipotesi che il presule avanza circa le ragioni di tale comportamento. Alcuni potrebbero sentirsi senza peccati da confessare, mentre altri potrebbero non credere nella possibilità di ricevere il perdono di Dio. Talvolta c’è chi si avvicina alla Confessione non per un vero pentimento e desiderio di riconciliarsi con Dio e la Chiesa, ma per cercare semplicemente qualcuno che li ascolti, come un momento di sfogo, senza un’intenzione profonda di conversione.

Il secondo rilievo del Pastore ambrosiano riguarda la perdita della dimensione comunitaria. La modalità celebrativa del sacramento si è ridotta a un’esperienza individuale, poco connessa con la dimensione comunitaria della Chiesa. La Confessione come sacramento di perdono, è l’esortazione, dovrebbe invece essere una via di riconciliazione con Dio, ma anche con la comunità ecclesiale. Questo aspetto sembra trascurato. Anche i sacerdoti, al termine della confessione, spesso indicano una «penitenza» che poco è percepita come socializzazione della grazia, scintilla per la ripartenza. Il criterio giubilare della remissione dei debiti dovrebbe essere invece il paradigma.

La stola di Paolo VI: un messaggio

Descrivendolo realisticamente come il «sacramento perduto», Delpini vede il suo ricupero nella considerazione della Confessione come risposta alla Parola di Dio che suscita la fede. Il penitente dovrebbe essere portato a riconoscere il bene ricevuto, a chiedere perdono, a rammaricarsi per il male commesso. E a cercare la riconciliazione con Dio, ma anche con la Chiesa.

Non è un caso che l’Arcivescovo abbia inaugurato l’Anno giubilare, indossando la stola usata da Paolo VI mentre firmava la Populorum Progressio, il cui messaggio ricorda come la Chiesa sia «fondata per porre fin da quaggiù le basi del regno dei cieli».

Due Messe ambrosiane per l'Anno santo

È stato recentemente pubblicato un volume che contiene i canti del proprio (Ingresso, Dopo il Vangelo, Allo Spezzare del Pane, Alla Comunione) delle due Messe previste dal messale ambrosiano per l'Anno Santo. I canti - con la parti per organo, assemblea e coro - sono stati appositamente composti dai docenti del Pontificio Istituto Ambrosiano di Musica Sacra di Milano in occasione del Giubileo 2025.