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Emergenza

Magenta, accolti cento profughi
«Porte aperte dal territorio»

I giovani provenienti da Mali, Nigeria e Gambia ospitati nell’ex convitto de “La Vincenziana”, ristrutturato da Caritas e Cooperativa Intrecci. Anche il Comune ha collaborato e le associazioni locali sono pronte a dare il loro contributo

di Claudio URBANO

10 Luglio 2014

È l’ultima struttura messa a disposizione da Caritas per i profughi che arrivano a Milano ed è stata aperta in tempi strettissimi dalla Cooperativa Intrecci a Magenta, nell’ex convitto della fondazione “La Vincenziana”, che a Milano gestisce tre collegi universitari: sono bastati quattro giorni, verificando gli ultimi dettagli della casa e organizzando i turni degli operatori nel breve tempo intercorso da mercoledì a sabato della settimana scorsa.

Ancora una volta occorreva rispondere a un’emergenza. Questa volta è stato possibile accogliere cento profughi che, arrivati dall’Africa in Italia nell’ultima settimana, sono stati trasferiti via aereo a Malpensa, quindi ospitati per qualche giorno dalla Cooperativa Farsi prossimo nella comunità di Monluè, dalla fondazione Fratelli di San Francesco e in altre strutture, in una rete che comunque aveva esaurito i posti a disposizione. Si sono dunque serrati i tempi, anche se Caritas sottolinea che all’apertura dell’ex convitto di Magenta si stava lavorando già da tempo, e tutt’ora si stanno cercando altri centri da mettere a disposizione.

Poter disporre di una casa con veri posti-letto è in questo caso quanto mai necessario perché – a differenza dei siriani, di passaggio a Milano solo per qualche giorno nel loro viaggio verso il Nord Europa – i giovani arrivati a Magenta, provenienti soprattutto da Mali, Nigeria e Gambia, probabilmente si fermeranno in Italia, dopo aver fatto richiesta di asilo. Lo racconta Mario Salis, della Cooperativa Intrecci, che sabato scorso, fino a tarda sera, ha svolto i primi colloqui con gli ospiti: «Abbiamo rilevato le informazioni rispetto agli elenchi forniti dalla Prefettura e ci siamo fatti conoscere, presentando il regolamento del centro (che resterà a libero accesso, come qualsiasi altra struttura comunitaria, ndr). Quindi abbiamo fatto un primo controllo sanitario, con l’aiuto di alcuni medici volontari, e ci siamo accordati con l’Asl per proseguire le visite anche in questa settimana».

Il lavoro è quindi solo all’inizio. Solo dopo i primi giorni di colloqui si potranno capire le reali esigenze degli ospiti, raccogliendo anche le loro eventuali intenzioni di richiedere asilo. Un percorso che durerà almeno fino a dopo l’estate. «Per chi farà domanda di protezione ci saranno tutto il sostegno legale e l’orientamento necessari – assicura Salis -. Non sappiamo cosa succederà dopo: una possibilità potrebbe venire dalla disponibilità di nuovi posti nei centri della rete nazionale per i richiedenti asilo», che dovrebbero essere ulteriormente aumentati.

«Intanto inizieremo sicuramente corsi di italiano, poi cercheremo di organizzare le giornate degli ospiti, anche grazie alla disponibilità che hanno manifestato le associazioni e le reti di volontariato sul territorio – prosegue -. L’accoglienza diventa così di tutta la comunità, e non solo della nostra cooperativa», commenta con soddisfazione Salis, che vuole ringraziare anche la Giunta comunale per la volontà di mettersi subito a disposizione e di collaborare all’accoglienza, con un preavviso di pochissimi giorni. «Abbiamo scelto anche di valorizzare le risorse del territorio, chiedendo sia a Caritas, sia al Comune di indicarci persone da impiegare per esempio come custodi della struttura, magari tra quanti sono in difficoltà per la mancanza di lavoro». Tutti passaggi fondamentali perché, osserva Salis, «qualunque tipo di accoglienza diventerebbe complicato senza l’adesione e il sostegno del territorio».