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Terrorismo

Nizza, le analisi di Redaelli, Lombardi e Branca

Dopo l’ultimo attentato le opinioni del docente di geopolitica, del direttore del centro di ricerca sulla sicurezza Itstime e dell’islamista dell’ateneo

15 Luglio 2016

«Un attacco non inatteso nel modus operandi». Secondo il professor Marco Lombardi, docente di Crisis management e direttore del centro di ricerca sulla sicurezza Itstime, la descrizione dell’attentato di Nizza compiuto nel giorno della festa nazionale francese sulla Promenade des Anglais la leggiamo sul magazine del jihadismo, «addirittura nel numero 2 del 2010». Nella videointervista spiega che non sono colpi di coda, ma dovremo convivere con questa “guerra ibrida” per decenni.

Il professor Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica, mette in evidenza l’effetto di imitazione del fenomeno terroristico, ma soprattutto il fatto che in Francia vivono milioni di francesi che non si sentono integrati e nei quali si alimenta una rabbia contro il loro stesso Stato. Un fenomeno che chiede una controradicalizzazione all’interno e la richiesta alle autorità religiose islamiche, in Europa e nei Paesi arabi, di togliere ogni legittimazione a che usa la violenza in nome di Dio.

Branca: «Un mostro senza occhi»

Ed ecco invece l’analisi di Paolo Branca, islamista della Cattolica e responsabile dei rapporti col mondo islamico per la Diocesi di Milano: «Un mostro senza occhi. Gli sono serviti per individuare i gruppi più folti e vulnerabili, per prendere la mira mentre sparava seminando terrore e morte lungo la Promenade, proprio alla fine dello spettacolo pirotecnico, quando la folla stava tornando dalla spiaggia sulla strada e verso i locali all’aperto. Ha sicuramente scelto accuratamente il momento e il luogo: la festa nazionale, il clima più disteso dopo la fine del super blindato Campionato di calcio Europeo, un luogo simbolo dei divertimenti estivi…».

«Ma non ha saputo “vedere” i volti di bambini, donne e uomini che andava falciando come birilli fin troppo facili da abbattere – prosegue -. Non più esseri umani loro, ormai solo una macchina per distruggere lui. Non nell’istante tremendo di un’esplosione, ma nel tempo dilatato di chi avrebbe potuto ancora lasciarsi assalire da un dubbio, intuire l’orrore di quel che stava facendo, avere almeno un attimo di tentennamento. Nulla. Un corpo estraneo, isolato dagli altri corpi senza nome e senza storia: bersagli loro, arma letale lui. Si dice che qualcuno abbia esultato, senza capire di quale esito o guadagno. Agli altri, i più, che conservano una mente per quanto sconvolta e un cuore pur dilaniato il compito di comprendere quali percorsi abbiano potuto generare un simile mostro e che fare perché altri non ne ripetano l’osceno esempio».