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Giornata per la vita

Trentasei anni dopo… “generare futuro”

È più di un tema, di un titolo per un documento. È l’invito a essere promotori e custodi responsabili dell’unica vera e sorprendente energia in grado di rimettere la società in movimento: la vita

di Emanuela VINAI

27 Gennaio 2014

In Italia nascono sempre meno bambini. Secondo i dati provvisori Istat, riferiti ai primi sette mesi del 2013, il saldo negativo è il peggiore da 33 anni: rispetto al 2012 sono nati 62 neonati in meno al giorno. Più di 22 mila bambini che mancano all’appello. I bambini non nati corrispondono all’incirca alla popolazione di un medio comune della provincia italiana. Quindi quest’anno ci siamo giocati, a scelta: Lumezzane, Colleferro oppure Ariano Irpino. Una cittadina intera sparita, cancellata, dissipata.

Interpretati così, i numeri cambiano decisamente la prospettiva e forniscono nuova linfa apprestandoci a celebrare domenica prossima la 36esima Giornata per la vita. Anche per rispondere a chi si chiede se ancora c’è bisogno di festeggiare questa ricorrenza o se in fondo non si perda nella lunga processione ormai pressoché quotidiana di “giornate per qualcosa”, che vogliono ricordare un po’ tutto e poi spesso passano senza colpo ferire.

Basti pensare che la prima volta fu nel 1979. Si era all’indomani della legge sull’aborto e la Chiesa italiana voleva ribadire che non si sarebbe mai rassegnata o arresa nella difesa della vita e decise di organizzare, ogni anno, un momento dedicato espressamente alla necessità e alla bellezza del suo pulsare. A trentasei anni di distanza molte cose sono mutate, ma le emergenze che riguardano la tutela della vita, di tutta la vita nel suo svolgersi, sono ancora qui. Eppure lo sguardo è ancora rivolto in avanti, alla speranza, e non a caso il messaggio della Conferenza episcopale italiana pone a tema “Generare futuro”.

È un bel verbo, generare. Significa dare la vita, procreare, dare origine, ma anche cagionare, provocare, suscitare. Tutti sinonimi, seppure con venature diverse. E poi un generatore è quello che dà energia: quale energia è più forte di quella vitale? Colui che è generato, è dello stesso “genere” di chi lo genera, quindi generare è trasmettere qualcosa di sé, di generazione in generazione. Ma che succede se questa trasmissione si interrompe, se non ci sono più bambini cui i nonni possano raccontare com’era, per far loro immaginare come sarà? Certo c’è la crisi che frena, che inibisce, che spaventa. Oggi la fascia di età compresa tra il 25 e i 35 anni, quella più fertile, in cui storicamente si “fa famiglia” e si accolgono i figli, è anche quella che più risente della precarietà economica. La recessione blocca la speranza e posticipa le decisioni. A questo si aggiunge la miopia della politica che invece di promuovere e adottare politiche di sostegno alla genitorialità, ristagna affidandosi a un welfare familiare che non regge più la supplenza alle carenze dello Stato sociale. A ciò si aggiunge una dichiarata sfiducia dei giovani nel futuro e nel mondo in generale, visto come irrimediabilmente corrotto e insicuro.

Però non posso fare a meno di pensare che la mia generazione è quella nata negli anni Settanta. Per capirsi basta un rapido e non esaustivo bignami di storia: conflitto mediorientale, crisi energetica mondiale, guerra civile in Irlanda, violenza di piazza, lotta armata, terrorismo e anni di piombo. Serve altro? I nostri genitori, spesso monoreddito, devono essere stati davvero degli incoscienti a pensare a metterci al mondo in un contesto simile! Eppure hanno avuto fiducia nel futuro. Quella cosa nebulosa, indistinta, ipotetica, sognata che ci sta di fronte. Come lo si affronta nei tempi bui?

«Il futuro non è più quello di una volta», ammoniva Paul Valery. E meno male! Il futuro è nuovo ogni giorno e serve a costruire il presente, a dare una meta su cui costruire i nostri progetti. Un domani molto prossimo dove “accogliere con stupore la vita, il mistero che la abita, la sua forza sorgiva, come realtà che sorregge tutte le altre”. Per questo “generare futuro” è più di un tema, di un titolo per un documento. È l’invito a essere promotori e custodi responsabili dell’unica vera e sorprendente energia in grado di rimettere la società in movimento: la vita.