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22 giugno

Morimondo, all’ombra dell’abbazia
una comunità familiare

Il cardinale Scola in visita alla parrocchia. Una piccola realtà in un territorio agricolo, ma ricco di storia e di spiritualità. Quest’anno si ricorda l’anniversario del miracolo a Fallavecchia e l’arrivo dei monaci (1134). Attività e iniziative presentate dal parroco don Mauro Loi

di Cristina CONTI

21 Giugno 2014

Domenica 22 giugno il cardinale Angelo Scola farà visita alla parrocchia di S. Maria Nascente a Moribondo (piazza S. Bernardo), nel Decanato di Abbiategrasso. La celebrazione eucaristica sarà alle ore 10.30. «Lo scorso ottobre l’Arcivescovo è venuto in Decanato per il restauro dell’oratorio San Gaetano di Abbiategrasso – spiega il parroco, don Mauro Loi – e ho pensato di invitarlo anche nella nostra parrocchia innanzitutto perché quest’anno cade il quinto centenario di una manifestazione prodigiosa: nel 1512 e poi nel 1514 nella chiesa di San Giorgio Martire a Fallavecchia un’immagine della Madonna ha lacrimato sangue. Il 4 ottobre prossimo, inoltre, ci sarà l’anniversario dell’arrivo dei monaci a Moribondo avvenuto il 4 ottobre 1134. La visita dell’Arcivescovo poi per una comunità parrocchiale è particolarmente importante perché rende visibile la comunione della Chiesa, celebrata ogni domenica attraverso l’Eucarestia».

Parrocchia e abbazia: come è organizzato il vostro territorio?
Siamo una piccola comunità di poco più di 900 abitanti, una realtà di dimensioni molto più ridotte rispetto alle altre parrocchie, ma abbiamo una storia molto lunga: basti pensare agli anniversari che celebriamo quest’anno. Il nostro è un territorio agricolo, ricco di storia e di spiritualità. Sul territorio si è inserita la comunità di monaci: vivono qui e sono in costante contatto con la popolazione, con particolari benefici dal punto di vista dell’evangelizzazione, della spiritualità e delle vocazioni. Nel 1993 è nata la Fondazione culturale “Abbazia di Moribondo” e grazie ai restauri l’abbazia è stata riconosciuta museo dalla Regione Lombardia e nel 2013 siamo stati inseriti nella strada delle abbazie. Così sono iniziate una serie di attività collaterali: visite guidate al complesso monastico, concerti, mostre, iniziative e incontri dedicati alla vita dei monaci, corsi, laboratori ed eventi che coinvolgono la comunità locale e attirano un gran numero di pellegrini, con importanti ricadute didattiche e pedagogiche. Tra le iniziative che abbiamo organizzato, per esempio, ce n’è stata una dedicata al tema “Famiglia monastica – comunità familiare”, con cui si è cercato di fare un parallelo tra la vita monastica e la famiglia, sottolineando gli aspetti di comunione e l’importanza di essere una cosa sola.

I ragazzi partecipano molto alla vita parrocchiale?
Sì, prevalentemente all’oratorio e alla catechesi. Siamo una realtà piccola. Alle attività dell’oratorio partecipano circa 55 ragazzi: quello estivo in particolare è un momento molto bello e intenso di contatto con bambini e adolescenti. Organizziamo diversi incontri con le mamme, con le nonne, momenti di preghiera a fine giornata. La nostra realtà è piccola e così non mancano le occasioni di contatto e anche il rapporto è molto più immediato che altrove.

La crisi economica si è sentita molto da voi?
È difficile dare dati precisi. Non abbiamo grandi strutture come la Caritas o gruppi missionari che danno aiuto a chi ha bisogno. La crisi si vede e si sente dalle scelte delle famiglie. Non ci sono situazioni molto drammatiche: facciamo interventi precisi a livello parrocchiale e negli ultimi due o tre anni è raddoppiato il numero di coloro che hanno avuto bisogno di interventi particolari. Il problema più grande è quello di aiutare le persone a reintegrarsi nel mondo del lavoro.

Ci sono molti immigrati?
Come percentuale siamo intorno al 5%, 40/50 persone su circa 1.200 abitanti. Le nazionalità più presenti sono quella rumena e quella egiziana: questi ultimi in particolare lavorano come mungitori nelle cascine. Ci sono poi alcune famiglie di sudamericani e di russi: sono comunque persone ben inserite nella comunità e che hanno un lavoro. Nel nostro territorio c’è anche una comunità di suore indiane.