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Gocce di cultura

Toponomastica della Lombardia

Toponomastica della Lombardia, a cura di Andrea Rognoni, Mursia editore (collana Itinerari e città) 2010,con la partecipazione di: G. Caminada - C. Comoletti - V. Ferrari - A. Foglio R. - Nobile - L. Ravasio - A. Rognoni - M. Rolandi - G. Scotti - R. Smacchia - M.A. Soresina.Realizzazione scientifica senza fini di lucro a cura dell'associazione "Centro Regionale di documentazione e coordinamento degli studi sulle lingue e parlate locali, dialetti, letterature e storie della Lombardia" con il patrocinio e contributo della ricerca della Regione Lombardia.

Felice Asnaghi

22 Gennaio 2013

Tra le pregevoli pubblicazioni del Centro delle Culture Lombarde di Busto Arsizio, questo sulla toponomastica regionale è certamente il migliore. Si tratta di uno studio accurato, coordinato dal professor Andrea Rognoni, al quale hanno partecipato un gruppo di storici con il compito di analizzare il territorio (provincia) di loro competenza.
Ne fuoriesce una panoramica sostanziosa delle indagini riguardanti le origini della maggioranza dei nomi geografici della Lombardia, alla quale si unisce un’introduzione alla toponomastica nella sua completezza comparativa; frutto di molti lavori a livello comunale e provinciale a distanza di molto tempo dal dizionario completo tuttora esistente, quello di Dante Olivieri (Dizionario di toponomastica lombarda, Ceschina, Milano, 1961), pietra miliare di questa disciplina letteraria.
Storici esperti (come già accennavo), tra i più noti e accreditati di ogni area regionale, autori di opere e contributi specialistici, hanno descritto il volto toponomastico di ogni provincia lombarda a partire dall’etimologia del nome del capoluogo, visto nella complessità delle possibilità genetiche, dei borghi componenti e delle ascendenze storico-culturali. È poi la volta dei toponimi delle altre città e cittadine analizzati secondo la specificità di ogni paese. Vengono prese in considerazione anche le realtà dell’universo idrogeologico passando in rassegna i nomi dei fiumi che spesso, a loro volta, hanno avuto un ruolo di primo piano nell’origine dei toponimi. Ne emerge un quadro affascinante delle matrici culturali, istituzionali e storiche che hanno fatto da sigillo mnemonico e affettivo agli svariati nomi con cui le nostre genti hanno battezzato, definito e richiamato nel passato e nel presente i caratteri e l’identità dei luoghi lombardi.

A Luciano Ravasio spetta il compito di presentare Bergamo e la sua provincia.
In primis Bergamo città quella di sopra (de hura) e quella di sotto (de hòta), poi i fiumi Brembo, Serio, seguono le valli e termina con le città e i paesi della provincia.  La sua ricostruzione etimologica parte da precedenti studi fatti da Antonio Tiraboschi nel 1873, Angelo Mazzi nel 1880, Umberto Zanetti nel 1985.  Ravasio non si ferma alla mera riproposizione di questi studi, ma avanza nuove ipotesi di ricerca, consiglia soluzioni linguistiche interessanti dando spessore e valore ad ogni singolo toponimo sia di borghi che di sperduti villaggi di montagna. Fa piacere conoscere che Fara d’Adda e Fara Olivana furono create dai Longobardi, oppure che Schilpario, noto centro turistico, deriva dalla voce barbara “schirpa”, cioè corredo da sposa ed in seguito assumerà il significato di “dotazioni di forni di ferro e di miniere”.

Antonio Foglio articola la sua analisi su “Brescia e la sua provincia” raggruppando paesi e città secondo l’origine del toponimo. Così abbiamo paragrafi che raccolgono toponimi di stampo preindoeuropeo dovuti a popoli antichissimi, come quello della Val Camonica, dalle cui incisioni rupestri si trarrà il simbolo della Regione Lombardia; oppure toponimi celti, romani, germanici ed alto medioevali. Trovano spazio nomi di luogo di carattere geomorfologico legati all’acqua, agli alberi e ai loro frutti, agli animali. Infine Foglio analizza i toponimi originati dai manufatti o dalle attività artigianali, agricole, pastorali e dai nomi di santi.

Giulia Caminada nel capitolo “Como e la provincia lariana” già nelle prime righe avverte che: “I nomi dei luoghi ci mettono in rapporto con la percezione che l’uomo ha avuto della realtà”. Il dato naturale è stato percepito in modi diversi: per esempio Rancio (Bellagio) richiama una roccia rancida, cioè giallastra dal quale affiora una vena di ferro; Orfano (Montorfano) è dovuto alla presenza del solo monte nel piano. La studiosa elenca la bibliografia di riferimento tra cui “Il Bollettino della Svizzera italiana” e poi fa emergere la stratificazione storica che costituisce tutta la toponomastica locale. Prendendo in esame la radice del nome o il suo suffisso riesce a ricostruire tutto il processo evolutivo del toponimo in modo semplice ed elegante. Così da un iniziale sostrato ligure si sono accumulati termini celti, romani, longobardi segno della fusione di più popoli su un unico territorio.

Gianfranco Scotti nel capitolo “Lecco e la sua provincia” affronta le tematiche semantiche con grande conoscenza sia del territorio, sia della bibliografia correlata. Egli analizza il toponimo del capoluogo lacustre e poi allarga lo sguardo ai paesi della Brianza lecchese, quelli rivieraschi del lago, della Valsassina e della valle San Martino e chiude con i vari idronimi (Adda, Fiumelatte, ecc…) ed oronimi (Grigna, Resegone, ecc…) presenti.

Roberto Smacchia nel capitolo “Lodi e la sua provincia” rilegge e riscrive in modo impareggiabile il percorso lessicale dei nomi delle città e dei paesi della giovane provincia a sud di Milano. L’impatto con un sostrato fortemente romano evidenzia la struttura dei nomi, sui quali col tempo, si aggiungono termini medioevali o anche del secolo scorso, variando in questo modo l’etimo iniziale.

Valerio Ferrari non poteva non partire da Virgilio per raccontare “Mantova e la sua provincia”. Mantova, città dell’Etruria padana, la cui grafia è Mantua così come gli altri idronimi Genua, Addua, Padua, risulta avere caratteristiche tipicamente romane Un excursus  su tutta la provincia  fa emergere la forte influenza gallo-romana.

Capitolo a parte per Milano. Cesare Comoletti ricostruisce l’etimologia di “Mediolanum” citando le fonti e i passaggi storici più significativi. Prende in esame i quartieri della città, le vie di comunicazione stradali, d’acqua, i grandi cambiamenti dovuti agli eventi storici e ne disegna una terminologia dei luoghi assai suggestiva.

Roberto Smacchia si assume il gravoso impegno di spiegare “La provincia di Milano”. Egli suddivide il territorio in zone e loro interno esamina i luoghi raccontando la storia ed affrontando l’iter letterario della ricerca semiologica.  In questo modo rende pubblico eventi e storie che coinvolgono il lettore. Per esempio i due piccoli centri storici di Cinisello e di Balsamo uniti nel 1928 per regio decreto hanno due storie separate. Il nome Cinisello deriva dal latino Cinexellum da cinisia, ossia cenere. Balsamo si riferisce al nome di persona Balsamo. Abbiategrasso in un antico documento del 1034 così è descritta: Habiate qui dicitur Grassus. Mentre Gorgonzola si rifà al termine ricostruito di Concordiola legato alla dea Concordia o a un gentilizio latino.

Ancora Roberto Smacchia affronta la ricerca storica di “Monza e Brianza”. La Brianza è delimitata dai fiumi Seveso e Adda, il cui toponimo è legato al celtico brig (colle, altura). Monza, per alcuni studiosi proviene dal nome latino Modicia, per altri  dal termine tedesco Ma-gonza in quanto da quella città teutonica arrivavano i legionari romani che fondarono la città. Lo studioso a questo punto affrontando un ipotetico percorso stradale incrocia città e paesi della provincia.

A Raffaele Nobile spetta il compito di presentare “Pavia e la sua provincia”. Lo storico immagina di compiere un viaggio virtuale nel territorio pavese. L’aspetto geografico ha molto influenzato la toponomastica, tanto da essere preminente nell’indagine sugli elementi distintivi sull’origine dei nomi.
Inoltre le antiche popolazioni liguri ed autoctone si incontrarono con le migrazioni indoeuropee, ma nulla poterono all’irrompere dall’impero romano.  In questo ultimo periodo Pavia acquistò d’importanza per poi assumere il ruolo di capitale del regno longobardo.
Possiamo aggregare la toponomastica pavese in alcuni grandi filoni che ne spiegano le origini e ne raccontano le vicende: a) nomi arcaici delle popolazioni liguri (Voghera, Godiasco, Gambolò, ecc…);
b) nomi e radicali di tipo celtico, germanico e longobardo (Broni, Mortara, Golferenzo, Vidigulfo, Landriano, ecc…; c) nomi di origine prettamente latina (Bagnaria, Montù Beccaria, Casei Gerola, ecc…).

Andrea Rognoni elabora il complesso capitolo di “Sondrio, Valchiavenna e Valtellina”. I tratti toponimici della Valtellina e Valchiavenna sono riconducibili alle caratteristiche della zona romancia (i Grigioni della Svizzera), ma anche dalla progressiva lombardizzazione del territorio. Rognoni in questo trattato fa correre sugli stessi binari la ricerca semantica e la storia dei popoli che si sono succeduti, tanto da affermare che durante l’Ottocento si è assistito ad una sorta di braccio di ferro tra due identitarismi. Il primo di marca italiana ispirato ad un Risorgimento che doveva portare ad una sorta di omogeneizzazione del territorio nazionale, il secondo lombardo – alpino o retico che tendeva a rivendicare una storia autonoma. In questa ottica si fanno interessanti le ricostruzioni dei paesi di Sondrio, Chiavenna, Morbegno, Tirano, Teglio, Grosio, Bormio, Ardenno, Delebio, Traona; le valli laterali come la Bregaglia, Bitto, Masino, Malenco, Livigno, Valdidentro, Viola,Valfurva, Fraele.

Massimo Rolandi descrive “Varese e la sua provincia”. Lo studioso prende in considerazione il capoluogo, le città e i paesi della provincia raggruppandoli secondo “suffissi di riferimento” quali asco, ano, ago, ate, onno, ono.  Approfondimento particolare merita il suffisso –ate.  Esso ha frequenti occorrenze in un rettangolo che ha il Ticino e la sezione meridionale del Lago Maggiore come lato occidentale, l’Adda come lato orientale, la latitudine di Milano come lato meridionale e le prime prealpi come lato settentrionale. Uscendo da questo territorio assistiamo ad un rapido diradarsi del suffisso che, è bene ricordarlo, ci è stato tramandato da popolazioni galliche stanziate ed in seguito romanizzate.

L’ultimo capitolo è un trattato di Marco Amedeo Soresina dal titolo: “Etimologie di antichi toponimi lombardi”. Segue una ricca bibliografia e l’indice analitico dei toponimi.