Esistente già prima del 1200, la vecchia chiesa parrocchiale era dedicata alla Purificazione della Beata Vergine e aveva dimensioni molto ridotte. Subì una ristrutturazione, la prima di cui abbiamo notizia, all’inizio del 1500, quando la popolazione rinunciò al secolare diritto di scegliere ed eleggere il parroco, e deliberò di incorporare la parrocchia nel Sacro monastero della Certosa di Garegnano, i cui monaci erano proprietari di circa due terzi delle terre e delle abitazioni del paese. La misurazione fatta allora ci presenta un’aula ecclesiastica della stessa ampiezza dell’attuale ma di altezza molto minore. Ha due cappelle oltre all’abside che racchiude l’altare maggiore: la prima, a sinistra, era dedicata all’Annunciazione, e in seguito fu intitolata alla Madonna del Rosario. La seconda, a destra, era intitolata a San Giuseppe e, più tardi, a Sant’Antonio. L’edificio fu consacrato il 15 febbraio 1562 dal vescovo ausiliare di Milano, Gerolamo Ferragatta. Nel 1595 venne costruito il battistero.
I MONACI DELLA CERTOSA DI GAREGNANO
I monaci della Certosa di Milano, detta anche di Garegnano, giunsero a Mesero nel 1399, quando il duca di Milano, Gian Galeazzo Visconti, donò loro i beni di gran parte del territorio di Mesero. Dall’ospizio dei monaci, situato nel centro dell’abitato, dove risiedeva stabilmente un loro procuratore con i frati conversi, i certosini amministravano le loro proprietà con giustizia e carità, non vessando mai i massari e i coloni con tasse gravose. Trattarono sempre i loro affittuari non da servi della gleba ma da “huomini”, come troviamo scritto nei documenti. I privilegi di cui godevano i monaci, concessi loro dai duchi di Milano, fecero sì che anche i loro operai e contadini fossero esentati dai pesanti balzelli feudali. Fu perciò una decisione naturale da parte della popolazione quella di affidare loro nel 1517 anche la gestione della parrocchia. Da questo momento e per tutto il tempo della permanenza dei certosini a Mesero, cioè fino al 1783, quando l’imperatore austriaco, Giuseppe II, soppresse il loro ordine, la parrocchia dipese dalla Certosa di Milano.
I “curati” erano scelti ed eletti dai certosini; anche le spese per tutti gli interventi edilizi, le ristrutturazioni e i restauri della chiesa parrocchiale, furono sempre sostenute da loro. Nessun monaco però fu mai nominato parroco. I monaci, infatti, vivevano in clausura e preferivano scegliere tra i sacerdoti diocesani il responsabile della cura pastorale (una sola volta fu investito di tale responsabilità un frate carmelitano). Il recente restauro della facciata ha portato in evidenza un’interessante scoperta relativa ai certosini. Scrostando l’intonaco dell’architrave, che sovrasta il portone d’ingresso alla chiesa, è venuta alla luce la scritta in colore nero e in caratteri maiuscoli Carthusiae Mediolani, cioè della Certosa di Milano.
Questa epigrafe ricordava ai fedeli la presenza e la responsabilità dei monaci nella cura, non solo religiosa, del paese. Sulla stessa facciata i certosini vollero imprimere un altro segno della loro presenza: al centro dell’ordine superiore, immediatamente sotto il timpano, un bassorilievo in travertino raffigura, in alto, il simbolo di san Bernardino da Siena, l’ostia raggiante con le iniziali di Cristo, “IHS” (Iesus Hominum Salvator, cioè Gesù Salvatore degli uomini) poi, sotto un artistico festone, un cherubino che mostra e racchiude tra le sue grandi ali spiegate il simbolo della Certosa di Garegnano, l’Agnus Dei (Agnello di Dio).
DA CHIESA PARROCCHIALE A SANTUARIO
Nel 1638 la chiesa fu quasi completamente rifatta nelle attuali forme barocche, a spese dei monaci certosini da cui dipendeva la parrocchia stessa. Nel 1727, donato da Giuseppe Clerici, venne collocato l’organo, sopra la porta principale, e nel 1735 si eresse l’ossario sul fianco destro della facciata principale. Gli affreschi delle pareti risalgono al 1892, opera dei pittori Calcaterra di Cuggiono e Ferrario di Ossona. Gli altri affreschi sulla volta e ai lati dell’altare maggiore furono eseguiti nel 1917 dal pittore Zambellini di Lodi. Durante l’attuale restauro sono venuti alla luce altri affreschi più antichi, databili tra il 1500 e il 1600, di autori sconosciuti.
Costruita la nuova parrocchiale al termine del 1972, la vecchia chiesa rimase aperta ancora per qualche anno per le celebrazioni feriali. Nel 1976 fu chiusa al culto e la parrocchia cambiò denominazione: dalla “Purificazione della Beata Vergine Maria” si passò all’attuale “Presentazione del Signore”.
Nel 2002 sono iniziati i lavori di recupero e di restauro dell’edificio ecclesiale per trasformarlo, secondo quanto stabilito dai cardinali Carlo Maria Martini e Dionigi Tettamanzi, arcivescovi di Milano, nel Santuario della Famiglia, dedicato a Santa Gianna Beretta Molla, mentre l’adiacente vecchia canonica diventerà il Centro di Spiritualità Familiare e di Servizio alla vita.