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Mostra

Paolo VI e la bellezza dell’arte

A Bresso, alla vigilia della beatificazione, un omaggio a papa Montini attraverso le opere dei grandi artisti che hanno accolto il suo appello a una nuova alleanza per portare la luce della divina bellezza nel mondo.

di Luca FRIGERIO

8 Ottobre 2014

«Questo mondo ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione». Un’intuizione profonda, quella di Paolo VI, che nasceva dal cuore di un padre saggio e affettuoso, che degli uomini conosceva le speranze e i timori, che dell’umanità condivideva le ansie e le angosce.

Per la bellezza, del resto, Montini aveva un’autentica vocazione. Il suo era lo stupore dei mistici, la meraviglia di chi si sente partecipe del Creato. Amava l’arte, in tutte le sue forme ed espressioni. Amava l’arte perché aveva compreso che essa è uno strumento privilegiato per ricollegarsi alla verità delle cose. E quindi a Dio. Arte come fonte di bellezza. Ma anche arte come tramite alla Bellezza.

Una mostra allestita a Bresso presso il Centro Culturale Manzoni ricorda oggi quell’intenso rapporto tra Paolo VI e gli artisti.

Un evento che si colloca alla vigilia della beatificazione di papa Montini, ma ideato anche per festeggiare la nascita della nuova Comunità pastorale “Madonna del Pilastrello”, con opere provenienti da importanti istituzioni (come la Galleria d’arte sacra dei contemporanei di Milano, la Collezione Paolo VI di Concesio, il Museo civico Floriano Bodini di Gemonio) e da diverse raccolte private.

Lavori che ripercorrono le tappe fondamentali del pontificato montiniano, come il bozzetto a colori di Aldo Carpi che testimonia lo storico incontro tra Paolo VI e Atenagora, che riaprì il dialogo fra cattolici e ortodossi. O come la scultura con il Papa benedicente, che Mario Rudelli plasmò in occasione del commovente pellegrinaggio di Montini in India.

Ma anche opere che ci restituiscono il volto stesso di Montini, uomo, pontefice, santo. Come il bassorilievo firmato da Enrico Manfrini – che ha vissuto e operato in quella Galleria consacrata all’arte sacra a Niguarda, fortemente voluta nei primi anni Sessanta proprio da Montini, allora arcivescovo di Milano -, dove profilo del Papa si distende in un sorriso di serenità. O come nel ritratto a figura intera di Floriano Bodini, tra gli artisti più in sintonia con la sensibilità di Paolo VI, con quelle grandi mani, protese ad accogliere e a benedire il mondo intero.

E attorno a queste, le opere di grandi artisti che hanno vissuto, ma soprattutto interpretato, la fruttuosa stagione montiniana, dalle croci di pittura materica di William Congdon (che egli stesso pose nella mani del Papa bresciano) a quelle fuse nel bronzo di Nicola Sebastio (di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita, tristemente ignorato), fino agli espressivi acquerelli di Alessandro Nastasio e ai vivaci acrilici di Lello Scorzelli sulle pagine bibliche.

Maestri anche di nuove generazioni di artisti, di inizio carriera o già affermati, chiamati dagli organizzatori della mostra bressese a confrontarsi nei loro lavori con i temi più significati del magistero di Paolo VI.

«Il nostro ministero ha bisogno della vostra collaborazione», sosteneva del resto il Pontefice presto beato. «Perché la vostra arte è propria quella di carpire dal cielo dello Spirito i suoi tesori e rivestirli di parole, di colori, di forme, di accessibilità».

E coraggiosamente Montini fece anche autocritica, riconoscendo che da decenni ormai la Chiesa aveva abdicato nel campo dell’arte al suo ruolo di guida e di ispiratrice, avendo preferito affidarsi a comode quanto vuote manifestazioni devozionistiche: un insulto alla bellezza, un’offesa alla verità. Così che spronava gli artisti a ritrovare l’essenza più vera del loro lavoro, perché «i talenti che Dio vi ha dato dovete metterli al servizio dell’umanità».

Occorreva dunque una via diversa, rispettosa del passato eppure degna del presente. Un’alleanza nuova e vitale tra Chiesa e artisti, tra arte e religione. Il Concilio Vaticano II, in questo senso segnò una svolta decisiva.

E Paolo VI, per tutto il suo pontificato, si impegnò personalmente a discutere e promuovere le tematiche e le problematiche riguardanti l’arte, offrendo la sua amicizia, sostenendo con il suo entusiasmo e il suo carisma quanti decidevano di affrontare l’immane sfida: rendere accessibile agli uomini il Mistero. Fermamente convinto che «esiste ancora in questo nostro arido mondo secolarizzato, e perfino guasto di profanazioni oscene e blasfeme, una capacità prodigiosa (ecco la meraviglia che andiamo cercando!) di esprimere, oltre l’uomo autentico, il religioso, il divino, il cristiano».

La mostra «Custodi della bellezza nel mondo. 
Omaggio a Paolo VI»,

a Bresso (Mi), Sala Conti (via Roma, 16)
è aperta fino al 26 ottobre 

(da martedì a domenica, dalle 10 alle 12.30 e dalle 16 alle 19). 
L’ingresso è gratuito.
Per informazioni e visite guidate: tel. 02.66501089.