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Verso il sacerdozio

Le emozioni dei futuri preti

Testimonianze di tre dei diaconi ambrosiani che saranno ordinati presbiteri dall’Arcivescovo sabato 7 giugno in Duomo

di Ylenia SPINELLI

1 Giugno 2014
Simone Maggioni

Abbiamo raccolto i sentimenti e le emozioni di tre dei diaconi ambrosiani che saranno ordinati presbiteri dall’Arcivescovo sabato 7 giugno in Duomo. Ecco come si stanno approssimando al sacerdozio

L’incontro con Gesù all’Università Statale

Pierluigi Banna, originario di Catania, è arrivato a Milano a 18 anni per frequentare la facoltà di Lettere classiche in Statale. «Allora ero felicemente morosato con una ragazza siciliana – racconta il candidato al presbiterato -, ma frequentando la comunità universitaria di Comunione e Liberazione mi è venuto il desiderio di riscoprire chi era Gesù, come conoscerlo, amarlo, seguirlo dentro la vita concreta di ogni giorno. Intanto il rapporto con la mia ragazza subiva qualche scossone, senza che io ne capissi il motivo: le volevo bene, mi piaceva, non c’erano motivi di crisi».

Una prima risposta ai tanti interrogativi a Pierluigi viene il 23 dicembre 2002, mentre faceva le valigie per tornare a casa in occasione delle festività natalizie: «Mi venne un’intuizione: che forse non era una crisi, ma che il Signore mi stesse preparando una gioia più grande. Immediatamente ho sentito una grande pace, ma subito dopo ho pensato che non era possibile. È stato solo il dialogo con un prete che mi ha fatto capire che il Signore può chiamare in questo modo e che dovevo provare a vivere seguendo quell’intuizione».

Così per Banna gli anni universitari sono stati il più bel «pre Seminario»: «Studiando, pregando, divertendomi, conoscendo nuove persone, ogni volta riscoprivo che era vero il desiderio che Dio mi aveva messo nel cuore». Per lui i successivi anni, a Seveso e a Venegono, sono stati una continua verifica di questa vocazione: «Mi hanno insegnato ad amare Gesù, a riconoscerlo accanto, dentro le fatiche e le gioie della vita – ricorda il diacono -. Il rapporto con i compagni, con i superiori, tutte le attività pastorali e lo studio mi hanno educato all’ascolto, ad essere vicino al cuore della gente, a saper essere paziente e misericordioso, anzitutto con me stesso, per poi esserlo anche con gli altri».

Dal 15 settembre Banna andrà a Roma all’Istituto Patristico Agostiniano a studiare Patrologia e Dogmatica, in vista di una possibile docenza nel Seminario di Milano.

Lo «zio» dei diaconi guida spirituale accanto a chi soffre

Patrizio Croci, classe 1961, è, insieme a Marco Frediani (nato nel 1960), il senior della classe, ma il fatto di essere entrato tardi in Seminario non gli ha mai creato problemi. «Dopo una prima fase di conoscenza nei primi anni, con i miei compagni ci siamo sempre aiutati a vicenda: io un po’ nella correzione fraterna e loro nello studio – racconta -. I rapporti sono sempre stati schietti e sinceri, per questo anche in Seminario tutti mi vogliono un gran bene e mi chiamano “zio”».

La vocazione di Patrizio è nata in modo inaspettato, dopo una forte sofferenza provocata da vari eventi, anche gravi, nella sua parrocchia di Parabiago. «Io, ormai lontano dalla Chiesa e dall’oratorio, dopo venticinque anni, mi sono sentito veramente coinvolto in questa totale sofferenza e chiamato a dare una mano in comunità – spiega -. Ho trovato nel frattempo un “don” che mi ha molto aiutato in questo cammino coinvolgente, inaspettato e allo stesso tempo travolgente».

Sebbene abbia iniziato a lavorare a 15 anni come operaio in una azienda di calzature, Patrizio ha sempre avuto una vena artistica, per questo parallelamente si è iscritto ad un corso serale di grafico pubblicitario. «Allora trovai subito un impiego in un’azienda grafica – racconta -, così pian piano mi sono specializzato nell’illustrazione naturalistica, che mi ha portato ad esercitare la libera professione. Sono stato fortunato, perché ho conosciuto persone che già fin dalla scuola mi hanno aiutato molto, presentandomi a direttori di diverse case editrici che hanno apprezzato i miei lavori, con colori, carta, pennino e china, e soprattutto la puntualità nelle consegne. Quando ho lasciato la professione, nel 2006, per entrare in Seminario, avevo moltissime richieste di lavoro».

In questi mesi Croci ha svolto il suo servizio presso la cappellania ospedaliera Sant’Erasmo in Legnano. «Questo desiderio di stare accanto agli ammalati per accompagnarli nel cammino spirituale – spiega il diacono – è nato dalla presenza in Seminario di don Tullio Proserpio, cappellano dell’Istituto dei Tumori di Milano, che mi ha davvero fatto capire quanto bisogno ci sia di qualcuno che tenga stretta una mano, di poche parole, di un bacio o una carezza, perché il dono di sé è veramente dono per gli altri».

Da assessore comunale all’Ordinazione

Dopo quasi mezzo secolo, Castello Brianza avrà un prete. Sabato 7 giugno sarà infatti ordinato sacerdote Simone Maggioni, 33 anni, che in paese è noto non solo per la sua scelta di vita ma per avere rivestito ruoli importanti nella vita civile, prima come presidente della Biblioteca, quindi come assessore alla cultura. «Sono entrato in Seminario all’età di 28 anni – si racconta -, dopo un cammino lungo di discernimento, anche se fin dalle scuole medie avevo cominciato a pensare a una mia possibile consacrazione. Da piccolo ero chierichetto e tale servizio mi piaceva molto. Stando vicino al parroco sull’altare ebbi l’occasione di conoscerlo sempre meglio». Il parroco di San Lorenzo in Castello di Brianza, per quarant’anni, dal 1954 al 1994, è stato don Giovanni Branca che, dopo la cessazione dell’incarico per raggiunti limiti di età, restò a Castello di Brianza ad aiutare il nuovo parroco, fino alla morte avvenuta il Giovedì santo, 9 aprile 1998, sull’altare. «Accadde davanti ai miei occhi e fu per me un segno grande – ricorda Simone -. Custodisco gelosamente nel cuore le ultime parole che mi disse poco prima dell’inizio di quella celebrazione durante la quale fu chiamato poi alla casa del Padre». Dopo il liceo classico, però, non ebbe il coraggio di lasciare tutto e di seguire il Signore Gesù nella via del sacerdozio. «Quando mi fu chiesto di impegnarmi nella civica amministrazione del mio piccolo Comune, da sempre abituato a prestare volontariamente la mia opera in parrocchia, non esitai e accettai la proposta – continua -. Mi appassionai sempre più in questa avventura che ho sempre concepito nell’ottica del servizio». Ma le sue molteplici esperienze della vita non avevano cancellato il desiderio di seguire il Signore nella via del sacerdozio, anzi lo avevano ulteriormente chiarito e rafforzato.

Una vocazione nutre l’altra e così l’amicizia cresce

All’inizio lo stupore, poi il dubbio, le domande e finalmente una gioia contagiosa. Sono tanti i sentimenti che si provano quando un amico diventa prete, ma la cosa bella è che una vocazione nutre l’altra e così l’amicizia cresce e si può continuare a camminare insieme, riscoprendo la presenza di Gesù nella propria vita. Ripensando alla festa in Seminario, organizzata dai candidati al sacerdozio lo scorso aprile, con gli amici e i giovani conosciuti negli anni di servizio pastorale, racconta Andrea: «Eravamo tutti affascinati e calamitati dai volti lieti di quei ragazzi che hanno incontrato Qualcuno di grande nella loro vita e lo hanno seguito». E aggiunge: «Festeggiare insieme quella sera è stata l’occasione per sperimentare nuovamente quell’Amore grande entrato pure nella mia vita». Anche Marta attende la data dell’ordinazione di un suo amico come un appuntamento che la riguarda direttamente. «L’ho conosciuto circa dieci anni fa, all’inizio dell’Università - racconta -. Nel corso degli anni di studio e di quelli successivi di Seminario, ho potuto assistere al maturare della sua vocazione: ogni volta che lo incontravo e mi raccontava della sua esperienza in Seminario e in parrocchia, vedevo in lui una certezza e una letizia sempre più grandi. Questo è stato per me un segno di quello che Gesù rende possibile nella vita di coloro che Lui chiama». Come Marta, anche Mattia ha conosciuto all’Università un amico che ha poi deciso di entrare in Seminario. «All’inizio non ho capito fino in fondo la sua scelta e ha suscitato in me molte domande - ricorda Mattia -. Ora ciò che vedo in lui e nei suoi compagni, come in tanti altri amici che nel tempo sono diventati sacerdoti, è un’esplosione di umanità, ulteriore testimonianza del fatto che Dio non toglie niente, ma dona ancora di più». Per il seminarista Andrea, poi, un compagno che prende il largo è un forte richiamo al proprio destino e un’occasione per lasciare emergere qualche domanda. «L’ordinazione di un amico - spiega - fa cogliere in modo tangibile una specie di “dilatazione perimetrale” del semplice andare d’accordo, del feeling, dell’affinità di gusti, di sensibilità e persino della condivisione di “orientamenti pastorali”. L’elezione di Dio documenta un “di più” di amicizia, un “di più” di compagnia, un “di più” di perdono».