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La storia

Una cena fraterna e senza giudizi

Una famiglia ha aperto la casa e ospitato a tavola tre detenuti in partenza per il Giubileo col Papa in Vaticano: «Dopo esperienze come queste si vedono le cose da un altro punto di vista. Dentro o fuori dal carcere, siamo tutti uguali, siamo tutti fratelli»

di Luisa BOVE

13 Novembre 2016

I cappellani ci provano sempre a lanciare appelli ai volontari del Girasole, con le richieste più diverse. L’ultima risale alla settimana scorsa. «Qualcuno può preparare la cena per i tre detenuti che sabato mattina all’alba verranno con me a Roma per il Giubileo?», chiede don Marco Recalcati, cappellano di San Vittore.

«All’inizio ho indugiato un po’, anche perché non sono una brava cuoca», ammette Maria, ma poi ha partecipato volentieri anche il marito Federigo. E a ruota si è aggiunta anche Antonella, una volontaria più giovane. A cena c’erano pure suor Emiliana e suor Norma, che prestano servizio in carcere. Il menù prevedeva penne al pomodoro, salmone al forno («con una ricetta che mi sono inventata io ed è piaciuta molto»), purè e due torte.

«La serata con Renato, Franco e Rolando è andata benissimo – dice Maria -, si è creato subito un clima familiare, hanno mangiato volentieri e hanno raccontato le loro storie». Anche Federigo ammette che «si è creato un clima di amicizia e fraternità. Ero in mezzo tra Renato e Franco: abbiamo parlato ed è stato molto bello e significativo. Dopo esperienze come queste si vedono le cose da un altro punto di vista. Dentro o fuori dal carcere, siamo tutti uguali, siamo tutti fratelli».

Dopo aver ascoltato una trasmissione alla radio Maria si è rivolta al Girasole per fare volontariato e ora tutte le settimane presta servizio nella sala d’attesa colloqui di San Vittore. «Mi sono coinvolta molto con il carcere, anche a spese di mio marito. Ma quando conosci direttamente i detenuti, dici: sono persone!». Poi aggiunge: «Noi abbiamo ricevuto molto da Dio e dobbiamo rendere conto a lui di tutto: abbiamo avuto cure, istruzione, educazione… per questo abbiamo una grandissima responsabilità».

La cena è finita presto perché la partenza per Roma in pulmino era fissata per le 4.30, ma chissà se quella notte Renato, Franco e Rolando sono riusciti a dormire pensando all’incontro col Papa.