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Lutto

Nadine Gordimer e il significato della vita

La scrittrice sudafricana , Premio Nobel per la letteratura nel 1991, è morta nella sua casa di Johannesburg il 13 luglio scorso. Aveva novant'anni. È stata una delle voci più forti contro l'apartheid.

15 Luglio 2014
Portrait of author Nadine Gordimer.  (Photo by James Keyser//Time Life Pictures/Getty Images)

«Il compito dello scrittore è proprio quello di trovare un significato nella vita, attraverso una continua ricerca: io non ho in simpatia le soluzioni già fatte una volta per tutte: lo scrittore è un po’ come un mistico, che indagando il mistero della vita porta in sé una parte di questo mistero». 

Nadine Gordimer, scomparsa il 14 luglio a Johannesburg, non era solo una grande scrittrice, ma una persona fuori dagli schemi imposti dai media: cortese, senza fronzoli e soprattutto senza alcuna enfasi. Andava dritta alle cose, impegnata nel “fare” il mondo, ma anche nel dirlo, nello spiegarlo. Non apparteneva alla categoria degli scrittori ripiegati su se stessi e sul dolore universale, anzi: in lei rimaneva una certa vena di ottimismo e soprattutto, lei atea, di rispetto per la religione: non nascondeva la sua stima per il vescovo Desmond Tutu, «persona di grandissimo valore etico e religioso». 
L’impressione che offriva era quella di una persona veramente libera, non interessata alla dimensione esteriore. Non cercava la gloria, ma l’aveva ottenuta – fino ad essere insignita del Nobel per la letteratura nel 1991 per la sua “magnifica scrittura epica” -, non cercava i media, non si offriva in pasto al “fuori”, perché il suo “dentro” era fatto anche del fuori, che nel suo caso erano la lotta contro l’apartheid a fianco di Nelson Mandela e la politica del dopo-apartheid.

«Tre secoli di segregazione non si cancellano in una generazione», disse una volta, mostrando tutto il sano realismo che emergeva dai suoi capolavori, soprattutto Luglio, del 1981, in cui emergevano le sue straordinarie capacità di cogliere, anche umoristicamente, le contraddizioni del mondo. Feroce nemica della massificazione («si può comprare tutto, l’importante è comprare, diventando così schiavi della merce»), aveva il dono di una scrittura piana e godibile, in grado di farsi leggere da tutti ma nello stesso tempo di conservare una eleganza che era tutt’uno con il suo essere. 

Una vera lezione di anticonformismo per tutti i “colti” unicamente dediti a bucare lo schermo, costi quel che costi, e non a capire, e aiutare gli altri a capire, il mondo.